Litterae in senatu relatae sunt Q. Minuci praetoris, cui Bruttii provincia erat, dicentes pecuniam Locris ex Proserpinae thesauris nocte clam sublatam esse nec furum vestigia ulla exstare. Indigne id senatus tulit. C. Aurelio consuli negotium delatum est ut ad praetorem in Bruttios scriberet senatui placere quaestionem de expilatis thesauris haberi, furesque qui pecuniam abstulissent puniri et sacrificia piacularia agi. […]
Curam expiandae violationis eius templi prodigia etiam pluribus locis nuntiata accenderunt: in Lucanis caelum arsisse referebant, Priverni sereno per diem totum rubrum solem fuisse, Lanuvii in templo Sospitae Iunonis nocte strepitum ingentem exortum esse, Frusinone agnum cum suillo capite, Sinuessae porcum cum capite humano natum esse. Decemviri ex libris res divinas easdem, quae post proximum prodigium factae erant, imperaverunt, et praeterea carmen cani iusserunt a septem et viginti virginibus quae per urbem irent donumque Iunoni reginae ferri.
Versione tradotta
Venne letta in Senato una lettera del pretore Quinto Minucio, cui era (affidata) la provincia del Bruzio, la quale riferiva che a Locri era stato rubato del denaro, di notte, dal tesoro di Proserpina e che non restava alcuna traccia dei ladri. Mosso da sdegno (Indigne), il Senato affidò al console Gaio Aurelio il compito di scrivere al pretore nel Bruzio (lett. presso i Bruzi) che il Senato ordinava (lett. al Senato piaceva) che si svolgesse un'inchiesta riguardo al furto del tesoro (lett. ai tesori depredati), che i ladri che avevano sottratto il denaro fossero puniti e che si celebrassero sacrifici espiatori. [...]
Dei prodigi dichiarati in diversi luoghi aumentarono inoltre l'ansia di espiare la violazione di quel tempo: si diceva che presso i Lucani il cielo si era infiammato, che a Priverno, col (cielo) sereno, il sole era stato rosso per un giorno intero, che a Lanuvio, nel tempio di Giunone Sospita, si era levato di notte un grande strepito, che a Frosinone era nato un agnello con la testa di maiale e a Sinuessa un porco con la testa d'uomo. I decemviri, in base a quanto risultava dai libri, ordinarono che si celebrassero i medesimi riti che erano stati celebrati dopo un precedente prodigio, e inoltre comandarono che fosse intonato (cani) un carme (religioso) da ventisette vergini che attraversassero (irent per) la città e che fosse portato un dono a Giunone regina.
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- Versioni dai Libri di Esercizi