I CAVALIERI DI ARISTOFANE: RIASSUNTO. Con questa commedia Aristofane si propone di mettere in guardia gli ateniesi dai pericoli nsiti nella demagogia di Cleone. Con una personificazione Aristofane presenta sulla scena Demos (il Popolo), vecchio, bsbetico e mezzo sordo, completamente in balia di uno dei suoi servi, Paflagone (Cleone), che lo imbroglia e lo manda in rovina senza che egli se ne accorga. Due servitori fedeli invano cercano di aprire gli occhi al padrone, spalleggiati dai cavalieri, l’unica classe che conserva ancora l’integrità morale. La situazione giunge ad una svolta quando i servi fedeli grazie ad un oracolo vengono a sapere che Demos verrà liberato da Paflagone quando questo dovrà vedersela con uno peggiore di lui. Trovato un salsicciaio, i due lo esortano ad entrare nelle grazie di Demos. A questo punto tra Paflagone e il salsicciaio avviene un agone verbale violento. L’azione viene interrotta dalla prima parabasi, in cui Aristofane spiega perché sia stata per la prima volta rappresentata una commedia a nome suo. Riprende il diverbio di fronte alla Bulè, ma quando il salsicciaio sparge astutamente la voce che al mercato si vendono le acciughe a metà prezzo tutti i consiglieri se ne vanno. Il dibattito continua e prosegue di fronte all’assemblea e a Demos al quale vengono riferiti tutti i raggiri di Paflagone. Ormai la sua sconftta è prossima: quando viene a sapere che questo ha tutte le caratteristiche indicate dall’oracolo capisce che ormai questo prenderà il suo posto accanto a Demos. Una seconda parabasi esalta la lealtà e le virtù dei cavalieri, rivolgendo un attacco violento contro gli uomini politici più in vista in quel periodo ad Atene. Torna in scena Demos vestito bene, pettinato e ringiovanito dalle arti magiche del salsicciaio. Gli vengono offerte due belle ragazze dal nome allusivo di Tregue, mentre Paflagone se ne va tra le beffe di tutti.
I CAVALIERI: LA STRUTTURA E L’AGONE VERBALE. La commedia ha la struttura di un lunghissimo agone verbale che dimostra il linguaggio eccezionale di Aristofane, teso ad un unico scopo: distruggere Cleone e la sua politica proprio quando egli aveva ricevuto dalla città onoreficenze.
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