Scipio Aemilianus, filius Aemilii Pauli, in familiam Scipionum adoptione pervenit. Paulus tam strenuus in bello quam fortis in vita privata fuit. Is enim, dum agit triumphum de Perseo, Macedonum rege – nam cum eo apud Pidnam conflixerat et memorabilem victoriam reportaverat – immaturam mortem duorum filiorum forti ac magno animo tulit. Scipio iam adulescens acri ac prompto ingenio spem et exspectationem civium superavit. Postea in re militari adeo eminuit ut clarus dux fuerit urbesque Romanis infestas, Carthaginem in Africa et Numantiam in Hispania, ceperit deleveritque. Sed fama probitatis eius vitae armorum gloria multo splendidior fuit. Nam notum est Scipionem iustitiam atque integritatem semper coluisse et amantiorem patriae quam imperii divitiarumque fuisse. Propter eius mores simpliciores et severam vitae disciplinam carum semper omnibus civibus fuit et, cum obiit, tota civitas mortem eius sincere flevit. Iure igitur Cicero Scipionem Aemilianum «divinum virum» appellavit.
Versione tradotta
Scipione l'Emiliano, figlio di Emilio Paolo, giunse nella famiglia degli Scipione per adozione. Paolo fu tanto valoroso in guerra quanto forte nella vita privata. Egli infatti, mentre celebrava il trionfo su Perseo, re dei Macedoni - infatti aveva combattuto con lui presso Pidna e aveva riportato una vittoria memorabile - sopportò con forte e grande animo la prematura morte dei due figli. Scipione, già da giovane, superò la speranza e l'aspettativa dei cittadini con un ingegno acuto e pronto. Successivamente, spiccò tanto nell'arte militare da essere un famoso comandante e prendere e distruggere le città ostili ai Romani, Cartagine in Africa e Numanzia in Spagna. Ma la fama della probità della sua vita fu molto più splendida della gloria delle armi. Infatti è noto che Scipione coltivasse sempre la giustizia e l'integrità e fosse più amante della patria che del comando e della ricchezza. Per i suoi costumi piuttosto semplici e per la disciplina severa della vita fu sempre caro a tutti i cittadini e, quando morì, tutta la cittadinanza pianse sinceramente la sua morte. Giustamente, dunque, Cicerone chiamò Scipione Emiliano «uomo divino».
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