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Ecce Homo

Commento dell'opera.

“Ecce homo” è la grande biografia di Federico Nietzsche, il testo con cui egli si presenta una volta per tutte al suo popolo di lettori: nell’inoltrarsi dell’autunno del 1888, egli decide di dar vita in una sola settimana al libro conclusivo della sua opera, con cui fornisce una spiegazione anche degli altri testi. Ne parla agli amici, a Gast, a Overbeck come di un preludio alla grande opera della trasvalutazione di tutti i valori e annuncia con tono apocalittico che fra un paio di anni il mondo sarà  in convulsioni. La previsione della crisi era esatta, sebbene il tempo ne fosse anticipato, poichò si può veramente dire che la crisi iniziata nel 1914 è la stessa che Nietzsche si attendeva. E in “Ecce homo” Nietzsche riprende tutte le sue teorie classiche, dall’eterno ritorno all’attacco al cristianesimo; ma quest’opera è un qualcosa di più che una semplice autobiografia, è più un’interpretazione della propria vita e della propria opera; la ragione dello scritto la enuncia Nietzsche stesso nelle sue lettere indirizzate agli amici: riteneva necessario di presentarsi e di precisare il suo essere prima di compiere l’atto della trasmutazione di tutti i valori. E così scrive appunto nella prefazione di “Ecce homo”: “Poichò prevedo che fra breve dovrò presentarmi all’umanità  col più grave problema che le sia mai stato posto, mi pare indispensabile dire chi sono. [… ] Io non sono affatto un orco, un mostro di immoralità : sono il contrario di quella specie d’uomo che finora è stata onorata come virtuosa. [… ] Sono un discepolo del filosofo Dioniso, preferirei essere un satiro piuttosto che un santo. [… ] L’ultima cosa che io mi sognerei di promettere sarebbe di migliorare l’umanità . Io non innalzo nuovi idoli; gli antichi forse potrebbero imparare da me che cosa significhi avere i piedi d’argilla. Rovesciare gli idoli- così io chiamo gli ideali- ecco il mio compito. [… ] Chi sa respirare l’aria che circola nei miei scritti, sa che è l’aria delle grandi altezze, che è un’aria fine. [… ] La filosofia nel senso in cui finora l’ho interpretata e vissuta io, è libera vita tra i ghiacci, in alta montagna, è la ricerca di tutto ciò che vi è di strano e di enigmatico nell’esistenza, di tutto ciò che finora era inibito dalla morale”. E così si avvia la riflessione nietzscheana sulla propria esistenza, che talvolta si estende ad indagare sull’esistenza del genere umano in generale; e il resoconto della propria vita, viene da Nietzsche intrecciato abilmente alle opere, che sono quel che dureranno anche dopo la sua morte. Particolare amore e predilizione Nietzsche dimostra per lo Zarathustra, il suo libro sa sempre più venerato, in cui affiorano tutte le sue teorie: la critica della morale, del cristianesimo, l’eterno ritorno, il superuomo… un libro che, purtroppo, non sempre è stato compreso, e d’altronde il suo sottotitolo (“un libro per tutti e per nessuno”) lo lasciava intendere. Nietzsche con “Ecce homo” dimostra di nutrire grande amore nella vita e nella sua stessa personalità : e così per tutta l’opera egli proverà  a spiegare al lettore “perchò sono tanto saggio”, “perchò sono tanto accorto” e “perchò scrivo così buoni libri”; la prima parte dell’opera è dedicata alla vita di Nietzsche, la vita movimentata, i numerosi soggiorni in Italia e, soprattutto a Torino, città  di cui era come non mai entusiasta (“la migliore cucina è la piemontese!”, egli sostiene); dopo di che egli passa ad un’introspezione, cimentandosi nell’analizzare il suo carattere: “io sono per natura battagliero”, dice, e riassume in quattro proposizioni la sua tattica di guerra: 1) attaccare solo le cose vittoriose o aspettare finchò non diventino tali; 2) attaccare solo le cose in cui si è certi di non trovare compagni che supportino: occorre agire da soli; 3) non attaccare mai le persone, bensì servirsi di esse per rendere visibile qualche male comune, ma difficile a essere colto; 4) attaccare solo cose da cui è esclusa qualunque antipatia personale. Detto questo, Nietzsche spiega perchò è tanto accorto: lo è perchò non ha mai “riflettuto su problemi che non sono problemi”, non si è mai sprecato. Egli è “accorto” perchò ha smascherato Dio come supposizione dell’uomo, come “no” alla vita: ma Nietzsche ci tiene a specificare che il suo non è un ateismo “volgare”, ma è un istinto: “In me l’ateismo non è nò una conseguenza, nò tanto meno un fatto nuovo: esso esiste in me per istinto. Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta così grossolana. Dio è una risposta grossolana, un’indelicatezza contro noi pensatori: anzi, addirittura, non è altro che un grossolano divieto contro di noi: non dovete pensare!”. Ma un altro grande problema che Nietzsche si pone in “Ecce homo” è quello del nutrimento e in questo frangente colma di elogi la cucina piemontese. Si tratta ora di rispondere alla domanda “perchò scrivo libri così buoni? “: il primo problema da affrontare, comunque, secondo Nietzsche, è se essi sono o non sono compresi: il pensatore tedesco deve constatare che essi non sono ancora compresi, ma un giorno lo saranno: “Sarei in aperta contraddizione con me stesso se mi aspettassi di trovare già  oggi orecchie e mani disposte ad accogliere le mie verità : che oggi non mi si ascolti, che non si voglia prender nulla da me, mi sembra non solo naturale, ma anche giusto”. Ed è proprio per questo che Nietzsche si ritiene un ottimo scrittore, perchò non lo si comprende ancora, perchò parla alle razze future, perchò i suoi scritti, per quei pochi che sanno comprenderne il significato profondo, sanno portare ad alta quota. Ma la domanda ultima e nello stesso tempo più significativa che Nietzsche si pone è “perchò sono una fatalità ? “; egli sostiene di conoscere il proprio destino: un giorno si riconnetterà  il suo nome a qualcosa di terribile, di una crisi come non ce ne furono altre, del più tremendo urto di coscienza, d’una sentenza pronunciata contro tutto ciò che era stato creduto: ” Io non sono un uomo, sono dinamite”. Ma ciò di cui Nietzsche ha paura è di diventare un “santo”, di essere venerato come un fondatore di religioni: “Non c’è nulla in me del fondatore di religioni: non voglio credenti, non parlo alle masse; ho paura che un giorno mi facciano santo”; dice esplicitamente di preferire essere un buffone piuttosto che un santo: i santi hanno sempre mentito e nel futuro ci sarà  un’enorme lotta tra la verità  e la menzogna: “Ci saranno guerre come non ci sono mai state sulla terra. Soltanto a cominciare da me c’è al mondo una grande politica”. Ed è lui, l’uomo Nietzsche, ad aver scoperto la verità , ad essersi differenziato per aver smascherato il cristianesimo: “Il concetto di Dio fu trovato come antitesi a quello di vita, in esso fu riunito in una terribile unità  tutto ciò che vi era di dannoso, di velenoso, di calunnioso, tutto l’odio mortale contro la vita. Il concetto dell’al di là , del vero mondo fu creato per disprezzare l’unico mondo che ci sia, per non conservare più alla nostra realtà  terrena alcuno scopo, alcuna ragione, alcun compito! I concetti di anima, di spirito, e, infine, anche quello di anima immortale, furono inventati per insegnare a disprezzare il corpo, a renderlo malato- cioò santo- per opporre a tutte le cose che meritano di essere trattate con serietà  nella vita”. GLORIA E ETERNITA’ 1 Da quanto tempo ormai siedi sulla tua sventura? Attento! tu mi covi ancora un uovo, un uovo di basilisco dal tuo lungo rantolo. Come – Zarathustra striscia lungo la montagna? – Diffidente, ulcerato, cupo, un lungo guatatore -, ma improvviso un lampo, chiaro, terribile, uno schianto dall’abisso verso il cielo: – alla montagna stessa si scuotono i visceri… Dove odio e fulmine divennero uno, una maledizione-, abita ora sulle montagne l’ira di Zarathustra, una nube di tempesta che striscia per la sua via. Si rimpiatti chi ha un’ultima coperta! A letto voi delicati! Ora rombano tuoni sulle volte, ora trema quanto ò muro e trave, ora guizzano lampi e verità  gialle di zolfo – Zarathustra maledice… 2 Questa moneta, con cui tutto il mondo paga, gloria -, con i guanti tocco questa moneta, con nausea la calpesto sotto di me. Chi vuol essere pagato? Chi si fa comprare… Chi ò in vendita acciuffa con grasse mani questo clingclang della gloria per tutti! – Li vuoi comprare? Si fanno tutti comprare. Ma offri molto! fa’ tintinnare una grossa scarsella! – se no li rafforzi, se no rafforzi la loro virtù… Sono tutti virtuosi. Gloria e virtù – fanno rima Finchè vive il mondo paga il blabla della virtù c ol cracra della gloria -, il mondo vive di questo chiasso… Davanti a tutti i virtuosi voglio essere debitore della colpa, chiamarmi colpevole di ogni grande colpa! Davanti a tutte le bocche sonore della gloria la mia ambizione mi vuole verme -, fra questa gente mi garba essere l’infimo… Questa moneta, con cui tutto il mondo paga, gloria -, con i guanti tocco questa moneta, con nausea la calpesto sotto di me. 3 Silenzio! – Di grandi cose – io vedo grande! – si deve tacere o dire grande: di’ grande, mia incantata saggezza! Io vedo in alto – là  si rivoltano mari di luce: o notte, o silenzio, o chiasso di quiete mortale!… Io vedo un segno -, dalla più lontana lontananza cala lenta su di me una costellazione scintillante… 4 Supremo astro dell’essere! Tavola di eterne figure! Tu vieni a me? – Ciò che nessuno ha scorto, la tua muta bellezza – come? non fugge davanti ai miei sguardi? Stemma della necessità ! Tavola di eterne figure! – ma tu già  lo sai: ciò che tutti odiano, ciò che solo io amo, che tu sei eterno! che tu sei necessario! Il mio amore si accende in eterno solo della necessità . Stemma della necessità ! Supremo astro dell’essere! – mai raggiunto da desiderio, mai macchiato da no, eterno sì dell’essere, sono il tuo sì in eterno: perchè io ti amo, o eternità !

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  • Filosofia - 1800

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