Riassumiamo il metodo sperimentale galileiano: preparato il terreno con una pars destruens, si parte dall’ esperienza attraverso la formulazione di un’ ipotesi ( formulata in termini matematici, di rapporti che legano dinamicamente due fenomeni: anche quando i fenomeni mutano il rapporto rimane costante ), poi si passa alla verifica sperimentale ( si tolgono gli elementi di disturbo per poter effettivamente misurare in termini matematici ), se possibile si dimostra subito l’ ipotesi, altrimenti si dimostra il teorema ( che è la conseguenza matematica dell’ ipotesi ); dalla verifica del teorema si considera dimostrata l’ ipotesi e quindi la legge. E se il teorema non fosse un dato verificato? Dovremmo eliminare l’ ipotesi e cercarne un’ altra? Ma Galileo fa un’ affermazione apparentemente sconcertante: ” sì e no “; l’ ipotesi sul piano fisico è evidentemente da scartare, non corrisponde a come funziona il mondo; però per Galileo essa continuerebbe a rimanere valida sul piano matematico. Mettiamo il caso che l’ ipotesi di prima non sia stata correttamentre dimostrata; dell’ ipotesi risultata indimostrata ( perchò indimostrato il teorema ) resterebbe vero che in un mondo ” uniformemente accelerato ” gli spazi percorsi saranno proporzionali al quadrato dei tempi. Una cosa è la realtà fisica, un’ altra è la realtà matematica. D’ altronde Galileo, grande ammiratore di Archimede, aveva studiato la sua legge dei moti spiraliformi: gli spazi successivi occupati da un corpo che si muove in modo spiraliforme. Galileo faceva giustamente notare che il fatto che in natura non esistano moti spiraliformi non toglie validità alle leggi di Archimede. E’ un pò la stessa questione del sistema tolemaico: fisicamente è senz’ altro sbagliato, ma matematicamente quadra perfettamente. Nell’ ammettere che le realtà matematiche corrette non debbano per forza essere corrette fisicamente, emerge ancora il platonismo di Galileo: Galileo attribuisce come aveva fatto Platone valore autonomo alla coerenza interna delle teorie, quasi come se il moto uniformemente accelerato esistesse in un’ altra realtà ( il mondo delle idee, avrebbe detto appunto Platone ). La dimensione delle certe dimostrazioni in Galileo finisce per essere più importante rispetto a quella delle sensate esperienze. E’ interessante quello che Galileo ci dice sulla costruzione del telescopio in una lettera: anche qui finiscono per risultare più importanti le certe dimostrazioni; non descrive affatto dei concreti tentativi come avrebbero potuto fare gli artigiani olandesi; Galileo invece ci descrive un puro e semplice ragionamento su quali risultati si sarebbero potuti ottenere da una determinata combinazione di lenti concave e lenti convesse. Quello che descrive nella lettera è un puro e semplice calcolo mentale: anche su questo piano prevalgono le certe dimostrazioni. Poi, sempre riguardo alla questione del telescopio, quando guarda sulla Luna e vede cose di cui non può avere una verifica empirica, ecco allora che ritorna in gioco il concetto già trattato della estrapolazione ( da dati disponibili ricavarne uno che non si ha ): infatti non appena Galileo arrivò a dichiarare pubblicamente ciò che aveva visto in cielo, la prima cosa che gli obiettarono fu: ” la lente ha deformato la realtà ; ciò che dici non è vero ! “; poi ci furono obiezioni più sottili, per esempio ci fu chi disse ” ciò che vedi è vero, ma può essere interpretato in modo diverso “. Galileo per difendersi da coloro che dicevano che ciò che vedeva era falso, un errore della lente dovette appunto ricorrere all’ estrapolazione, che implica il ricorso all’ esperienza, ma fino ad arrivare ad un limite che si colloca oltre l’ esperienza stessa. Per usare l’ estrapolazione con il telescopio si deve prima osservare qualcosa verificabile concretamente: faccio osservazioni e poi le verifico andando ad esaminare l’ oggetto in questione di persona; ciò che avevo visto col telescopio era effettivamente vero. Poi ripeterò l’ operazione con un oggetto più distante di quello esaminato prima e vedrò che effettivamente ciò che vedo col telescopio corrisponde alla realtà perchò posso verificare di persona; aumenterò sempre più la distanza degli oggetti presi in esame. A questo punto posso fare un’ estrapolazione: se quello che osservo a 10, 20, 100 metri è vero quando poi vado a verificarlo concretamente, che cosa mi impedisce di credere che quello che vedrò alla distanza Terra – Luna non sia anch’ esso vero? E’ lo stesso ragionamento della densità con l’ olio, l’ acqua e l’ aria.
- Tesine