I presupposti fondamentali su cui poggia la filosofia naturale sono il materialismo e il meccanicismo, due aspetti tipici del 1600. Da un lato, tutta la realtà è corpo ( con la parola corpo dobbiamo intendere tutto ciò che, non dipendendo dal nostro pensiero, occupa spazio ). L’ estensione è quindi una prerogativa fondamentale del corpo, sebbene non sia identificata con esso, come invece aveva fatto a suo tempo Cartesio. Dall’ altro lato, al corpo è strettamente legato il movimento, dal momento che ogni cambiamento che avviene nella realtà si riduce a un moto di corpi o di parti all’ interno di essi: è la classica immagine del mondo visto come una tavola da biliardo dove i corpi si urtano tra loro causando spostamenti. Dai concetti di corpo e di movimento Hobbes fa dipendere anche quelli di spazio e tempo: lo spazio è il luogo occupato da un corpo fuori di noi e il tempo non è altro che l’ idea di successione prodotta da un corpo che si muove entro spazi progressivi. I princìpi materialistici e meccanicistici valgono anche per la definizione dell’ uomo, che fa parte a tutti gli effetti del mondo naturale: pensiamo a Cartesio che aveva definito l’ uomo come animale-macchina. La conoscenza nasce da un movimento prodotto negli organi sensoriali dall’ azione meccanica di un corpo esterno. Con un’ operazione analoga a quella compiuta da Gassendi, Hobbes muove una critica al passaggio cartesiano dal cogito al riconoscimento di una res cogitans. L’ attività della mente non è altro che una forma di moto in alcune parti del corpo organico e non può avere alcuna autonomia nei confronti della materia estesa. Lo stesso meccanicismo regge la vita emotiva dell’ uomo. Le passioni sono immediata conseguenza delle sensazioni che riceviamo dal mondo esterno. Infatti i fantasmi prodotti in noi dagli oggetti esterni possono assecondare il movimento vitale che regola il ciclo biologico dell’ uomo ( circolazione del sangue, nutrizione, respirazione… ) oppure costituire per esso un impedimento. Nel primo caso proviamo desiderio ( o appetito ) per la cosa di cui percepiamo il fantasma, nel secondo avversione per essa. Ecco allora che al desiderio e all’ avversione corrispondono amore e odio. E’ da queste coppie basilari di passioni che nasce l’ intera vita emotiva dell’ uomo: tutti gli altri sentimenti dell’animo non sono altro che loro manifestazioni sotto forma di combinazioni particolari e complesse. La stessa religione, considerata passione tra le passioni, non è che il timore ( ossia l’ avversione congiunta con l’ idea di un danno che può provenire dalla cosa avversata ) che si prova nei confronti di un potere invisibile. Ciò che desideriamo e amiamo è per noi buono, ciò che avversiamo e odiamo è per noi cattivo. Il bene e il male per Hobbes non sono valori assoluti da ricercare o da evitare in quanto tali; al contrario, essi si qualificano come bene o male solo in quanto vengono desiderati o avversati dal singolo individuo, vuoi spontaneamente, vuoi per via di un comando o di un divieto da parte della legge in vigore nello Stato. La morale e quindi anche la politica di Hobbes si fondano su un profondo e radicale relativismo etico, poichò il mondo dei valori è determinato dal gioco in gran parte soggettivo, dell’ appetito e dell’ avversione: per Hobbes non c’ è, come invece era per Platone, il bene in sò ( l’ idea di bene ) e il male in sò ( l’ idea di male ): ciò che per me o per lo Stato è dannoso è male e ciò che per me o per lo Stato è positivo è bene; potremmo dire che Hobbes sia più vicino alle posizioni protagoree dell’ uomo come misura di tutte le cose rispetto a quelle di Platone e della sua rigida scala gerarchica dei valori. Ma l’ alternanza di desiderio e avversione per Hobbes dipende, come ogni altro movimento corporeo, da rigide leggi meccaniche e non può essere governata dall’ uomo. Ciò che noi chiamiamo ” deliberazione ” non è altro che il conflitto che si verifica tra le due passioni fondamentali ( avversione e desiderio ), o tra i loro derivati, allorchò la stessa cosa appare essere insieme desiderabile e ripugnante. In modo analogo, l’ atto di volontà con cui concludiamo una deliberazione, decidendo così anzichò cosà , non è che la prevalenza meccanica dell’ ultima avversione su tutti i precedenti desideri, o dell’ ultimo desiderio su tutte le precedenti avversioni. Non esiste dunque alcuna libertà di volere che non sia quella di poter fare senza impedimenti esteriori ciò che l’ alternanza delle due passioni fondamentali ha finito con il determinare. Parlare di una ” volontà libera ” ( al pari di un ” suddito libero ” ) è la stessa cosa che parlare del ” quadrangolo rotondo “, cioò significa usare un termine assurdo, privo di significato. Il fondamento meccanicistico della morale di Hobbes non può che portare ad un radicale determinismo.
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