I giovani e il lavoro - Studentville

I giovani e il lavoro

Per una serie di ragioni (difficoltà a trovare lavoro, maggiori disponibilità economiche delle famiglie, invecchiamento generale della popolazione), i giovani di oggi tendono a protrarre la loro condizione adolescenziale e a ritardare l'ingresso nell'età adulta. D'altro canto, la più diffusa democrazia nella società e nella famiglia, la valorizzazione della condizione giovanile anche nella produzione di beni e nell'offerta di consumi, atteggiamenti educativi meno autoritari, fanno sì che i giovani richiedano autonomia e libertà di scelte. Come valuti, anche in relazione alla tua personale esperienza, questa contraddittoria situazione?

Filosofi, medici e letterati, fin dall’antichità, hanno dedicato ricerche e scritti allo studio dei mutamenti fisici, psicologici e sessuali dell’uomo, dando origine ad una periodizzazione dell’esistenza. Generalmente, si è soliti definire “adolescenza” la fascia d’età compresa tra i dodici e i venticinque anni. E’ in questo tempo che un individuo è chiamato a fare delle scelte importanti, ad assumersi le prime “piccole” responsabilità, ad uscire dal nucleo familiare e a conoscere da sé la vera realtà del mondo. Fino a quando si è bambini si gode, giustamente, della protezione dei proprio genitori che svolgono il difficile compito di preparare alla vita, di educare. Parlando di modelli e atteggiamenti educativi, impelagarsi in un confronto tra società contemporanea e società “passata” diventa inevitabile: attualmente a piccoli e ad adulti è concessa maggiore libertà, più autonomia. Fino a circa sessant’anni fa, i giovani non avevano alcun diritto di esprimere la propria opinione in merito a delle questioni riguardanti la sfera familiare, il mondo della scuola e, talvolta anche il “pianeta-lavoro”. In famiglia ogni decisione spettava al cosiddetto “uomo di casa”, il padre autoritario-capofamiglia; a scuola la legge era dettata dal maestro che, osservava i suoi alunni da una cattedra posta su un piano rialzato e, senza alcun riscontro in seguito, bacchettava, spesso, le loro mani con una riga in legno; sul posto di lavoro non ci si poteva permettere alcun rifiuto, alcuna ribellione, altrimenti si rischiava il licenziamento. Indubbiamente la situazione odierna è ben diversa e ciò emerge analizzando, nuovamente, i diversi ambiti già esaminati: a casa si ritiene opportuno mettere a conoscenza i ragazzi di ogni fatto-scelta e di chiedere loro un proprio giudizio; la dimensione scolastica post-’68 è fin troppo libera d’agire, quasi allo sbaraglio; il campo del lavoro rappresenta, invece, un enigma di difficile risoluzione. A che età, oggi, s’inizia a parlare di fascia adulta? Un tempo si diventava tali nel momento in cui si lasciava la casa d’infanzia per andare ad abitare altrove con il nucleo familiare formatosi. Ora si ritarda anche il fatidico traguardo del matrimonio, poiché non tutti hanno le possibilità economiche, innanzitutto, organizzare un ricevimento sfarzoso e sontuoso (così come molti desiderano) e, in seguito, per poter assicurare una somma di denaro mensile utile all’acquisto di una casa e al mantenimento della nuova famiglia. Generazione di “mammoni” la nostra o, ancor meglio, di “bamboccioni”, volendo ricorrere ad espressioni utilizzate da autorità politiche. E’ piuttosto facile per Padoa-Schioppa emettere una tale sentenza, dato che il suo “salario” ammonta a circa venti-venticinquemila euro al mese. Un ragazzo appena maturato o laureato potrebbe spiegare, o forse ricordare, al ministro quanto oggi trovare un lavoro risulti un’ardua impresa. Non è raro leggere di “donzelle” e “fanciulli” che, pur di mettere in tasca qualche euro, accettano lavori poco piacevoli, nonostante anni trascorsi sulle “sudate carte” e ottimi voti alle spalle. Si pensa che per un giovane attuale abitare a trentacinque-quarant’anni con mamma e papà e, puntualmente far affidamento sulle loro disponibilità economiche, sia piacevole e di poco importanza e non ci si sofferma a considerare l’ipotesi che tutto ciò è un’umiliazione, una sconfitta. Un paradosso questo mondo moderno, questo Terzo Millennio tanto atteso: i regimi dittatoriali son venuti meno (o quasi) e, quindi, teoricamente, ognuno di noi ha un’autonomia “conquistata”, “guadagnata”, “ereditata” da insurrezioni passate ma non può servirsene o almeno, non a pieno (chiaramente sempre rispettando diritti, doveri e leggi esistenti). A cosa giova al cittadino adolescente la libertà quando poi essa non può avere vasti campi d’applicazione? Perché studiare per portare avanti il “sogno nel cassetto” e non vederlo realizzato a causa di un mondo ricco e super tecnologico che, anteticamente, non riesce a soddisfare ogni esigenza? E’ l’ordine di leggi che regola il mondo ad essere errato, oggi. “Si stava meglio quando si stava peggio” probabilmente: buona parte della popolazione poteva contare su una modesta paga mensile, non si rifiutavano le proposte di lavoro di mestieri ora considerati spiccioli e miserevoli, ci si accontentava, forse, perché il regime di vita era differente. Adesso, soprattutto a partire dal 1° gennaio 2002, data che segna l’entrata in vigore della moneta europea, la vita è più costosa e diverse tentazioni quali abiti da capogiro, abbonamenti a televisioni satellitari per poter seguire da casa propria partite calcistiche e films, serate in discoteca, cellulari e computer all’ultimo grido, intrappolano l’uomo, conducendolo nell’abisso del “verde”. Solo dopo aver esaminato obiettivamente quanto offre oggi il pianeta Terra i giovani possono essere condannati o, magari, assolti. Facendo parte della categoria, personalmente mi astengo dal giudicare.

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