Galileo Galilei
Secondo Galileo la funzione della fisica è la conoscenza della natura non come indagine sulle essenze dei fenomeni, ma sulle leggi che li regolano.
Questo dà vita ad una nuova concezione del rapporto causale diversa da quella metafisica aristotelica secondo cui era necessario lo studio delle cause dei fenomeni per la determinazione dei loro effetti. Essendo il concetto di causalità libero da ogni significato di fine e riferimento antropomorfico, l’indagine deve vertere sulle leggi meccaniche.
La scienza ha il compito quindi di descrivere e spiegare i fenomeni attraverso teorie matematiche. Lo strumento dell’indagine è la matematica che, oltre a consentire di rappresentare la realtà in termini quantitativi , permette di formulare con esattezza i principi delle teorie e di determinare le conseguenze deducibili. Ci deve essere un’attenta collaborazione fra l’osservazione empirica, con le dirette conseguenze che se ne traggono e i puri ragionamenti matematici i quali non devono indurre a escludere l’esperienza, ma servono a renderla più comprensibile.
Per la rigorosità dell’osservazione è necessario l’uso di strumenti che consentano di analizzare i dati dal punto di vista quantitativo. Si fonda un nuovo rapporto tra scienza e tecnica in cui lo scienziato deve sfruttare le scoperte di quest’ultima e, con i suoi studi, risolvere i problemi tecnici.
Galileo sostenne sempre l’indipendenza della scienza la quale deve sottostare alla sola autorità della ragione. Egli condusse una battaglia per liberare la scienza dall’influenza della tradizione religiosa e della tradizione filosofica. Nei confronti della religione, essendo uomo di fede, sostenne che sia la natura che la Bibbia, la quale conteneva concezioni che sembravano andare contro la moderna scienza, derivano da Dio e come tali non possono contraddirsi; le contraddizioni fra le verità scientifiche e quelle religiose sono quindi solo apparenti. La Bibbia va interpretata in quanto essa contiene una verità etico – religiosa, ma per quanto riguarda le verità naturali è la scienza che deve raggiungerle; l’interpretazione della Bibbia deve quindi adattarsi alla scienza.
Galilei ha dato un decisivo contributo alla scienza moderna, tanto da esserne considerato il padre, individuando un metodo per procedere nello studio dei fenomeni. Non espone tuttavia organicamente questo modo di procedere, lo applicò senza teorizzarlo . Dai suoi scritti si possono comunque ricostruirne le fasi.
Inizialmente si divide il lavoro in un momento risolutivo e in uno compositivo. Nel primo si ha lo studio degli elementi semplici quantitativi e misurabili e si formula un’ipotesi matematica della legge. Il secondo momento è costituito dalla verifica e dall’esperimento, in base al risultato del quale si controlla la verità dell’ipotesi ; se essa viene confermata diviene legge. Nel caso contrario lo scienziato è costretto ad avanzare un’altra ipotesi .
Ma l’effettivo criterio con cui Galileo avanza consiste in una compresenza fra l’indagine empirico induttiva e il momento ipotetico deduttivo. Questo significa che egli in certi casi, come nelle leggi sulle fasi di Venere, procede dall’osservazione di casi particolari giungendo ad una legge generale quindi per via empirica. In altri, come il principio d’inerzia o la caduta dei gravi, parte da ragionamenti logico matematici scaturiti da un’intuizione di base e procedendo per supposizioni formula la teoria; a questo punto lo scienziato si riserva la verifica.
L’oscillazione fra induttivismo e deduttivismo ha dato vita a diverse interpretazioni e lo stesso Galileo, in certi passi, scrive che l’esperienza empirica va anteposta ad ogni discorso, ma in altri: "senza esperienza son sicuro che l’effetto seguirà come vi dico, perché così è necessario che segua".
In realtà possiamo affermare che vi è una sostanziale implicanza ed indissolubilità fra i due aspetti; infatti l’esperienza va rielaborata razionalmente per spogliarla dei caratteri qualitativi e le ipotesi e supposizioni fanno comunque riferimento alla realtà poiché necessitano della verifica sperimentale.
Dal metodo emerge come sia cambiato il concetto di esperienza che non è più legata immediatamente all’apparenza sensibile , ma presuppone una elaborazione di dati e una costruzione teorica. Ciò determina una frattura fra la comune concezione delle cose e la fisica che caratterizzerà tutta la scienza moderna.
Dovendo essere dimostrata con l’esperimento, l’esperienza finisce con l’identificarsi proprio con questo. L’esperimento deve riprodurre il fenomeno in laboratorio dove si devono ricreare le autentiche condizioni, ma nel far questo bisogna ridurre al massimo i fattori di disturbo come ad esempio l’attrito nel moto nel moto dei corpi; talvolta Galileo deve anche procedere con esperimenti ideali. Tale procedura è utilizzata dallo scienziato quando, soprattutto per mancanza di strumenti tecnici, non è in grado di verificare le proprie teorie e deve ricorre ad una sorta di fisica ideale, in cui immagina ad esempio piani perfettamente levigati o assenza di determinate forze…
La dinamica
I contributi di Galileo nella meccanica e in particolare nella dinamica dei corpi sono di fondamentale importanza.
Anche se non ne enunciò mai la legge intuì il primo principio della dinamica. Egli osservò che un corpo, che può risalire, per mezzo della velocità acquistata nella caduta, raggiunge la stessa altezza iniziale indipendentemente dalla traiettoria seguita. Così un pendolo portato dalla posizione di equilibrio ad una certa altezza, una volta abbandonato raggiunge quasi la stessa altezza, la piccola differenza è dovuta agli attriti.
Galileo considerò poi una sferetta lasciata rotolare in un piano inclinato, la quale raggiunge quasi la stessa altezza se fatta risalire lungo un secondo piano inclinato. Riteneva che in assenza di attrito le altezze sarebbero state uguali. Ora, variando l’inclinazione del secondo piano, la sferetta raggiunge sempre la stessa altezza indipendentemente dall’inclinazione. La decelerazione è minore al diminuire dell’inclinazione del secondo piano, in quanto su piani più inclinati percorre più spazio rispetto a quelli con inclinazione maggiore. Quindi quando l’inclinazione del secondo piano è nulla, ovvero esso diventa orizzontale, la decelerazione è zero; pertanto Galileo intuì che in tali condizioni la sferetta si sarebbe mossa con velocità costante e che il suo moto sarebbe stato perpetuo. Questo naturalmente immaginando idealmente l’esperimento in assenza di attriti.
Un altro grande contributo di Galileo per la meccanica moderna è la scoperta del secondo principio della dinamica: le forze applicate ai corpi non imprimono loro delle velocità, bensì della accelerazioni (anche se Galileo non utilizzò precisamente questo termine) che risultano direttamente proporzionali alle forze che le hanno prodotte. Con questo principio si può determinare il concetto di accelerazione come variazione di velocità e il concetto di massa di un corpo come rapporto di proporzionalità fra le forze ad esso applicate e le accelerazioni prodotte da tali forze. Galilei trovò conferma di questo principio nello studio della forza di gravità che nel medesimo luogo risulta proporzionale alle masse dei corpi.
- Tesine