Sesto libro dell’Eneide: analisi e riassunto della discesa agli inferi di Enea
Eneide: riassunto Libro 6
Approdato a Cuma, Enea consulta la Sibilla nell’antro presso il tempio di Apollo e la prega di guidarlo negli Inferi. La Sibilla accetta, ma l’eroe deve prima procurarsi il ramo d’oro da offrire in dono a Proserpina e dare sepoltura a un compagno morto durante la sua assenza dalle navi. Dunque, Enea porta alla Sibilla il ramo d’oro, trovato nel bosco grazie all’aiuto di Venere, e celebra i funerali di Miseno. Giunta la notte, e compiuto il sacrificio propiziatorio alle divinità infernali, inizia il viaggio verso gli Inferi, e l’eroe varca, con la Sibilla, la soglia dell’Averno. Essi attraversano il vestibolo, pieno di mostri e simulacri di mali e malattie, e arrivano alla riva del fiume Acheronte, dove appare Caronte, il traghettatore infernale.
Tra la folla degli insepolti Enea incontra Palinuro, che lo prega di dargli sepoltura affinché possa entrare nel regno dei morti. Traghettato da Caronte, Enea giunge nell’Antinferno, dove la Sibilla neutralizza, con una focaccia soporifera, Cerbero, il cane mostruoso che fa da guardia. Enea intravede i Campi del Pianto e le anime delle eroine morte per amore, tra le quali Didone, che sdegnata si allontana in silenzio. Nei Campi degli eroi Enea incontra Deifobo, figlio di Priamo.
Proseguendo il cammino, Enea e la Sibilla giungono ad un bivio, lasciandosi alle spalle il Tartaro, dove sono puniti gli empi, e arrivano alla città di Dite. Enea affigge alla porta il ramo d’oro, e prosegue verso i Campi Elisi, dove risiedono i beati. Qui l’eroe incontra Anchise, il quale gli mostra le anime che si reincarneranno nei suoi discendenti. Segue un elenco dei futuri eroi romani, tra i quali spicca la figura di Marcello. Infine, Enea e la Sibilla varcano la porta d’avorio e ritornano alla luce.
Eneide: analisi Libro 6
Cuma e la Sibilla nel Libro 6 dell’Eneide
Sulla rupe di Cuma si eleva il tempio di Apollo, opera di Dedalo, il mitico costruttore del labirinto di Cnosso. Enea ed Acate ne ammirano i bassorilievi raffiguranti episodi della storia di Atene e di Creta. Poi, la Sibilla li richiama all’interno del tempio, e poi nell’antro dove ella vaticina, una caverna con tante aperture, da cui fuoriescono le sue parole amplificate.
La prima parte del libro narra gli antefatti della catabasi, la discesa di Enea nel regno dei morti, ispirata alla discesa negli Inferi di Odisseo, nel libro XI dell’Odissea. In questo caso la catabasi è un’esperienza centrale (posta infatti a metà del poema), e rappresenta la solenne investitura dell’eroe che apprende il significato della sua missione dal padre Anchise, e conosce il futuro della sua discendenza. In questa parte si distinguono le fasi di un vero e proprio percorso iniziatico:
- rispettare gli ordini di un sacerdote, la Sibilla
- dare prova della pietas celebrando i riti
- trovare il ramo d’oro da donare a Proserpina, per poter entrare negli Inferi.
Enea viene assistito dalla madre nel recupero del ramo, mentre la Sibilla lo aiuta nel viaggio verso gli Inferi. La catabasi è preceduta da due rituali: le esequie di Miseno, e il rito propiziatorio agli dèi inferi. Questi riti sottolineano la sacralità dell’impresa.
La differenza fra la catabasi di Odisseo e quella di Enea sta nel fatto che quella di Odisseo non è altro che l’ennesima avventura ai confini della realtà, mentre l’eroe virgiliano intraprende un viaggio religioso per assecondare i voleri del Fato.
Gli Inferi nel Libro 6 dell’Eneide
Celebrati i rituali, Enea e la Sibilla entrano nel regno dei morti.
Virgilio introduce il passo con un’invocazione agli dei inferi, affinché lo aiutino a raccontare ciò che succede nel regno dei morti. L’invocazione segna il distacco dalla materia precedentemente trattata e il cambiamento di tono. Il percorso è pieno di difficoltà, superate grazie al coraggio e alla tenacia dell’eroe, ma soprattutto grazie alla Sibilla. Ella infatti lo conduce fra i mostri del vestibolo, gli fa varcare l’Acheronte vincendo l’ostilità di Caronte, rende inoffensivo Cerbero, lo conduce fino ai Campi Elisi dove cede il ruolo di guida ad Anchise.
Predominano le descrizioni dell’Aldilà, ma l’attenzione si sposta sull’eroe nel momento in cui entrano in scena personaggi a lui collegati. Per esempio, gli incontri con Palinuro e Didone permettono al poeta di dare spazio ad Enea e alla sua umanità.
Il passo delinea la concezione virgiliana dell’Oltretomba: un luogo in cui le ombre si aggirano rimpiangendo la vita perduta, e in cui i giudici infernali, Minosse e Radamanto, assegnano la dimora definitiva nel Tartaro alle anime malvagie, nei Campi Elisi ai beati.
Dal Tartaro ai Campi Elisi nel Libro 6 dell’Eneide
In alcuni campi Enea scorge gli eroi guerrieri, molti greci, i quali alla vista delle sue armi troiane fuggono via. Orrendamente mutilato appare Deifobo, figlio di Priamo, trucidato a tradimento da Ulisse e Menelao, con la complicità di Elena, divenuta sua moglie dopo la morte di Paride. La Sibilla interrompe il colloquio tra Enea e Deifobo per il calare della notte. I due giungono ad un bivio: a sinistra la Sibilla mostra ad Enea il Tartaro, dove sono puniti gli empi, e poi lo conduce a destra, verso la città di Dite. Dopo essersi purificato, Enea affigge sulla porta delle case di Plutone il ramo d’oro, come dono a Proserpina. Poi prosegue con la Sibilla verso i Campi Elisi.
La meta del viaggio è raggiunta: secondo molti studiosi l’incontro con Anchise e la visione dei futuri eroi romani costituiscono il nucleo centrale del poema, concepito dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) per celebrare ed esaltare il principato di Augusto. Lo scopo del passo è encomiastico, ma esso risponde anche ad una logica interna del poema: il pio Enea, all’inizio smarrito di fronte alla missione assegnatagli, ora acquisisce sicurezza e consapevolezza assoluta della gloria futura della sua stirpe. Così può affrontare le nuove fatiche che lo attendono. Il compianto finale per il giovane Marcello, il giovane adottato da Augusto ma morto precocemente, rappresenta un omaggio alla casa di Augusto, ma nello stesso tempo sfuma in immagini di morte la visione trionfalistica del destino di Roma.
La catabasi dell’Eneide è povera di immagini poderose rispetto a quella omerica, ma è ricca diversi temi e concetti. L’Oltretomba virgiliano è il luogo in cui una giustizia superiore distribuisce pene e ricompense eterne sulla base di un criterio morale, anticipando la visione cristiana. Sono presenti inoltre motivi delle religioni misteriche e delle correnti mistiche e filosofiche, come il pitagorismo, l’orfismo, lo stoicismo.
Nella parte finale del libro, in ogni caso, domina l’esaltazione delle glorie romane, del periodo augusteo e della missione civilizzatrice e ordinatrice di Roma. L’orgoglio di appartenere a un popolo vincitore non impedisce a Virgilio di condannare la guerra e di celebrare i valori della pace della concordia.
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