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L’io e il mondo della vita Husserl sapeva bene che la sua esigenza di un nuovo, radicale inizio e di una nuova, radicale fondazione della conoscenza presentava analogie con il programma perseguito tre secoli addietro da Cartesio. Proprio su questo punto Husserl ritorna nelle Meditazioni cartesiane : Cartesio ha inaugurato una filosofia di specie nuova, il passaggio dall’oggettività ovvia e spontanea al soggettivismo trascendentale, e su questa linea si colloca pure la fenomenologia. Anche oggi infatti é andato perduto, a parere di Husserl, il senso dell’unità della scienza a causa della carenza di chiarezza sui princìpi di essa e i filosofi non collaborano più in vista di questo fine, cosicchè bisogna rievocare in vita il radicalismo di Cartesio. La scienza é in cerca di verità valide per tutti, ma non può pretendere ad alcuna validità definitiva se manca l’ evidenza assolutamente certa, scevra di ogni dubbio, del suo fondamento. Questa non é ricercabile nel mondo quale appare all’esperienza comune e alle stesse scienze naturali, perchè, come aveva dimostrato Cartesio, quel mondo potrebbe essere solo un sogno o una serie di immagini virtuali inviate al nostro cervello da un genio maligno. Mettendo il mondo tra parentesi, però, io raggiungo non un puro nulla, ma me stesso come io puro o coscienza pura, in cui e per cui l’intero mondo oggettivo é per me. Infatti io possiedo, in quanto io, un mondo continuativo che é ‘per me’ ed io stesso sono dato a me stesso in un’esperienza evidente. Il tempo , come coesistenza e successione dei momenti di vita, é la forma universale che sta alla base di ogni genesi dell’io. Affiora qui l’evidenza apodittica dell’io sono, erroneamente trasformato da Cartesio in una sostanza pensante: si tratta invece dell’ io o ego trascendentale , che é indisgiungibile dalle sue esperienze vissute, é il polo identico dei momenti di vita della coscienza e l’universo delle possibili forme che essi possono assumere. Questa é l’evidenza originaria: e Husserl dice che ‘ non ha senso voler cogliere l’universo dell’essere vero come qualcosa che stia al di fuori dell’universo della cosa possibile ‘ . Il mondo e le cose assumono un significato e un senso solo attraverso l’io, cosicchè si può affermare che la soggettività trascendentale é ‘ l’universo della possibilità di senso ‘ . La fenomenologia, avendo il suo fondamento nell’evidenza dell’io trascendentale, é definita da Husserl come idealismo trascendentale , differente dall’idealismo psicologico alla Berkeley , ma anche da quello kantiano, il quale persevera nel mantenere un mondo di cose in sè come concetto limite. A differenza dell’idealismo tradizionale, quello trascendentale non nega l’esistenza del mondo, ma ha come unico fine il chiarimento del senso di questo mondo . Su questa base, Husserl può asserire che la filosofia può solo rivelare il senso del mondo, non mutarlo. Il rischio del primato accordato all’io può consistere in una forma di solipsismo, che rinchiuda il soggetto in se stesso e lo renda irraggiungibile agli altri e incapace di accedere lui ad essi. Sempre nelle Meditazioni cartesiane Husserl si prende la briga di mostrare che l’ intersoggettività é costitutiva della soggettività trascendentale; per il pensatore ebreo, infatti, io originariamente ho esperienza del mondo come intersoggettivo, cioè come ‘ un mondo che é per tutti ed i cui oggetti sono disponibili a tutti ‘. Entro questa sfera comune io tento di delimitare la sfera specifica di quel che é ‘mio proprio’, ma questo presuppone il concetto di ‘altro’. In questo modo, si dirada l’apparenza di solipsismo, pur continuando a valere il principoio secondo cui tutto quel che é per me, compresi gli altri soggetti, possono attingere il loro senso esclusivamente dalla mia sfera di coscienza. Le filosofie della vita, e anche filosofi che facevano proprio il metodo fenomenologico (Scheler ed Heidegger), biasimavano Husserl per un eccesso di intellettualismo, per un’insistenza unilaterale sul (segue nel file da scaricare)
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