Le foibe rappresentano una delle pagine più dolorose e complesse della storia contemporanea. Questo termine si riferisce sia alle cavità carsiche naturali dell’Alto Adriatico, utilizzate come luoghi di esecuzione durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, sia agli eccidi che vi furono compiuti. Questi episodi non solo rappresentano una ferita aperta nella memoria collettiva italiana ma riflettono anche le tensioni geopolitiche e etniche in Europa nel periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale.
Contesto storico approfondito
La genesi delle foibe è da ricercarsi nel complesso scenario geopolitico che ha caratterizzato l’Europa prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. La firma del trattato di Rapallo nel 1920, che sancì l’annessione all’Italia di territori abitati anche da popolazioni slave, pose le basi per future tensioni.
Di fatto, dopo la Prima guerra mondiale l’egemonia italiana su questi territori divenne oppressiva, peggiorando poi con l’invasione della Jugoslavia da parte dell’Italia fascista, che impose un regime brutale che portò alla morte di circa un milione di persone tra croati, serbi, sloveni, bosniaci, macedoni e montenegrini, a causa dell’occupazione e della successiva guerra civile. Il conflitto interno fu vinto dai comunisti guidati da Josip Broz Tito, che estesero il loro controllo sull’intero paese, esclusa la zona di Trieste, fermati solo dall’avanzata degli alleati. Nei territori liberati, i comunisti condussero una dura repressione contro collaborazionisti, rivali politici e oppositori, con decine di migliaia di esecuzioni e centinaia di migliaia di persone mandate nei campi di lavoro.
La vendetta di Tito e le foibe
La vendetta di Tito contro gli italiani si inserisce in un contesto di pulizia etnica e di lotta politica. Dopo l’8 settembre 1943, l’Italia firmò l’armistizio con gli anglo-americani ma i tedeschi presero il controllo del nord della penisola, istituendo un governo fantoccio sotto Mussolini. In questo contesto, i partigiani jugoslavi iniziarono a rivendicare i territori di Istria e Dalmazia, perpetrando violenze dirette in particolare agli italiani.
Le foibe, già note come fenomeni carsici naturali, divennero simbolo di una tragedia umana, luoghi di esecuzioni sommarie dove vennero gettati vivi o uccisi membri delle forze dell’ordine italiane, fascisti, ma anche civili accusati senza prove di collaborazionismo, oltre a numerosi esponenti della comunità italiana non allineati politicamente con i partigiani jugoslavi. Il numero esatto delle vittime rimane oggetto di dibattito tra storici, con stime che variano significativamente dalle cinquemila alle diecimila.
L’esodo giuliano-dalmata
Con la fine della guerra la violenza aumentò, culminando nella primavera del 1945 quando l’esercito jugoslavo di Tito occupò Trieste e l’Istria per riappropriarsi dei territori persi dopo la Prima Guerra Mondiale. Questa occupazione forzò molti italiani a fuggire, mentre altri furono uccisi o deportati nei campi sloveni e croati.
Gli infoibamenti e la pulizia etnica contro gli italiani continuarono fino al 1947, quando, con il trattato di Parigi, la Jugoslavia ottenne ufficialmente i territori di Fiume, Zara, Pola e altri ancora, portando gradualmente alla cessazione dei massacri. L’Italia riacquistò il controllo di Trieste solo nell’ottobre 1954, ma dovette cedere l’Istria alla Jugoslavia, segnando la fine di un tragico periodo di violenza e spostamenti forzati.
L’esodo giuliano-dalmata rappresenta una delle più grandi tragedie del dopoguerra italiano, con oltre 250.000 italiani che abbandonarono le loro case in Istria, Fiume e Dalmazia. Le testimonianze degli esuli raccontano di una fuga disperata, spesso con pochi beni personali, alla ricerca di sicurezza e di una nuova vita lontano dalla loro terra natale.
Memoria e riconoscimento
Per decenni, la vicenda delle foibe e dell’esodo istriano è stata trascurata dalla memoria collettiva italiana, fino a una “riscoperta” negli anni ’80 e ’90, che ha portato a un’intensificazione dell’attenzione mediatica e politica. Questo cambiamento ha visto un aumento della pubblicistica e delle iniziative politiche, spesso caratterizzate da interpretazioni divisive e strumentalizzate, che hanno inasprito il dibattito pubblico.
Nel 2004 in Italia è stato inoltre istituito il “Giorno del Ricordo”, che si tiene ogni anno il 10 febbraio e rappresenta un passo importante verso il riconoscimento ufficiale delle vittime delle foibe e degli esuli giuliano-dalmati. Questa giornata non solo serve a commemorare le vittime ma anche a promuovere una riflessione critica sulla storia, sull’importanza del ricordo e sulla necessità di un dialogo aperto e costruttivo tra le diverse memorie e identità che compongono l’Italia contemporanea.
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