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Enzo Paci

Pensiero e vita.

Enzo Paci ò nato a Monterado in provincia di Ancona nel 1911 ed ò morto a Milano nel 1976. Nel 1951 ebbe la cattedra di filosofia teoretica a Pavia, nel 1958 passò all’Università  statale di Milano. Aveva un ottimo rapporto con i suoi studenti: le lezioni non finivano in aula. Si continuava a parlare fuori, nei giardini dell’Università . Sentiva di avere sempre ” un discorso da verificare “, da sostenere, da proteggere. Paci ò stato uno dei più significativi rappresentanti dell’ esistenzialismo italiano. Ha fondato la rivista “Aut-aut “, che ha diretto dal 1951 alimentando e stimolando numerosi dibattiti e approfondimenti su molte aree disciplinari. Amava in ogni occasione difendere le proprie tesi con una forte passione polemica rivelando sempre, però, soprattutto a chi gli stava vicino, una profonda ansia e insicurezza. L’ ansia del dubbio era forse alla base del suo modo di conoscere, di comunicare, anche di scrivere; era attento al significato delle cose, diffidente delle definizioni e dei giudizi assertori. L’ assoluta mancanza di sistematicità  delle sue opere e una grande apertura e disponibilità  di fronte ai fatti del mondo segnano la storia dell’uomo e della sua filosofia. Paci ò stato allievo di Banfi nella cui scuola era rimasto aperto, senza nessuna enfasi retorica, il dibattito culturale di un’ Europa in crisi, attraversata dallo scontro tra il nazifascismo, le democrazie occidentali, il socialismo sovietico. Paci si forma a questa scuola e la sua tesi di laurea (poi pubblicata con il titolo ” Il significato del ‘Parmenide’ nella filosofia di Platone “, 1938) ò sulla dialettica di Platone interpretata secondo una prospettiva neokantiana (in sintonia con la filosofia di Banfi) che rimarrà  un filo sotterraneo del suo pensiero. In questo lavoro sono messi in luce significati affini nella relazione, anzichè nella separazione, tra divenire ed essere, tra il mondo dell’esistenza e quello dell’essenza. Importante ò stata anche la sua iniziativa di pubblicare presso la casa editrice Bompiani autori stranieri poco conosciuti in Italia. Nel 1951 pubblica a puntate su ” Aut-aut ” ” Fondamenti di una sintesi filosofica “, che ò un’esposizione sintetica del suo pensiero. I movimenti studenteschi e operai del 1968-69 rappresentano per Paci l’esplosione nel sociale dei bisogni, dei desideri, delle speranze di cambiamento dell’uomo. Aderisce con entusiasmo a questo periodo di tensioni innovatrici che, con matrici diverse, percorrono il mondo, sollecitato come sempre dalla ricerca del significato dell’ uomo nuovo e della scienza nuova. Tra le opere principali segnaliamo: ” Il significato del ‘Parmenide’ nella filosofia di Platone “(1938); ” Princìpi di una filosofia dell’essere ” (1938); ” Pensiero, esistenza, valore ” (1940); ” Nietzsche ” (1941); ” Thomas Mann e la musica ” (1947); ” Esistenza ed immagine ” (1947); ” Esistenzialismo e storicismo ” (1950); ” Studi di filosofia antica e moderna ” (1950); ” Il nulla e il problema dell’uomo ” (1950-67); ” L’Esistenzialismo ” (1952); ” Tempo e relazione ” (1954); ” Ancora sull’Esistenzialismo ” (1952); ” La filosofia contemporanea ” (1957); ” Tempo e verità  nella fenomenologia di Husserl ” (1961); ” Funzione delle scienze e significato dell’uomo ” (1964); ” Relazioni e significati, I: Filosofia e fenomenologia della cultura ” (1965); ” II, Kierkegard e Thomas Mann ” (1965); ” Critica e dialettica ” (1966); ” La formazione del pensiero di Husserl e il problema della costituzione della natura materiale e della natura animale ” (1967). Paci guarda alla filosofia come molteplice possibilità  di analisi e problematizzazione del rapporto fra vita e ragione. La sua vicenda filosofica muove dall’Esistenzialismo per passare successivamente a un Relazionismo ispirato da Whitehead e Dewey e infine alla Fenomenologia; egli asserisce che ” la filosofia ha il compito critico primario di far cadere ogni barriera fra i diversi campi della cultura e affermarsi come ricerca aperta e antidogmatica “. Seguiamo con attenzione il suo tortuoso itinerario filosofico. L’esistenzialismo esercitò il suo fascino anche sugli intellettuali italiani trovando facile terreno nell’opposizione, già  largamente serpeggiante, all’idealismo ma non assunse nessuna forma nichilistica, alla Heidegger, e nessun tono metafisico o intimistico, anzi, si aprì anche alle molteplici istanze delle nuove filosofie del Novecento e ai contributi che le scienze offrivano per una comprensione più piena dell’esistenza umana. Si tratta pertanto di un esistenzialismo positivo i cui elementi caratterizzanti sono stati enunciati da Abbagnano che fu uno dei protagonisti di quel fenomeno: chiarimento dell’orizzonte logico della filosofia esistenziale, riconoscimento della validità  delle scienze (negli stessi limiti che esse prescrivono a se stesse), riconoscimento della vanità  del tentativo di sottrarsi alla alienazione tecnologica mediante la fuga di fronte alla tecnica, accentuazione naturalistica dell’analisi esistenziale e rifiuto di rifugiarsi nell’interiorità  spirituale e di presupporre come valida l’antitesi spirito-corpo. L’Esistenzialismo iniziale di Paci ò stato influenzato dal razionalismo critico di Banfi e non dalle tendenze del nichilismo, che egli ha sin dall’inizio criticato aspramente. Si ò, cioò, sforzato sempre di collegare le tendenze oscure e non-razionali dell’esistenza alle istanze di ordinamento razionale del mondo. Insoddisfatto dell’Esistenzialismo, Paci ha sostituito la centralità  del concetto di esistenza con il rilievo dato a quello di relazionalità  dell’esperienza. In questo modo l’esperienza stessa viene a configurarsi soprattutto come processo e interazione. Per Paci l’esistenza ò finita, delimitata dalla nascita e dalla morte, ò un momento della temporalità , non solo inarrestabile, ma anche irreversibile. L’esistenza si presenta in tal modo come un momento del tempo, ” un’ occasione attuale, una goccia di esperienza “, in una parola un evento. L’evento, in tanto avviene come attualità  di un processo in quanto ò sempre in comunicazione, o meglio in relazione con gli altri eventi. Nessun evento ò autosufficiente, nessun evento ò sostanza. La non sostanzialità  dell’evento implica quindi un principio di relazione tra gli eventi, il principio cioò, dell’interrelazione universale. Si capisce facilmente perchè quello di Paci ò definito esistenzialismo relazionistico. L’esistenza ò dunque evento e non sostanza; e se non ò sostanza ò nulla. Questo spiega il trascendimento dell’uomo verso qualcuno e qualcosa, un trascendimento come possibilità  di essere. Inoltre, nulla nell’universo ò “essere”; pertanto la domanda filosofica sull’essere non può avere come risposta se non il silenzio, perchè non esiste realtà  assoluta. Ogni essere ò costituito dalle relazioni reciproche con gli altri esseri; tali relazioni formano il tessuto della realtà  e del mondo umano. E poichè questo tessuto ò dinamico, la caratteristica del reale ò la temporalità . La categoria della relazione ò strettamente connessa alla concezione dell’esperienza come temporalità  e storia e quindi alla categoria della possibilità . Là  dove ci sono soltanto sostanze non c’ò esperienza storica, proprio perchè c’ò l’isolamento, l’identità  della sostanza con se stessa. Nella sua forma più semplice la relazione afferma che non c’ò esperienza dove c’ò identità  e dove non ci sono diverse situazioni spazio- temporali, distinte proprio dalla forma dinamica della loro posizione relazionale nello spazio e nel tempo. Le relazioni non sono informi perchè sono irreversibili e temporali: le cose si risolvono dunque condizionate dal processo passato di cui permangono gli effetti e dalle possibilità  di sviluppo. La risoluzione delle cose in “centri di relazionalità ” dà  luogo alle forme che sono aperte e sempre in formazione se determinate dal processo che le ha costituite. In ultima analisi, la determinazione, la forma di un campo di relazione, ò sempre mutevole e può variare a seconda delle vie scelte nel campo della possibilità  e quindi, per l’uomo, ò in funzione del suo comportamento, dei suoi progetti, dei suoi risultati e delle applicazioni delle sue ricerche. Paci intende l’Esistenzialismo in senso positivo come la necessità  di superare il dolore, il male e le situazioni storiche negative in una concezione umanistica nella quale filosofia e scienza devono rapportarsi fra gli uomini sia sul piano personale che su quello sociale. Per Paci il problema fondamentale riguarda proprio la relazione tra gli uomini e tutte le relazioni possibili, da quelle logiche a quelle cosmologiche. Nasce così il relazionismo che considera tutte le relazioni cosmologiche, sociologiche, umane e che apre il grande problema degli uomini come centri di relazioni. Base dell’Esistenzialismo di Paci, intensamente dinamico e fortemente permeato di eticità , ò quindi la relazione, per cui la sua sintesi filosofica potrebbe qualificarsi come relazionismo o se si vuole come relazionismo etico. La relazione ò innanzitutto condizione esistenziale nel senso che tutti gli eventi si manifestano in virtù di un rapporto di reciproca interazione. Evento ò tutto ciò che avviene o si trova nel mondo, evento ò anche l’io che si conosce come esistenza finita ed empirica in rapporto ad altre esistenze. La relazione passa così dal campo esistenziale al campo conoscitivo e ” diviene condizione dell’essere e del conoscere “. La relazione, irreversibile e in quanto tale necessaria per la conoscenza, ò la legge della conoscenza e del pensiero. Così come ogni problema risolto non segna mai una conquista definitiva, ma pone sempre nuovi problemi, il realizzarsi dell’esistente uomo nella forma avviene per un processo continuo reso possibile dalla relazione, comunicazione e interazione degli esistenti che zampilla e scorre dal passato irripetibile, ma non cancellato nel presente, verso il futuro, nell’inesorabile fluire del tempo. Non realizzarsi in questa forma, non seguire il processo, arrestarsi a una forma di ordine inferiore: questo ò l’immoralità , il male. L’uomo, libero e responsabile della propria scelta può anche prediligere questa via ma allora rinuncia a realizzarsi come uomo, si nega, si auto distrugge. La Fenomenologia ò stata conosciuta in Italia grazie ad Antonio Banfi ed ha avuto come uno dei suoi maggiori esponenti Enzo Paci. Con il termine “fenomenologia” si indicava, in tutto il pensiero filosofico precedente, la descrizione dei “fenomeni”, cioò di ciò che si manifesta, che appare immediatamente. Husserl arricchisce il concetto tradizionale di fenomenologia, facendone la scienza filosofica fondamentale: la filosofia deve essere fenomenologia, deve cioò descrivere ed analizzare i fenomeni in modo tale da farne emergere l’essenza. In questo senso, la fenomenologia ò scienza di essenze. Le essenze non vanno indagate astrattamente, ma sempre a partire dalla concretezza dei fenomeni, del mondo reale. La Fenomenologia si distingue nettamente dalla logica perchè quest’ultima opera con simboli che rappresentano proposizioni e concetti senza occuparsi dei loro rapporti con la realtà . La Fenomenologia, invece, indaga da quali dati effettivi traggono valore gli elementi del pensiero umano e, quindi, anche i simboli della logica. L’imperativo della fenomenologia ò “andare verso le cose stesse”, cioò sostituire ai simboli ed ai concetti astratti gli oggetti concreti ed immediati della conoscenza. L’analisi del mondo oggettivo compiuta dalla Fenomenologia serve a metterne in luce i fondamenti, le sue modalità  di costruzione, in modo da fornire un terreno più saldo a tutte le scienze che al mondo oggettivo fanno riferimento. La filosofia fenomenologica, secondo Paci, ha un compito critico primario da assolvere: individuare e precisare le connessioni che esistono fra i diversi saperi e aspetti dell’esperienza umana, far cadere ogni barriera fra i diversi campi della cultura, affermarsi come ricerca aperta e antidogmatica. In altri termini, la Fenomenologia viene intesa come riflessione critica e ricerca di senso della realtà  e della cultura, come indagine sulle connessioni profonde che esistono fra il mondo precategoriale (cioò il mondo della vita) e il mondo categoriale (quello del pensiero). Proprio nel corso di tale riflessione Paci vede nel marxismo una possibilità  di arricchimento e di sviluppo sia del tema del precategoriale sia di quello della relazionalità , cercando di innestarvi i motivi (propri del marxismo e da lui ripensati come un approccio che non intende essere dogmatico) dei bisogni umani e delle forme concrete, storicamente determinate, di alienazione che riducono l’uomo da persona a categoria astratta. Marx parla di uomini e di classi e a Paci interessa comprendere le relazioni tra gli uomini e le classi. Ne viene fuori lo sfruttamento del soggetto da parte di un altro soggetto; il soggetto diventa oggetto o cosa materiale. Alla fine degli anni cinquanta Paci cercò di coniugare Husserl con Marx, sempre spinto dall’esigenza di approfondire le relazioni concrete degli uomini nella società  e nella storia. Nonostante il modo di scrivere spesso complesso e difficile, le pagine di Paci su Marx e Husserl sono tra le più chiare: il significato dell’uomo si determina nella prassi soggettiva, nella sfera dei bisogni che fonda la dinamica dei rapporti sociali in un mondo dove scienza e tecnica non sono forme di sopraffazione dei bisogni dell’uomo, ma il risultato di consapevoli operazioni compiute in funzione della società  civile.

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