Vita, opere e impianto filosofico Georg Simmel nasce a Berlino il 1° marzo 1858, in una famiglia ebrea convertita al cristianesimo e muore a Strasburgo il 28 settembre 1918. Nel 1881 consegue la laurea presso l’università di Berlino e nel 1885 ottiene la cattedra. Le sue prime opere riguardano la filosofia della storia e la sociologia. Ricordiamo tra le più importanti: “Sulla differenziazione sociale” (1890); “I problemi della filosofia della storia” (1892); “Il problema della sociologia” (1894); “Filosofia del denaro” (1900); “La metropoli e la vita dello spirito”. Tra il 1900 e il 1914 compone altre opere, portando avanti la sua ricerca sociologica e alcuni saggi sul relativismo. Nel 1914 diventa professore ordinario all’Università di Strasburgo e, proprio durante la guerra, scrive le sue ultime opere, riguardanti esclusivamente la filosofia della vita: “Il conflitto della cultura moderna”; “Sulla filosofia della religione” (1912); “L’intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici” (1918). L’influsso di Simmel, che ha avuto tra i frequentatori delle sue lezioni berlinesi E. Bloch, G. Lukà cs, M. Buber, R. Pannwitz, ò stato notevole sia sul pensiero filosofico, sia su quello sociologico (anche americano). L’esistenzialismo, poi, ha ripreso alcuni dei temi da lui affrontati; si pensi in particolare all’originale trattazione del problema della morte e del tempo. La prima fase del suo pensiero ò caratterizzata dal tentativo di inserire la tradizione kantiana nel positivismo evoluzionistico di Fechner, Spencer e Darwin (“Sulla differenziazione sociale”, 1890; “I problemi della filosofia della storia”, 1892; “Introduzione alla scienza morale”, 1892-93; “Filosofia del denaro”, 1900). Con la crisi del positivismo, Simmel si avvicina al neokantismo e alla filosofia dei valori di Windelband e Rickert, nonchè alla fenomenologia di Husserl. Questa fase, pur muovendo dal riconoscimento di forme e valori ideali che sovrastano l’accidentalità empirica del mondo fenomenico, presenta una prevalente tendenza relativistica (“Kant. Sedici lezioni”, 1904; “Kant e Goethe”, 1906; “La religione”, 1906; “Schopenhauer e Nietzsche”, 1907; “Sociologia. Ricerca sulle forme di associazione”, 1908; “Problemi fondamentali della filosofia”, 1910; “Cultura filosofica”, 1911; “Goethe”, 1913, “Rembrandt”, 1916). Nell’ultima fase della sua opera, in cui si accentuano le tendenze mistiche, Simmel sviluppa una concezione vitalistica, una vera e propria filosofia della vita intesa come accettazione rassegnata dell’eterno conflitto tra soggetto e oggetto. Unico rimedio ò il mondo dell’ arte, ancora caratterizzato dalla libertà . La vita si manifesta come contrasto tra lo spirito e le sue stesse forme. Lo spirito vitale deve continuamente travalicare la non-vita di ciò che ò semplice esistenza e deve nel contempo trascendere l’irrigidirsi delle forme spirituali medesime, in quanto destinate a cadere nella non-verità . Questo contrasto non può mai metter capo a una verità definitiva e assoluta. Anche la filosofia non può che essere espressione di “tipi o forme molteplici della spiritualità umana” (per esempio la concezione del mondo di Schopenhauer e, nello stesso tempo, il suo opposto specifico proposto da Nietzsche). In ognuno di questi tipi, la vita pulsa per un attimo, per poi passar oltre: la metafisica della vita non può trovare espressioni adeguate e definitive della sua verità . Il contrasto tra la vita e le forme ò infatti l’elemento necessario in cui vive la vita stessa. Esso si esprime in vari modi: nella morte, dove la vita non conosce soltanto la propria cessazione, ma anche il suo limite immanente, in un’anticipazione che presuppone un’esperienza del tempo diversa da quella della successione irreversibile degli attimi; la morte diventa così capacità di individuazione, giacchè “solo ciò che ò unico e irripetibile può propriamente morire”. Un’altra espressione del contrasto ò il dovere morale, sentito come autonoma capacità normativa. Il contrasto, infine, costituisce ciò che Simmel chiama la tragedia della cultura, cioò la tendenza sempre perdente delle forme culturali a conservarsi contro la vita che le ha prima incorporate e poi superate. Nel mondo contemporaneo la resistenza delle forme si riduce progressivamente: la vita manifesta un’avversione definitiva per la forma in quanto tale; a ciò corrisponde allora una tragedia sociale: l’individuo rifiuta sempre più di sottomettersi passivamente alle forme e istituzioni sociali. Da qui una permanente conflittualità che si pone alla base del processo stesso di socializzazione. La filosofia del denaro La “Filosofia del denaro” (1900) ò stata spesso considerata l’opera migliore di Simmel: essa pone il denaro come simbolo dell’epoca moderna, epoca caratterizzata dall’impersonalità dei rapporti umani, sempre più freddi e distaccati, per analizzare poi, nell’ultima parte dell’opera, le conseguenze negative derivanti dalla sempre maggiore diffusione di questa organizzazione monetaria della società , e riconosce nella più grave, la riduzione dei valori qualitativi a valori quantitativi (tutte tematiche già in qualche misura toccate da Marx stesso), dato che la vita diventa un continuo calcolo matematico, che porta alla prevaricazione da parte dell’attività intellettuale delle attività spirituali, in particolar modo di quelle affettive ed emotive. L’ambiente perfetto per questa società ò la grande città : gli effetti che suscita nell’individuo vengono studiati ne “La metropoli e la vita mentale”. L’uomo diventa un piccolo ingranaggio rispetto all’enormità di tutto il sistema, ed ò costretto ad aumentare la sua attività nervosa per adattarsi ai veloci cambiamenti tra sensazioni esterne ed interne. Il tema principale della “Filosofia del denaro”, ò però il predominio dello spirito oggettivo su quello soggettivo, che porta sino all’alienazione totale dell’individuo: causa principale di questa situazione ò la divisione del lavoro dopo l’invenzione delle macchine; l’uomo diventa parte di un processo di produzione, non si riconosce più come autore del lavoro. Per Simmel l’individuo moderno ò mobile, fluido, plasmabile ma nel senso di un intreccio variabile di realtà date e di possibilità costruite. L’uomo moderno ò simile a una cifra da cassaforte, formata da elementi comuni a tutti gli altri, mescolati però in modo da produrre una precisa e inconfondibile combinazione. Nel passato l’uomo era incapsulato dentro una molteplicità di sfere tendenzialmente concentriche (famiglia, stirpe, corporazione, Stato, Chiesa). Abbandonando tale ordine e ponendo il singolo all’intersezione di circoli sociali eccentrici, la società contemporanea avanza invece verso una accentuata differenziazione. L’individuo diventa così tanto più se stesso, quanto più ingloba tratti di universalità condivisi con altri e quanto più allarga il ventaglio delle combinazioni possibili (la tematica della massificazione ò sullo sfondo). Oscillando tra processi di socializzazione e di personalizzazione, ciascuno ha ora l’opportunità , non sempre colta, di realizzarsi. Dare senso alla propria vita quando la centralità dell’individuo non ò più garantita dalle istituzioni, ò tuttavia un’impresa ardua. A ogni accrescimento del ruolo della soggettività si produce infatti, come contraccolpo, una dilatazione dell’ambito dell’oggettività (e viceversa), nel senso, ad esempio, in cui la razionalità inserita in una semplice macchina da cucire (oggettività priva di coscienza, progettata però consapevolmente da uno o più uomini) prende il posto della coscienza, dell’abilità , della capacità , dell’attenzione della donna che con l’ago e il filo eseguiva a mano le medesime operazioni. Simili movimenti risultano ora inglobati nella razionalità interna della macchina, in cui lo spirito ò – per così dire – trapassato. La diffusione delle macchine esonera dalle mansioni più pesanti o che richiedono maggior tempo, ma la prestazione si paga, persino nel campo dei lavori domestici. Alla donna di determinati ceti si spalanca infatti, all’improvviso, un inatteso spazio di virtualità , di tempo libero, di cui essa però non ha ancora appreso a godere. La nuova condizione la mette anzi in conflitto con il proprio ruolo tradizionale, giacchè il matrimonio in quanto istituzione non ha progredito con la stessa velocità dello “spirito soggettivo” dei coniugi e delle innovazioni tecniche. La liberazione dalle fatiche non si traduce così in una maggiore soddisfazione personale, in un aumento sensato del tempo di una vita sensata: moltissime donne della classe borghese hanno visto sfuggire il contenuto attivo della vita senza che con altrettanta rapidità altre attività o altre mete siano subentrate nel posto rimasto vuoto. La frequente insoddisfazione delle donne moderne, l’inutilizzabilità delle loro forze che retroagendo provocano tutta una serie di turbamenti e di distruzioni, la loro ricerca, in parte sana e in parte morbosa, di conferme in un ambito esterno alla casa, ò il risultato del fatto che la tecnica nella sua oggettività ha preso un cammino proprio, più rapido della possibilità di sviluppo delle persone. Quanto più la razionalità emigra dalla coscienza soggettiva e si insedia in automatismi e supporti materiali (come il denaro), tanto più il singolo rischia dunque di venire svuotato delle sue precedenti prerogative. La razionalità tende a diventare priva di senso e il senso privo di razionalità . Il trasferimento della spiritualità entro automatismi oggettivi lascia tuttavia agli individui uno spazio sempre più ampio di libertà e di indeterminatezza. Essi non si devono ora preoccupare tanto di sopravvivere, quanto di non “sottovivere”, ossia di non restare al di sotto delle proprie possibilità inespresse. La pienezza e il significato della vita si ritrovano però in tempi e spazi virtuali. Ad essi giungiamo in un movimento che solo apparentemente va verso le cose future, e in direzione di paesi esotici. Li scopriamo invece nel presente e dentro di noi. Ciò che si dimostra dapprima estraneo o straniero ò già in noi, ò anzi noi. Attraverso un falso movimento, Simmel scopre l’essenziale nell’inessenziale, fissando il centro dei nostri interessi nella periferia della vita consueta: nel marginale, nell’eccentrico, nelle possibilità non saturate che ci vengono incontro come un dono o come il risultato di un’attività non interamente nostra, non interamente voluta (l’avventura, i sogni, le opere d’arte). Attraversando spazi logicamente intransitabili, si varca con il desiderio la parete dello specchio che separa il reale dall’immaginario, si penetra in un mondo senza spessore che appare più significativo di quello in cui tridimensionalmente ed effettivamente viviamo. Si stabilisce un gioco di vicinanza e di lontananza. Siamo sospinti verso una zona di irrealtà che soddisfa, verso un’illusione più vera di ogni realtà che ci circonda. Si aprono così impreviste e improbabili finestre di senso, mondi extraterritoriali alla realtà e al tempo cronologico, che alludono a un’altra esistenza più degna di essere vissuta, a una gemma incastonata nella banalità del quotidiano. Filosofia e psicologia La filosofia non può, secondo Simmel, essere disgiunta dalla psicologia. Ogni visione del mondo si lega alla vita degli individui e muta con il mutare di questa. La stessa filosofia non ò oggettiva, ma esprime un tipo di reazione dell’individuo ai problemi della comunità di cui fa parte: ò un “tipo”, cioò un modello nè individuale nè universale, ma dotato di universalità personalizzata, tradottasi nella specificità della persona di un filosofo. Non esiste, quindi, una verità assoluta: ad esempio, la proposizione “tutto cambia”, “tutto evolve”, si evolve essa stessa. Occorre quindi abbandonare ogni pretesa di trovare un fondamento ultimo della scienza, la conoscenza scientifica ò relativa, non assoluta. Il relativismo (quello affacciatosi sulla storia della filosofia con Protagora) investe in pieno la storia e la società , nonchè le scienze che le studiano: ogni formazione storica e sociale costituisce un mondo a sè, regolato dai propri principi e valori e non commisurabile ad altri. La storia ò una specie di psicologia applicata, perchè il suo contenuto umano presuppone che gli eventi siano analizzabili anche come eventi psichici. Lo storico non può pervenire a una conoscenza oggettiva del passato ma deve mirare a una “penetrazione psicologica” che gli consenta di rivivere i caratteri dell’epoca che sta indagando. La comprensione storica rivela allora una molteplicità di mondi (religione, filosofia, arte, scienza) che coesistono, fondandosi ognuno su un proprio principio organizzativo. Nell’individuo tali mondi si trovano l’uno accanto all’altro, senza richiedere mai una conciliazione definitiva. La pluralità dei mondi e il loro sviluppo vengono studiati alla luce di una concezione biologica della vita spirituale: in ogni sfera si afferma progressivamente una tendenza organica che ò espressione dell’autopotenziarsi della vita, la quale seleziona quelle verità che la favoriscono, mentre accantona come falso ciò che le ò dannoso. Esiste quindi un’identificazione tra verità e utilità vitale. Metropoli e personalità Simmel ha formulato interessanti riflessioni di carattere sociologico in virtù delle quali viene considerato uno dei padri della sociologia. In particolare nel breve saggio “Metropoli e personalità “, egli individua alcuni caratteri essenziali della metropoli del proprio tempo fornendo chiavi interpretative che tuttora, trascorso parecchio tempo e cambiate radicalmente le condizioni di vita dell’uomo, risultano di estremo interesse ed attualità . Simmel guarda, con un certo distacco, la metropoli, gli uomini che la popolano, le interazioni sociali che in essa si verificano e confronta quanto osservato con i corrispondenti fenomeni che avvengono in una piccola città . Dal confronto emergono due osservazioni, due differenze sostanziali fra metropoli e piccole città o ambienti rurali dalle quali Simmel trae due categorie interpretative che, utilizzate congiuntamente, permettono di spiegare alcuni fenomeni metropolitani: 1) osservazione di carattere neuro-psicologico: nella metropoli gli abitanti ricevono un ricco insieme di stimoli che evolvono e cambiano rapidamente, un susseguirsi di impressioni ed immagini che affollano la loro mente. Spostandosi in ambiente rurale da tale ritmo veloce, conseguente alle intense stimolazioni nervose, si passa ad un ritmo lento. Il ritmo della vita e delle immagini sensorie mentali scorre più lentamente, più abitudinariamente e con maggior uniformità . 2) osservazione di carattere economico: la città ò sede dell’economia monetaria. Qui tutti gli scambi sono regolati con il denaro. Per dirla con Simmel, “l’economia del denaro domina la metropoli”. Il baratto, lo scambio diretto di beni, spariscono e chi produce lavora per il mercato, per un consumatore che non conosce e che non incontra mai direttamente, un consumatore che effettua i propri acquisti presso vari commercianti, intermediari che grazie all’esistenza del denaro possono più facilmente speculare sugli acquisti e sulle vendite ricavando un guadagno personale senza aver realizzato alcun prodotto. In realtà all’origine dello sviluppo dell’economia del denaro e della divisione del lavoro sta la rivoluzione industriale, il mutamento delle modalità di produzione e del sistema di scambi. Ma a Simmel non interessa indagare tale circostanza; egli intende soprattutto esaminare le peculiarità psicologiche del carattere degli individui che abitano in un’area urbana e le conseguenti interazioni sociali. Consideriamo ora alcune caratteristiche dell’ambiente metropolitano che Simmel ha individuato e spiegato attraverso i due paradigmi interpretativi descritti. Intellettualità sofisticata: la prima di queste caratteristiche consiste nell’intellettualità sofisticata, nel distacco e nella razionalità che, secondo Simmel, sono tipiche dell’uomo metropolitano. Come conseguenza della prima osservazione che vede la metropoli luogo di sovrastimolazione sensoriale Simmel, utilizzando un approccio evoluzionista, deduce che necessariamente l’uomo metropolitano, per adattarsi all’ambiente, ha sviluppato un organo di difesa che lo protegge dagli eccessivi stimoli a cui ò sottoposto: l’ intelletto. Ha imparato a rispondere ai numerosi stimoli che lo colpiscono reagendo con l’intelletto anzichè con il cuore. Per difendere, tutelare la propria vita soggettiva contro il potere opprimente della vita metropolitana il cittadino ha sviluppato una intellettualità sofisticata, una indifferenza per qualsiasi individualità e un’abitudine ad instaurare rapporti formali e distaccati. E’ facile osservare che gli abitanti di una grande città hanno una sorta di riservatezza, riserbo, indifferenza verso gli altri concittadini. Ciò perchè se ai continui contatti esterni con innumerevoli individui corrispondessero altrettante reazioni interne, come avviene nelle cittadine dove si conoscono quasi tutte le persone che si incontrano, sarebbe impossibile condurre normalmente la propria vita quotidiana. Il risultato di questo riserbo ò che spesso non si conoscono neppure superficialmente quelli che sono stati per anni i nostri vicini. Il denaro Anche il carattere monetario dell’economia cittadina contribuisce a spiegare, accrescere e rafforzare l’intellettualità , la razionalità del cittadino metropolitano. L’uomo abituato a rapportare tutto con il denaro acquisisce un atteggiamento pragmatico nel trattare gli uomini e le cose, un atteggiamento in cui a una giustizia formale si unisce una durezza spietata. Il denaro riduce qualsiasi qualità e ogni individualità alla domanda: quanto? ” L’altro viene ad essere considerato solo, o prevalentemente, in termini di un egoistico tornaconto personale. Ciò che interessa ò solo il rendimento oggettivo misurabile. Così le relazioni, le interazioni con gli altri divengono quasi sempre delle pure contrattazioni. Dunque l’uomo ò spinto, condizionato, anche dall’ambiente economico in cui vive a rapportarsi con i propri simili utilizzando l’intelletto anzichè il cuore. L’atteggiamento blasè Un’altra caratteristica tipica dell’ambiente metropolitano ò l’atteggiamento blasè: l’individuo ostenta indifferenza e scetticismo e risponde in maniera smorzata a un forte stimolo esterno a causa di una precedente sovrastimolazione, o meglio in conseguenza di stimolazioni nervose in rapido movimento, strettamente susseguentesi e fortemente discordanti. La più immediata causa all’origine di questo atteggiamento ò la sovrastimolazione sensoriale offerta dalla città . Il cittadino sottoposto a continui stimoli in qualche modo si abitua, diviene meno recettivo. Il susseguirsi quotidiano di notizie ed emozioni fa divenire tutto normale, consuma le energie. Così subentra un’incapacità di reagire a sensazioni nuove con la dovuta energia e questo costituisce quell’atteggiamento blasè che, infatti, ogni bambino metropolitano dimostra a paragone di bambini provenienti da ambienti più stabili e tranquilli. Gli aspetti economici, l’economia monetaria e la divisione del lavoro alimentano anch’essi l’atteggiamento blasè. Il denaro ò l’equivalente, l’unità di misura e spesso l’unico termine di confronto, di tutti gli innumerevoli oggetti, fra loro molto diversi, di cui dispone l’uomo. Oggetti per altro acquistati da un mercante e non da chi con fatica ed intelligenza li ha prodotti. Naturale conseguenza ò la perdita dell’essenza e del significato delle cose. Tutto diventa opaco, la valutazione pecuniaria dell’oggetto finisce col divenire più importante delle sue stesse caratteristiche. Così si acquisisce l’insensibilità ad ogni distinzione, che ò un’altra caratteristica dell’atteggiamento blasè. La monetizzazione del tempo Ulteriore caratteristica metropolitana ò la precisione con cui tutto ò misurato, monetizzato e calcolato. Anche il tempo delle persone, quindi la loro vita o parte di essa, viene accuratamente misurato e monetizzato. Nella metropoli gli individui agiscono in modo sincrono. L’orologio permette e regola il funzionamento di tutte le metropoli, misura la vita e ne consente una quantificazione economica, la monetizzazione del tempo. L’importanza assunta dal tempo, dalla più rigida puntualità nelle promesse e nei servizi e quindi dal corrispondente strumento di misura: l’orologio, ò conseguente soprattutto alla complessa organizzazione della vita metropolitana, alla divisione e specializzazione del lavoro. Organizzazione che a sua volta deriva dall’elevato numero di persone che vivono nella stessa città e quindi dalle inevitabili distanze che separano individui luoghi ed attività e che rendono ogni attesa e ogni appuntamento mancato un intollerabile spreco di tempo che la società non può permettersi. La maggiore libertà possibile La metropoli ò anche il luogo della società in cui, secondo Simmel, l’uomo gode della maggior libertà possibile. Libertà che deriva proprio dalle caratteristiche fin qui descritte ed in particolare da quel riserbo, quell’indifferenza e quel distacco che caratterizzano i rapporti interpersonali metropolitani. Dunque l’uomo metropolitano ò libero rispetto alla meschinità e ai giudizi che limitano l’uomo della piccola città . Purtroppo l’altra faccia di questa maggior libertà ò che nella folla metropolitana ci si sente tanto soli e sperduti come non mai. E ciò non deve stupire perchè non ò assolutamente stabilito che la libertà dell’uomo assuma per la sua vita emotiva un ruolo confortevole. Evoluzione umana e sociale Nella metropoli Simmel individua inoltre alcuni aspetti dell’evoluzione umana e sociale conseguenti soprattutto alla rivoluzione industriale. Mentre l’uomo primitivo conquistava la propria sopravvivenza nella quotidiana lotta contro la natura il cittadino moderno, dice Simmel, combatte ogni giorno contro il livellamento e lo sfruttamento perpetrato ai sui danni dalla società e dalla tecnologia. Attraverso queste battaglie, il cittadino difende la propria sopravvivenza fisica e sociale, la propria posizione. La città ospita una molteplicità di imprese e di organizzazioni che necessitano di una ricca serie di servizi. Nel contempo la concentrazione di persone e la loro lotta per conquistare una propria individualità emergendo sugli altri spinge ciascuno a specializzarsi in una funzione in cui non possa essere facilmente sostituito da un altro. Si può quindi affermare che la vita cittadina ha trasformato la lotta con la natura per il sostentamento in una lotta tra uomini per il guadagno, guadagno che non ò offerto dalla natura, ma da altri uomini.
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- Filosofia - 1900