C. PLINIUS MAXIMO SUO S.
(1) Amor in te meus cogit, non ut praecipiam – neque enim praeceptore eges -, admoneam tamen, ut quae scis teneas et observes, aut nescire melius. (2) Cogita te missum in provinciam Achaiam, illam veram et meram Graeciam, in qua primum humanitas litterae, etiam fruges inventae esse creduntur; missum ad ordinandum statum liberarum civitatum, id est ad homines maxime homines, ad liberos maxime liberos, qui ius a natura datum virtute meritis amicitia, foedere denique et religione tenuerunt. (3) Reverere conditores deos et nomina deorum, reverere gloriam veterem et hanc ipsam senectutem, quae in homine venerabilis, in urbibus sacra. Sit apud te honor antiquitati, sit ingentibus factis, sit fabulis quoque. Nihil ex cuiusquam dignitate, nihil ex libertate, nihil etiam ex iactatione decerpseris. (4) Habe ante oculos hanc esse terram, quae nobis miserit iura, quae leges non victis sed petentibus dederit, Athenas esse quas adeas Lacedaemonem esse quam regas; quibus reliquam umbram et residuum libertatis nomen eripere durum ferum barbarum est. (5) Vides a medicis, quamquam in adversa valetudine nihil servi ac liberi differant, mollius tamen liberos clementiusque tractari. Recordare quid quaeque civitas fuerit, non ut despicias quod esse desierit; absit superbia asperitas. (6) Nec timueris contemptum.
Versione tradotta
Caro Massimo,
l'affetto che ti porto mi spinge, non a insegnarti (poiché non hai bisogno di maestro), ma ad ammonirti di ricordare e mettere in pratica ciò che sai [altrimenti è meglio non saper nulla].
Pensa che sei inviato nella provincia di Acaia, in quella vera e autentica Grecia, ove si ritiene abbiano avuto origine la civiltà, le lettere e perfino le messi; inviato a porre ordine nella costituzione di libere città, cioè a uomini più che uomini, a gente libera per eccellenza, che il diritto dato loro da natura seppero mantenere con il valore, i meriti, le amicizie, le alleanze e infine anche con la religione! Rispetta gli dèi fondatori e i nomi degli dèi, rispetta la antica gloria e anche la stessa vecchiezza, degna di venerazione negli uomini, sacra nelle città! Abbi in onore l'antichità, le grandi azioni, anche le leggende!
Non offendere la dignità di alcuno, non la libertà e neppure la vanità! Tieni sempre presente che quella è la terra da cui derivò il nostro diritto, che diede leggi non a dei vinti, ma a chi le chiedeva, che è Atene in cui tu entri, che è Sparta su cui tu governi; strappare alle quali l'ultima parvenza e il nome che lor resta di libertà è duro, è crudele, è barbaro. Vedi che i medici, benché nella malattia gli schiavi non debban differire dai liberi, trattano tuttavia con maggior umanità e delicatezza i liberi. Ricordati ciò che è stata ogni città, non per disprezzarla perché non lo è più; non essere superbo, non aspro! non temere che ti disprezzino!
- Letteratura Latina
- Versioni di Catone
- Plinio il Giovane