Eugenio Montale: vita, opere, poetica e pensiero - StudentVille

Eugenio Montale: vita, opere, poetica e pensiero

Riassunto completo su Eugenio Montale per l'esame di Maturità.

RIASSUNTO SU EUGENIO MONTALE

Nasce a Genova nel 1896 e partecipa come ufficiale di fanteria alla prima guerra mondiale. Nel dopoguerra è vicino a Gobetti e collabora a “Rivoluzione liberale”. Si trasferisce a Firenze, dove diventa direttore del “Gabinetto scientifico-letterario Vieusseux”, ma viene allontanato da questo incarico perché non iscritto al partito fascista. Dopo la seconda guerra mondiale si trasferisce a Milano, dove diventa collaboratore del Corriere della sera. Nel 1967 viene nominato senatore a vita. Nel 1975 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore nel 1981 a Milano.

EUGENIO MONTALE: POETICA

Il motivo di fondo della poesia di Montale è una visione pessimistica e desolata della vita del nostro tempo, in cui, crollati gli ideali romantici e positivistici, tutto appare senza senso, oscuro e misterioso. Vivere, per Montale, è come andare lungo una muraglia “che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia” (Meriggiare pallido e assorto), e che impedisce di vedere al di là, cioè il significato e lo scopo della vita. Non vi è alcuna fede religiosa o politica che possa consolare. Nemmeno la poesia può offrire all’uomo alcun aiuto. Perciò, egli dice, “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti”, cioè la parola magica e chiarificatrice, che possa darti delle certezze, come pensano di dirla i poeti laureati. L’unica cosa certa che egli possa dire è ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, ossia gli aspetti negativi della nostra vita.

EUGENIO MONTALE: LA DIVINA INDIFFERENZA

Di fronte al male di vivere non c’è altro bene che la “divina indifferenza”, cioè il distacco dignitoso della realtà, essere come una statua o una nuvola (Spesso il male di vivere). Ma spesso questa indifferenza non sempre è concessa al poeta il quale è preso dalla nostalgia di un mondo diverso. Perciò la negatività di Montale non è statica, ma oscilla tra la constatazione del male di vivere e la speranza vana, risorgente del suo temperamento.
Eugenio Montale: Ossi di seppia (1925). Questa tragedia della vita viene verificata nella raccolta Ossi di seppia. Basta guardarsi intorno per scoprire in ogni momento e ogni oggetto che osserviamo il male di vivere: nei paesaggi aspri e dirupati della Liguria, nei muri scalcinati, nei greti dei torrenti, nelle crepe del suolo. Ogni paesaggio e ogni oggetto è visto da Montale nel suo aspetto fisico e metafisico, nel suo essere cosa e al tempo stesso simbolo della condizione umana di dolore e di ansia. E’ questa la tecnica del correlativo oggettivo teorizzata da T. S. Eliot, fondata sull’intuizione di un rapporto tra situazioni ed oggetti esterni e il mondo interiore.
Eugenio Montale: Le occasioni (1939). In essa Montale rievoca le occasioni della sua vita passata (amori, incontri, riflessioni), ricordate non per nostalgia, ma per analizzarle e capirle nel loro valore simbolico, come ulteriori esemplificazioni del male di vivere. Così anche il recupero memoriale, tema consueto del Decadentismo, si risolve, in Montale, in una conferma della propria solitudine e angoscia esistenziale. Per esempio, in Non recidere, forbice, Montale accenna alla forza disgregatrice del tempo, che ci porta via anche i ricordi più belli, lasciando l’uomo in una fredda solitudine.

Eugenio Montale: Le ultime raccolte. Il male di vivere è presente anche nelle ultime raccolte di Montale:

  • La bufera ed altro (1957), in cui la guerra è l’altra “occasione” di meditazione del poeta
  • Satura (1971), che comprende una serie di colloqui del poeta con la moglie Drusilla Tanzi su episodi di vita passata.

Mentre Ungaretti nelle ultime raccolte ritrova la fede in Dio, passando da uomo di pena a uomo di fede, Montale rimane sempre solo uomo di pena,  e la sua poesia elegiaca, più contemplativa che attiva.

La parola è aspra, pietrosa, mentre il discorso è antiretorico, disteso, prosastico, dal ritmo lento cadenzato da sillabe storte e secche come un ramo, che rispecchiano adeguatamente l’elegia della disperazione e della desolazione.
Eugenio Montale: Opere in prosa. Ricordiamo:

  • Fuori di casa (1969): corrispondenze dall’estero per il Corriere della sera
  • Farfalla di Dinard: prose narrative pubblicate nel Corriere della sera
  • Auto da fé: scritti politici, sociali, culturali

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