La Grande Jatte di George Seurat, è l’opera che più di tutte rappresenta il superamento della poetica impressionista. Alla descrizione della realtà come riflesso di una “visione soggettiva”, nella quale lo studio della luce, serve a catturare un’impressione, G. Seurat, impone una visione del tutto “oggettiva” affermando il bisogno, nella pittura, di un fondamento scientifico: “il quadro è un campo di forze interagenti che formano l’immagine e non uno schermo dove si proietta l’immagine”. Il clima culturale, nel quale G. Seurat si imbatte per riscattare l’arte, è quello di una realtà sempre più tecnologica, che mette in secondo piano il lavoro degli artisti, in una condizione di inferiorità; si pensi, all’invenzione in quegli anni della fotografia. Le “forze interagenti” che costruiscono l’immagine, di cui parla G. Seurat, non sono altro che i colori puri accostati agli “innumerevoli fenomeni di irradiazione e riflessione della luce”( essendo la luce il risultato della combinazione di più colori). La tecnica pittorica utilizzata da G. Seurat per la sua grande opera è quella del puntinismo : i toni ( luce-colore) sono il risultato dell’accostamento di tanti puntini colorati). Ripensa in maniera totalmente diversa, una giornata di sole sulle rive della Senna. Nonostante che lo spazio della rappresentazione sia quello empirico degli impressionisti, non prospettico ma, espresso nel rapporto di luce e colore, non dà però quella “sensazione improvvisa”. La composizione è invece, il risultato di orizzontali e verticali, nella quale “i corpi sono manichini geometrizzati e disposti sull’erba come pedine su una scacchiera in un ritmo di intervalli calcolato”. Non riproduce la brillantezza tipica impressionista, razionalizza, riportando regolarità e omogeneità, tant’è che le figure umane sono fatte dello stesso “pulviscolo multicolore” che pervade lo spazio.
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