Le esigenze di trasformare il romanzo in uno strumento scientifico e di rappresentare la realtà in tutte le sue forme, furono riprese da Emile Zola (1842- 1902). Le concezioni che stanno alla base della narrativa zoliana si trovano esposte nella forma più organica nel volume “Il romanzo sperimentale” del 1880. Prendendo le mosse dal fisiologo Claude Bernard, Zola sostiene che il metodo sperimentale delle scienze, applicato in un primo tempo ai corpi inanimati (chimica, fisica), poi ai corpi viventi ( fisiologia), deve essere ora applicato anche alla sfera “spirituale”, agli atti intellettuali e passionali dell’ uomo. Di conseguenza la letteratura e la filosofia, che hanno come oggetto di indagine proprio tali atti, devono entrare a far parte delle scienze, adottando il metodo sperimentale.
La scienza, sostiene Zola, non ha ancora trovato con certezza tutte le leggi che regolano la vita passionale ed intellettuale dell’uomo; ma due sono i principi che si possono già affermare
- l’ereditarietà biologica;
- l’influsso esercitato dall’ ambiente sociale, che è anch’ esso un ambiente materiale, e che modifica continuament ei meccanismi della vita individuale.
La conclusione a cui approda il discorso di Zola è che come il fine della scienza sperimentale è far sì che l’uomo diventi padrone dei fenomeni per dominarli, così anche il fine del romanzo sperimentale è impadronirsi dei meccanismi psicologici per poi poterli dirigere. Quando si sarà in possesso delle leggi generali dell’agire umano, si dovrà solo operare in conformità sugli individui e sugli ambienti per migliorare le condizioni della società. Il romanziere ha quindi un fine importantissimo: aiutare le scienze politiche ed economiche nel regolare la società ed eliminare le sue storture, fornendo ai legislatori e ai politici gli strumenti per dirigere i fenomeni sociali.
Alla base del romanzo zoliano vi è perciò una concezione progressista della società e della funzione dello scrittore, a cui viene asseganto un preciso impegno sociale e politico. Inoltre secondo Zola il lavoro dello scienziato- scrittore si può svolgere solo in un regime repubblicano e democratico, che utilizzi gli strumenti della scienza moderna per realizzare il progresso e il benessere degli uomini.
L’atteggiamento ideologico di Zola è decisamente progressista, da un lato violentemente polemico verso la corruzione e l’avidità dei ceti dirigenti e verso l’ottuosità interessata della piccola borghesia, dall’altro pieno di interesse per i ceti subalterni, operai, artigiani e contadini, di cui sono denunciate con forza le condizioni disumane di vita. Tale atteggiamento evolve da un generico democraticismo iniziale a posizioni dichiaratamente marxiste. Lo scrupolo dello “scienziato” impedisce però che Zola, sotto la spinta della sua simpatia ideologica, dia una rappresentazione idealizzata e di maniera degli ambienti popolari: al contrario, anzi, lo induce a riprodurne con implacabile crudezza, anche gli aspetti più ripugnanti. Questo aspetto dei suoi romanzi fu quello che colpì maggiormente il pubblico contemporaneo, suscitando la reazione violenta dei moralisti, ma assicurandogli anche, tramite lo scandalo, la fama e la ricchezza.
Dietro la facciata dei propositi scientifici e del crudo realismo “sociale” è facile però scorgere in Zola il permanere di un temperamento fondamentalmente romantico, che si rivela talora in episodi lirici o idillici, oppure nella descrizione esasperate di oggetti materiali che, accumulati dallo scrittore come per una sorta di ebrezza sensuale, assumono proporzioni gigantesche e visionarie, oppure ancora nell’assunzione di determinati oggetti ad un valore simbolico, circondato da un’atmosfera assoluta, che pretende di riassumere in sé il senso di tutto il racconto. Alla dimensione simbolica si associa talora una componenete di vitalismo panico nella raffigurazione della natura, come ne “La colpa dell’abate Mouret” (1875), in cui gli amori di due giovani si svolgono in un immenso parco abbandonato, invaso da una vegetazione lussureggiante.
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