“I cento passi ” di Peppino Impastato
La fascinazione di Marco Tullio Giordana per gli anni bui della storia italiana è immediatamente evidente da uno sguardo distratto alla sua filmografia, ma dopo quasi 20 anni dall’esordio il regista milanese ha sfondato definitivamente nel mondo del cinema grazie al film I cento passi, opera uscita nelle sale nel 2000. Il cineasta ha da sempre perseguito la strada di un cinema dell’impegno civile, il cui scopo è spesso quello della ricostruzione della verità storica, come per esempio nel precedente Pasolini, Un delitto italiano (del 1995), poi perseguita in altri film quali Romanzo di una strage (2012) sui fatti di Piazza Fontana, Sanguepazzo (2008) sulla Repubblica di Salò e infine la mastodontica cronaca familiare di La meglio gioventù (2003). I cento passi è invece incentrato sulla vita di Peppino Impastato e sulle circostanze che hanno portato alla sua morte nel 1978, proprio nello stesso giorno in cui veniva ucciso Aldo Moro, di fatto un delitto che avrebbe messo in ombra un caso altrettanto grave. La lotta di Impastato, che nel film è interpretato da Luigi Lo Cascio, è quella che lo oppone alla mafia e a tutti coloro che con la propria omertà la supportano. Il titolo della pellicola allude infatti alla distanza che separa la casa della sua famiglia di Cinisi, paesino siciliano in provincia di Palermo, da quella del boss Gaetano Badalamenti, colui che sarà il mandante del suo omicidio.
I cento passi: la trama
Il film si apre con un ricordo dell’infanzia di Peppino, quando da piccolo durante durante una riunione di famiglia vede saltare in aria lo zio Cesare, un boss mafioso di Cinisi: pur non comprendendo ciò che è accaduto, per il bambino l’evento rappresenta la fine della sua innocenza.
Peppino fa amicizia con il pittore locale Stefano Venuti, membro del locale partito comunista. Questi per ragioni politiche si rifiuta di realizzare un ritratto dello zio, ma persuaso dalla bontà del bambino inizia a prenderlo sotto la propria ala protettrice.
Con un salto cronologico ritroviamo Peppino a 20 anni: ormai è membro del partito e si batte per la difesa dei diritti dei più deboli. Per questo motivo il suo rapporto con il padre Luigi, che per il quieto vivere mantiene rapporti cordiali con i mafiosi della zona, si sta incrinando sempre più.
Peppino è poi solito mettersi nei guai manifestando il proprio sdegno per la collusione dei suoi concittadini con la criminalità, fino ad arrivare a scrivere un articolo per il giornale in cui proclama che “la mafia è una montagna di merda”, espressione censurata persino da Stefano. Tra i due c’è dunque una frattura, parallela a quella tra il protagonista e la sua famiglia.
Ritrovatosi solo nella sua battaglia Peppino crea una stazione radio con alcuni amici, Radio Aut, in cui si denunciano i crimini di Don Tano legati al traffico di droga. Luigi è così costretto a cacciare il figlio di casa, e per sicurezza parte per un viaggio in America dove ha alcuni parenti. Al suo ritorno però rimane ucciso in un incidente: al funerale Peppino si rifiuta di rendere omaggio agli amici mafiosi del padre e per questo motivo, nonché la sua decisione di candidarsi alle elezioni comunali, il boss decide di eliminarlo.
Una notte Peppino viene seguito da alcuni uomini che prima lo aggrediscono, e poi lo legano a dei binari con dell’esplosivo facendolo saltare in aria. I tanti indizi fanno subito pensare a un omicidio di stampo mafioso, ma la polizia prima rubrica la morte come un atto terroristico e dopo persegue la pista del suicidio. Solo 20 anni dopo il suo caso viene riaperto, con la conseguente condanna a vita per il boss Gaetano Badalamenti.
I cento passi: analisi e recensione
Il film, che ha vinto ben quattro David di Donatello, è stato ben accolto dalla critica, cui è piaciuto molto l’impegno di Giordana che richiama l’esempio di Elio Petri e Francesco Rosi. A convincere in modo particolare le performance degli attori e in particolar modo quella di Lo Cascio, riconosciuto come un’ottima scelta per la parte, ma anche il fitto intreccio di richiami musicali e cronachistici.
Qualche appunto è invece stato mosso all’impianto narrativo, giudicato eccessivamente didascalico e teso alla dimostrazione della tesi, tuttavia necessaria per la riuscita complessiva della pellicola.
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