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Feuerbach Un capovolgimento radicale delle posizioni hegeliane lo si ebbe con Ludwing Feuerbach. Nato nel 1804 a Landshut, in Baviera, Feuerbach studiò teologia a Heidelberg, ma nel 1824 si recò a Berlino, dove subì l’influenza di Hegel, sicché nel 1825 abbandonò la teologia per la filosofia. L’anno successivo andò a completare gli studi a Erlangen, dove nel 1828 ottenne la laurea e la libera docenza in Filosofia. Dal 1829 al 1836 tenne saltuariamente corsi presso l’università di Erlangen, ma non ebbe successo il suo tentativo di esservi nominato professore straordinario. Già nel 1830, infatti, egli aveva pubblicato anonimi i Pensieri sulla morte e l’immortalità , che lo avevano reso sospetto alle autorità accademiche e religiose del regno di Baviera. Nel 1837 egli si ritirò pertanto a Bruckberg, dove visse fino al 1860 grazie soprattutto ai proventi di una fabbrica di porcellane, di cui la moglie era comproprietaria. In quello stesso anno Feuerbach, che già aveva pubblicato tra l’altro una Storia della filosofia moderna da Bacone di Verulamio a Spinoza (1833), alla quale facevano seguito volumi su Leibniz (1837) e su Bayle (1838), fu invitato da Ruge a collaborare agli “Annali di Halle”. Nel 1839 Feuerbach, pubblica il saggio Per la critica della filosofia hegeliana , che dà inizio alla serie dei suoi scritti più noti, comparsi nell’arco di pochi anni: L’essenza del Cristianesimo (1841), Tesi provvisorie per la riforma della filosofia (1843), Princìpi della filosofia dell’avvenire (1843), L’essenza della religione (1845). Nell’anno della rivoluzione, il 1848, gli studenti lo chiamano a tenere un corso a Heidelberg, ma nel 1849 egli torna a Bruckberg; di qui egli si trasferisce nel 1860, dopo un dissesto finanziario, a Rechenberg, presso Norimberga dove vive in miseria i suoi ultimi anni sino alla morte avvenuta nel 1872. All’inizio Feuerbach si colloca nel solco della filosofia hegeliana, anche se già pone l’accento su elementi che lo allontaneranno da Hegel. Così, nei Pensieri sulla morte e l’immortalità , egli afferma con forza la connessione tra l’individualità e la sensibilità, propria di un corpo legato allo spazio e al tempo, e su questa base giunge a negare “l’immortalità” individuale. Progressivamente egli matura la convinzione che la filosofia abbraccia tutti coloro che si sono impegnati nella lotta per la libertà di pensiero, da Bruno a Spinoza a Fiche, e non ha il suo compimento in Hegel. Nello scritto del 1839, Per la critica della filosofia hegeliana , egli afferma che non è possibile considerare come assoluto un singolo sistema, neppure quello hegeliano, nonostante la sua rigorosa scientificità, universalità e ricchezza, perché questo significherebbe arrestare il tempo e portare gli uomini a rinunciare alla libera ricerca. A questa conclusione Feuerbach perviene partendo dal presupposto hegeliano che ogni filosofia è il proprio tempo espresso in concetti, ma applicandolo alla stessa filosofia hegeliana. Se il tempo non si arresta anche la filosofia hegeliana non può non essere una filosofia particolare e determinata : anch’essa infatti non rappresenta un inizio assoluto privo di presupposti, ma è sorta in un’epoca determinata e, in quanto ne è l’espressione anch’essa parte da presupposti legati a tale epoca. L’epoca futura non potrà non rendersi conto di questo fatto, cosicché anche la filosofia hegeliana apparirà allora una filosofia del passato. In qualche modo l’unica filosofia che inizia senza presupposti è quella che ha libertà e il potere di mettere in dubbio anche se stessa. La filosofia, in quanto libertà che vuole costruirsi da se e non soltanto come erede della tradizione, deve dunque procedere oltre Hegel, che non critica mai la realtà di fatto, ma si preoccupa soltanto di comprenderla nella sua razionalità e quindi giustificarla. Il compito dell’uomo pensante, consiste invece, nell’anticipare con la ragione gli effetti necessari e inevitabili del tempo. Attraverso la negazione del presentesi costi (segue nel file da scaricare)
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