GIACOMO BALLA: VITA E OPERE. Giacomo Balla (1874 – 1958), la cui adesione al futurismo, dopo gli inizi veristi e divisionisti, è tale da indurlo a firmarsi “Futurballa”, approfondisce soprattutto il problema della rappresentazione, sulla superficie immobile del quadro, della continuità del movimento, ossia dello spostamento continuo dello stesso oggetto entro lo spazio, problema che risolve ripetendo più volte, in posizioni diverse ma attigue, la stessa forma, come nel celebre Dinamismo di un cane al guinzaglio o ne Le mani del violinista.
GIACOMO BALLA: LE OPERE IMPORTANTI E FAMOSE. Un quadro come Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912), è infatti doppiamente dipendente dall’immagine fotografica: sia per l’inquadratura, che taglia la scena all’altezza delle caviglie della padrona del cane, sia per l’effetto “dinamico”, cioè lo studio analitico dei movimenti delle gambe della signora, delle zampe e della coda del cane. L’idea è quella enunciata nel Manifesto tecnico della pittura futurista, cioè per la persistenza dell’immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano. Ed in effetti è vero che, se un oggetto qualsiasi, per esempio la nostra mano, passa velocemente davanti ai nostri occhi, noi continuiamo a vederne l’immagine per tutta la durata del percorso, quando già è giunta dalla parte opposta: che è poi, il principio sfruttato nella tecnica cinematografica, rifiutato polemicamente dai futuristi, forse perché, all’epoca, il paragone con il cinematografo poteva apparire erroneamente degradante per la pittura, mentre ambedue sono arti visive, anche se la storia dell’una ha inizio con la più lontana origine dell’uomo e quella dell’altro è recentissima. Balla esprime in queste sue composizioni la sua propria personalità nella leggerezza dei toni, nelle trasparenze dovute alle sovrapposizioni, quasi rendendo la diminuzione di peso di tutto ciò che si muove e, in particolare, il virtuosismo del violinista e l’eleganza della signora che conduce a spasso il suo cagnolino. Altrove invece raggiunge vigore, per esempio in Profondità dinamiche (1912); o nell’ansia sperimentale caratteristica delle avanguardie, crea Composizioni iridescenti (1913) ove, mediante la ripetizione di forme modulari geometriche (e perciò stabilite, o programmate, preventivamente), mediante il passaggio graduato dai colori fondamentali a quelli complementari, mediante la compenetrazione dei colori e quindi la loro reciproca influenza, esprime quella sensazione ottica di dinamismo che sarà propria dell’arte a venire, detta “cinetica e programmata”. L’interesse al colore, che in alcuni casi sarà addirittura “avvenente”, è provato anche nel Manifesto del colore, scritto da Balla nel 1918, dove senza dirlo, ne sottintende l’importanza come mezzo espressivo del mondo interiore, poiché data l’esistenza della fotografia e della cinematografia, la riproduzione pittorica non interessa né può interessare più nessuno. È un’osservazione importante, anche se poi tutto il Manifesto è pieno della consueta confusione ideologica nazionalista che lo porta ad esaltare il colore solo perché privilegio del genio italiano e la pittura perché giocondissima, audace, aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica, violenta e perfino interventista. Dal 1930 ritornò ai temi figurativi degli anni pre -futuristi; città, paesaggi, ritratti, tra cui ricordiamo l’opera La fila per l’agnello (1942). Balla ha spesso preceduto, con le sue ricerche, i risultati dei movimenti artistici del primo Novecento (futurismo e dadaismo). Al di là dello sperimentalismo, tuttavia la sua opera possiede doti di fantasia cromatica, di ritmo dinamico e di rigore non figurativo che la collocano tra le prime espressioni dell’arte astratta italiana.
- Dal 700 all’Età Contemporanea
- Storia dell’arte - Dal Settecento all'Età Contemporanea