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Ernst Cassirer

Pensiero e vita del filosofo.

Introduzione generale Con l’insegnamento di Cohen e di Natorp si crea una scuola che tra i due secoli esercita una vasta influenza sulla cultura filosofica tedesca; tale influenza si propaga anche attraverso pensatori che daranno vita ad orientamenti di pensiero innovativi, come Husserl, Hartmann e, in parte, lo stesso Heidegger. E’ però nell’opera di Ernst Cassirer che il legame con l’impostazione neocriticistica rimane più stretto. Esponente del Neokantismo, egli nasce nel 1874 a Breslau (Breslavia). Nel 1886 la sua famiglia si trasferisce a Berlino, dove in seguito potrà  seguire le lezioni su Kant prima di Paulsen poi di Simmel. A Marburgo studia filosofia e segue i corsi di Cohen e Natorp. Nel 1898 scrive la prima stesura del Leibniz System. Nel 1902 va a Berlino insieme alla moglie, Toni Cassirer. Nel 1919 ottiene la cattedra all’università  di Amburgo e nel 1929 ne diviene rettore. Nel 1933, con l’avvento al potere di Hitler, lascia la Germania perchè ebreo e fino al 1935 insegna ad Oxford; perfino in Italia Giovanni Gentile si era battuto per censurare le sue opere. Si trasferisce all’università  di Goteborg per qualche anno e dal 1941, negli Stati Uniti, insegna come visiting professor all’università  di Yale. Tra le sue opere meritano di essere ricordate: Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza dell’età  moderna (in quattro tomi, dal 1906 al 1920), Vita e dottrina di Kant (1918), Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento (1927), La filosofia dell’illuminismo (1932), Concetto di sostanza e concetto di funzione (1910), Filosofia delle forme simboliche (in tre volumi, dal 1923 al 1929), Saggio sull’uomo (1944). Negli Stati Uniti muore il 13 aprile del 1945, a Princeton. Il punto di partenza neocriticistico di Cassirer ò evidente soprattutto nelle opere di carattere storico, in cui egli si mantiene sostanzialmente fedele al privilegiamento del problema filosofico della conoscenza. Però, se l’interpretazione kantiana di Cassirer deve molto a Cohen, essa rappresenta una novità  laddove, pur ribadendo la normatività  della struttura logica dell’esperienza scientifica, ammette la possibilità  di più forme che rendono possibile non soltanto la scienza, ma anche la morale, l’arte e la religione. E in luogo della preferenza per la Critica della ragion pura si ritrova in Cassirer una considerazione privilegiata per la Critica del Giudizio in quanto approdo problematico del criticismo ad una filosofia della cultura in generale. Anche nel suo lavoro storiografico di maggior rilievo, quello sulla storia del problema della conoscenza (tradotto in italiano con il titolo fuorviante di Storia della filosofia moderna ), l’impostazione si era venuta evolvendo da un iniziale interesse (nei primi due volumi) volto quasi esclusivamente alla trattazione dei problemi gnoseologici riferiti alle scienze esatte, ad una più ampia considerazione delle diverse forme culturali. E nello studio sul concetto di funzione, che nella scienza moderna si ò venuto sostituendo a quello di sostanza, Cassirer mette in luce l’importanza del linguaggio, e quindi del segno, nella costituzione degli oggetti di cui si occupa la scienza. Veniva in questo modo aperta la via ad un ampliamento della rivoluzione copernicana a tutte le forme della cultura, riconosciute nella loro irriducibile autonomia, cioò alla filosofia delle forme simboliche. Non soltanto di ampliamento si tratta, ma anche di un autentico mutamento di prospettiva. Nella Filosofia delle forme simboliche permane, infatti, l’esigenza sistematica caratteristica del neocriticismo marburghese, ma essa si realizza in una “critica della cultura” in cui si considera ogni attività  spirituale nella sua forma caratteristica, nel suo manifestarsi peculiare, nel suo (come dice Cassirer) ” esser così “, in una ricchezza di forme che rispecchiano la stessa ricchezza della vita. Ciò che accomuna le diverse sfere della cultura (linguaggio, mito, religione, arte, ecc) ò la loro natura di ” forme simboliche ” in quanto rappresentano mediante segni simbolici il contenuto dello spirito: ” il simbolo non ò il rivestimento meramente accidentale del pensiero ma il suo organo necessario ed essenziale […]. L’atto della determinazione concettuale di un contenuto procede di pari passo con l’atto del suo fissarsi in qualche simbolo caratteristico “. Il compito della filosofia sarà  allora quello di mostrare come attraverso l’espressione simbolica si generino le varie forme della realtà  spirituale; e a questo compito ò preliminare la considerazione del linguaggio, inteso come l’attività  specificamente umana attraverso la quale si organizza l’esperienza, che dalla sua espressione immediata e grezza si trasforma in un mondo di simboli. Il mito, l’arte, la religione, la storia fanno parte dell’universo simbolico, sono ” i fili che costituiscono l’aggrovigliata trama dell’esperienza umana “. Se tutte le forme della vita culturale dell’uomo sono forme simboliche, allora anche l’uomo potrà  ormai essere definito animal symbolicum: ” in tal modo si indicherà  ciò che lo caratterizza e che lo differenzia rispetto a tutte le altre specie, e si potrà  capire la speciale via che l’uomo ha preso: la via verso la civiltà  “. Il pensiero Il simbolo per Cassirer ò lo strumento che permette all’uomo d’operare una mediazione attiva tra il concreto e il concetto; la forma simbolica ò ogni energia dello spirito mediante la quale un contenuto spirituale dotato di significato viene collegato a un segno sensibile e viene ad esso intimamente attribuito. In altre parole, la forma simbolica ò un codice attraverso cui si oggettiva lo spirito, mediante cui si esprime lo spirito umano. Passiamo alla conoscenza scientifica in Cassirer: essa s’inquadra a pieno titolo nell’ambito della filosofia delle forme simboliche. La scienza si configurerebbe, anzi, come la realizzazione della più alta forma di cultura umana, basata naturalmente sulla complessa funzione spirituale, che in questo grado di sviluppo approderebbe al livello pienamente razionale e – al tempo stesso – sul terreno dell’astrazione pura. La conoscenza scientifica darebbe “compiutezza” al cammino umano indirizzato alla razionalità  dell’esistenza. La filosofia matematica di Cassirer ò detta “costruttivismo”; si oppone all’intuizionismo e al formalismo. Cassirer propone una matematica fondata sulla costruzione nell’ambito delle forme pure di spazio e tempo. Per questa ragione, tutte le riflessioni svolte da Cassirer intorno alla conoscenza scientifica prendono le distanze dal progetto positivistico (empiriocriticista) di Mach. Secondo Cassirer lo spirito (cioò il pensiero) si struttura trascendentalmente ( e kantianamente) per mezzo di categorie (vale a dire forme invarianti del pensiero) come l’io, lo spazio, il tempo, la causalità , ecc. Queste strutture fondamentali dello spirito sono presenti in tutte le forme simboliche, sebbene tale loro fissità  implichi di volta in volta configurazioni differenti: si tratta, perciò, di diversi modi di darsi una struttura invariante. Per fare un esempio, lo spazio estetico ha caratteri eterogenei rispetto allo spazio scientifico e anche rispetto allo spazio mitico, così come differiscono spazio scientifico e spazio mitico; in particolare, l’intuizione mitica dello spazio ò uno spazio mitico, concreto: si configura come una distinzione tra sacro e profano che dà  vita a uno spazio, tendente all’universalità  (e in ciò differisce dallo spazio geometrico), che ò una forma di organizzazione, ò insomma una sorta di “spazio strutturale”. Sulla base di queste sue convinzioni, Cassirer ò alla ricerca di uno schema che sia in grado di ordinare le cose attraverso le categorie. Mito e scienza per Cassirer sono modalità  di comprensione del mondo dotate di specifica e irriducibile identità ; esisterebbe tuttavia un rapporto gerarchico tra mito e scienza, e il mito sarebbe inferiore in quanto valutato da Cassirer meno razionale della scienza. Secondo Cassirer il mito rappresenta la forma spirituale che porta a conoscere il senso dell’io e del tu e il senso dell’io e del mondo. Il mito ha quindi un proprio significato preciso, da non confondere con quello delle altre forme spirituali. Per Cassirer sarebbero individuabili due filosofie della mitologia: 1) quella di Schelling; 2) quella positivistico-psicologico-sociologica. Cassirer, elogiando Schelling, sostiene che suo merito grande fu quello di porsi per primo il problema del mito, nel quale vide l’espressione dello spirito. Cassirer critica invece lo studio positivistico della mitologia, riscontrandovi una giustificazione della forma culturale mitica a partire unicamente dalla storia e dall’organizzazione sociale. Cassirer oppone all’interpretazione positivistica del problema mitico una riflessione trascendentale che si sforza di non dipendere dall’esterno, dalla società  e dalle influenze storiche. Questo ò il cuore, l’essenza della filosofia delle forme simboliche Cassirer: la ricerca delle condizioni di possibilità  del fatto culturale. In altre parole, Cassirer effettua una critica della coscienza mitica; ed ò una critica in senso lato, non negativo. Il mito per lui ò un modo di conferire significato alla realtà , essendo il mito a suo avviso una produzione spirituale, e non un coacervo di elementi privi di senso intrinseco e relazioni reciproche. Si ò visto che Cassirer considera il mito dotato di una propria logica, nonostante esso si configuri ancora come una forma pre-scientifica del pensiero. E il mito ò una forma pre-scientifica, e non pre-logica, di pensiero dal momento che possiede una legalità  trascendentale fondamentalmente affine alla strutturazione essenziale tipica del pensiero scientifico. Cassirer si occupa del mito nel secondo dei suoi quattro volumi dedicati alle forme simboliche. La sua maggior preoccupazione critica consiste nello studiare le strutture logiche portanti del mito, vale a dire le forme di elaborazione mitica del mondo, ma senza riscontrare sostanziali differenze fra la concettualizzazione scientifica e la concettualizzazione mitica, considerate semplici tappe di un processo di razionalizzazione e di astrazione dei linguaggi umani e, più in generale, del mondo. Cassirer trascura l’analisi del prodotto mitico per dedicarsi all’indagine delle forme in cui il mito sorge, valorizzando quindi, in primis, le condizioni che permettono la sua nascita. E’ convizione di Cassirer che i numeri razionali abbiano valore perchè posti in serie e, dunque, in relazione gli uni con gli altri. Nel 1922 egli si chiede se anche il mito sia da considerarsi un concetto seriale oppure se si tratti di un concetto-genere. La risposta ò perentoria: il discorso mitico ò da intendersi come concetto seriale, in quanto diretto a ordinare il molteplice; in altre parole, il mito non ricopia la realtà , ma piuttosto la struttura. Anche nello studio del mito, perciò, Cassirer palesa un’impostazione trascendentale diretta a studiare le condizioni che permettono la nascita di determinati “fenomeni” nella storia e nelle diverse culture, anzichè limitarsi a enumerarne acriticamente e disordinatamente le variopinte forme via via assunte. A parere di Cassirer, inoltre, il mito non può che essere una forma pratica, visto il suo intimo legame con la vita dell’uomo, col suo operare, oltre che col suo pensare e strutturare il mondo. Il mito ò, in senso forte, una modalità  (la modalità  “antica”, di comprensione del mondo). Rileva Cassirer che la prima strutturazione del mito ò data dallo spazio, dal tempo e dal numero visti miticamente. Grazie al mito l’uomo antico pervenne a comprendere il senso mitico dell’io e dell’intersoggettività  (io e non-io, regole comuni di vita accanto agli altri e con gli altri in comunità ). In Cassirer ò riscontrabile una dialettica della coscienza mitica; esistono rapporti tra religione e mito, anche se – a dire il vero – quando viene a predominare il momento religioso il superamento della visione mitica ò ormai inesorabimente in atto. Nel mito i simboli sono essenziali per la comprensione, mentre nella religione si fa maggiormente largo la razionalità  a scapito del simbolo: il numero meno cospicuo di simboli utilizzati dalla religione non impedisce però che essi siano usati con più consapevolezza e per supportare una certa idea di divinità , così come questa immagine emerge dai testi sacri (si tenga presente che nelle considerazioni di Cassirer la religione contemplata di preferenza ò quella ebraica). Secondo Cassirer lo spirito, possedendo una forte propensione naturale a strutturare la realtà , dà  vita a forme simboliche, quale ad esempio il mito, che ò da considerarsi a pieno titolo una forma di oggettivazione dello spirito. Per il Cassirer del 1922 la funzione mitica, vale a dire l’operare con concetti, ò spontanea, dal momento che lo spirito tenderebbe a suo avviso a informare di sè la realtà , strutturandola, alla stregua di quanto avviene nel campo scientifico. Per questa ragione, Cassirer indaga le strutture (trascendentali) del pensiero mitico. A giudizio di Cassirer, le forme simboliche nascono per dar risposta alle scienze dello spirito, le quali corrispondono propriamente alle scienze del mondo umano. Sullo sfondo c’ò chiaro in Cassirer l’intento di pervenire a un’ unità  delle scienze, tanto delle scienze della natura quanto delle scienze dello spirito: già  nel 1910, in Sostanza e funzione, egli aveva infatti confutato le tesi di Richer, il quale riteneva che le scienze storiche sarebbero in grado di cogliere soltanto l’individuale, in contrasto netto con le scienze della natura che parlerebbero dell’universale; per Cassirer il concetto, lungi dall’essere “genere”, ò piuttosto “seriale”, concetto “funzione”, e dunque, potendo cogliere l’individuale, priva di senso la distinzione di Richer. Il mondo umano e il mondo naturale possono allora trovare un loro dialogo nella filosofia proposta da Cassirer, perchè nelle sue concezioni si riconosce nello spirito la capacità  attiva di strutturare la realtà  in ogni campo, conferendo così significato alla realtà  stessa. In Cassirer riscontriamo quindi una teoria del concetto che anela ad unificare il mondo della natura e il mondo della storia. In quanto sensibile rappresentato nello spazio e nel tempo, l’ intuizione si colloca come tappa intermedia fra sensibile e intelligibile. Per Cassirer l’intuizione sfrutta la corporeità , attraverso la quale sarebbe possibile introdursi alla conoscenza il mondo. Mentre lo spazio permette immediatamente di collegare l’Io e il mondo, la determinazione di tempo fatica ad essera appresa con la stessa rapidità , come dimostra con tutta evidenza il bambino, da subito in grado di capire il riferimento all’oggetto indicato, ma in difficoltà  di fronte a collocazioni cronologiche di eventi. Negli ultimi (e più maturi) stadi di sviluppo dei codici linguistici, la parola e il numero prendono il sopravvento grazie alla loro fondamentale capacità  d’identificare una cosa che può anche non essere presente in quell’istante (ammesso, ovviamente, i riceventi del messaggio abbiano accesso al codice utilizzato: ogni lingua, infatti, simbolizza con vocaboli diversi la stessa realtà ; ò il principale inconveniente legato alla sempre maggior astrattezza del linguaggio). Humboldt fornisce a Cassirer l’idea che il linguaggio non sarebbe un’opera compiuta, ma piuttosto un’attività . Entrambi ritengono che compito prioritario del filosofo sia la ricerca di un metodo adeguato per studiare il linguaggio (problema epistemologico). Come abbiamo già  notato più volte, osservare le cose in un’ottica di processo e l’indagine dell’attività  dello spirito attraverso lo studio del linguaggio sono i pilastri della filosofia delle forme simboliche di Cassirer. Guardiamo più a fondo la questione. Cassirer parla di tre fasi di maturazione del linguaggio: 1) fase “sensibile”; 2) fase “intuitiva”; 3) fase del “pensiero concettuale”. Quest’ordine di sviluppo, fisso, si deve intendere valevole tanto per il terreno ontogenetico quanto per quello filogenetico. Nello studio della fase sensibile del linguaggio, Cassirer si serve sovente di analogie col linguaggio dei bambini e degli animali, fondati sulla gestualità . Nel caso specifico dei bambini, si tratta di una gestualità  che indica e imita quella dell’uomo adulto; l’animale, invece, pur essendo assolutamente incapace di indicare, impara presto a imitare, ma in forme proprie e affatto diverse dalle forme tipicamente umane di imitazione, fondate sulla comprensione del complesso e dinamico contesto culturale vigente. Cassirer suddivide l'”espressione” dall'”impressione”: la prima equivarrebbe all’impronta creativa dello spirito, mentre la seconda rimanderebbe più direttamente a una concezione sensistica della realtà . Il concetto di espressione ò molto importante nel lavoro di Cassirer e, per quanto concerne la prima fase di maturazione del linguaggio, egli ritiene di dover discernere tre tappe del linguaggio parlato: ” espressione mimica “, costituita da onomatopee (i sentimenti, però, sono espressi in forme diverse: ogni popolo, ad esempio, esterna diversamente il dolore); ” espressione analogica “, che comincia a staccarsi dal sensibile (come quando si dice, ad esempio, “il tran tran della vita”); ” espressione simbolica “, grazie alla quale compaiono i simboli, in larga parte slegati dal sensibile e quindi incapaci di richiamare im- mediatamente l’oggetto concreto che si vuol significare (se, ad esempio, non conosco un determinato codice linguistico i vocaboli che leggo o sento pronunciare in quella lingua non mi indicano alcunchè). Secondo Cassirer i simboli (cioò, in senso lato, il linguaggio) non sono il riflesso, la riproduzione delle cose. La sua filosofia delle forme simboliche contrasta, quindi, le pretese della diffusissima Abbildtheorie, inaugurata di fatto da Democrito e dagli Stoici, e rielaborata poi nel Medioevo da Tommaso e nell’Età  moderna da Berkeley. In questo seguace ideale di Kant, Cassirer non intende la conoscenza come copia, in quanto non crede che l’uomo possa arrivare all’in-sè delle cose. Il segno, anzichè rimandare alla cosa pura, sarebbe la costruzione delle cose. Secondo Cassirer per illustrare icasticamente il processo della conoscenza, l’abusata metafora dello specchio quindi non calzerebbe, almeno nella forma consueta: la si può tuttavia ribaltare ad hoc, asserendo che il linguaggio ò lo specchio di noi stessi, della coscienza delle cose, e non lo specchio delle cose stesse. Compito del filosofo ò perciò quello di esaminare il linguaggio allo scopo di rinvenire in esso tracce dei meccanismi del pensiero che hanno reso possibile e generato i simboli così come si presentano. Ritenendo che i nostri modi di pensare permangano in tracce nel linguaggio, Cassirer studia dunque il linguaggio per attuare la morfologia dello spirito; tuttavia, non si comprende bene se il linguaggio a suo avviso debba essere considerata come la forma privilegiata per l’esplicitazione dello spirito. Già  dai primi anni di studio delle forme simboliche, Cassirer afferma che con “espressione simbolica” si deve intendere espressione di una realtà  spirituale compiuta attraverso segni o forme simboliche (come, ad esempio, il linguaggio), laddove una “forma simbolica” ò intesa come ogni forma che si va oggettivando per mezzo segni sensibili. Maturando le sue concezioni, Cassirer indica la “forma simbolica” come ogni energia spirituale legata a un simbolo (arte, linguaggio, ecc. ). A suo avviso – e sulla scorta di una lunga tradizione filosofica in materia -, qualsiasi rapporto umano con la realtà  non può che essere mediato; da questa convinzione trae la sua condizione di possibilità  la filosofia delle forme simboliche, e cadono invece le istanze vitalistiche che considerano la vita coincidente con la forma: riprendendo Hegel, Cassirer ritiene che l’uomo possa soltanto ritradurre la realtà  nel linguaggio dello spirito. E il simbolo non sarebbe altro che il mezzo di cui lo spirito si serve per mantenere il suo rapporto mediato con la realtà . Il rapporto simbolico ò dinamico: arte, scienza, linguaggio, mito, ecc. sono stadi dello sviluppo dell’espressione simbolica: la conoscenza scientifica ò la forma più astratta, mentre il mito ò ricollegabile direttamente all’intuizione, alla sensibilità . A questo riguardo, mediante la sua filosofia delle forme simboliche, Cassirer vanta una finalità  precisa, assiologica, quella di liberare il simbolo dalla sensibilità , come a dire che il linguaggio scientifico appartiene a una fase più evoluta, “moderna”, della storia dell’umanità . In questo, Cassirer si dimostra più “ottimista” di Warburg, il quale, dichiarando che non esiste una tal connessione teleologica fra i diversi codici simbolici, sottolinea che la storia vede continuamente uno scontro serrato fra simboli mitici e simboli scientifici. A una realtà  dove il predominio della ragione non ò mai scontato non crede tuttavia Cassirer, che anche nell’astrologia riscontra un (prematuro) tentativo di scoprire i nessi causali tra i fenomeni, quasi fosse l’astrologia la progenitrice diretta della concezione scientifica della realtà  emersa poi con forza a partire dall’Età  moderna. A partire dal secondo decennio del Novecento, nell’elaborazione di taluni concetti inerenti alla sua filosofia, Cassirer sembra risentire non poco del magistero goethiano, ad esempio quando egli definisce morfologia dello spirito le forme simboliche. Nel 1916 Cassirer contrappone Goethe a Hegel, rimproverando a quest’ultimo di aver partorito un universo assoluto, strettamente vincolato ai limiti fissati alle possibilità  del pensiero soltanto per chiudere, con estrema arroganza intellettuale, il proprio sistema filosofico. Negli stessi anni, come appare in Libertà  e forma, all’avvicinamento di Cassirer a Goethe si affianca il recupero del Kant della Critica del Giudizio. In Vita e dottrina di Kant (1918) Cassirer conferma una prossimità  ideale con la seconda parte della Critica del Giudizio, in cui Kant si occupa di forme viventi, dell’individuo e dell’organismo (lungi dal risultare alla stregua di una mera somma di parti, si configurerebbe come il tutto che sovrasta le parti), in particolare di quegli organismi complessi che sono le culture. Rafforzando certe tesi kantiane, Cassirer intende impostare uno studio filosofico della cultura, di cui tutto farebbe parte, dal linguaggio al mito, dalla scienza all’arte, ecc. Se pensiamo che per Cassirer la cultura non ò altro che l’oggettivazione dello spirito – in senso lato – in forme simboliche, sarà  più agevole comprendere le ragioni del suo spiccato interesse per i codici attraverso cui si esprimono le oggettivazioni dello spirito, appunto il mito, il linguaggio, la tecnica, ecc. Tuttavia, l’elenco di questi codici non trova una sua sistemazione ultima, definitiva, negli studi di Cassirer, tanto che in opere diverse compaiono di frequente elenchi in parte eterogenei. Esiste una continuità  di fondo tra neokantismo di Marburgo e filosofia delle forme simboliche di Cassirer, in quanto il metodo di approccio alla realtà  si rivela il medesimo. Studiando la filosofia delle forme simboliche ò quindi necessario far riferimento agli esordi accademici di Cassirer sotto la guida dei celebri Cohen e Natorp. Di filosofia della cultura si parlava già  alla fine dell’Ottocento, epoca in cui si andò formando il giovane Cassirer: l’obiettivo era quello – come si affermava – di aprire all’indagine e alla speculazione la “totalità  dello spirito oggettivo”, approfondendo non solo gli aspetti razionali, interesse esclusivo di Kant, ma criticando la cultura tutta, compreso aspetti eterogenei e “superati” come il mito. Il primo Novecento tedesco prestando particolare attenzione alla “totalità  dello spirito oggettivo” testimoniava la coeva rinascita dell’Hegelismo, tanto che lo stesso Cassirer avrebbe presto rivalutato testi come la Fenomenologia dello spirito, aperto a temi diversi e ricco di prospettive giudicate feconde dal punto di vista filosofico. Pur stimolata dal pensiero di Hegel, la scuola di Marburgo accusava tuttavia la sua dialettica di uccidere lo spirito oggettivo. Il neokantismo pensava che la filosofia fosse in grado di dare unità  alla cultura; Cassirer si spinse oltre e cercò, tra il 1910 e il 1920 circa, di approfondire i fondamenti storici della “sua” filosofia delle forma simboliche, prendendo però le distanze dai suoi maestri già  a partire dalle loro posizioni intorno a una presunta superiorità  culturale della Germania contemporanea, e quindi di una missione teutonica da esplicarsi su scala universale. La riforma del neokantismo di Marburgo attuata da Cassirer s’incentrò sulla rilettura di Goethe, che egli giudicò superiore a Kant e che in breve tempo divenne quasi il patrono e il nume tutelare della costituenda filosofia delle forme simboliche.

  • 1900
  • Filosofia - 1900

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