Con l'uccisione di Commodo cominciò un nuovo periodo di lotte civili e di profonde trasformazioni sociali. Il prefetto del pretorio, capo della congiura, fece riconoscere come imperatore un vecchio e valoroso generale, il ligure Publio Elvio Pertinace, che fu ucciso dai pretoriani ammutinati dopo soli 87 giorni di regno.
L'Impero fu allora messo all'incanto dai soldati e toccò al maggiore offerente, Didio Giuliano, nobile e ricco senatore. Ma nello stesso tempo le legioni avevano acclamato altri imperatori: in Siria, Gaio Pescennio Nigro; nella Pannonia, Lucio Settimio Severo; in Britannia e in Gallia, Decimo Glodio Albino. Si ebbe così una situazione simile a quella che si era avuta alla morte di Nerone e si aprì una gravissima crisi, durata quasi un secolo (dalla morte di Commodo nel 192 all'avvento di Diocleziano nel 285), che parve travolgere nel disordine l'Impero a causa dell'instabilità degli Imperatori innalzati e deposti o uccisi: Ventisei in meno di un secolo.
Nel primo quarantennio le condizioni dell'Impero sotto la discontinua dinastia dei Severi furono assai difficili, ma non caotiche; fra Settimio Severo (193-211) e Severo Alessandro (222-235) merita di essere ricordato il figlio del primo, Caracalla (211-217) così chiamato da un indumento gallico che soleva indossare. Concesse privilegi ai soldati delle legioni, nelle quali immise molti elementi germanici, accentuando l'imbarbarimento dell'ordinamento militare. Per diminuire il prestigio dei pretoriani e frenare la loro prepotenza, stanziò una legione ad Albano. Volle poi una netta distinzione fra il patrimonio dell'imperatore (fisco) e quello della sua casa privata.
La più importante misura politica di Caracalla fu la realizzazione di quel movimento di perfetta uguaglianza fra le province e l'Italia, che era proceduto nei secoli precedenti con alternative di accelerazione e di ritardo. Nel 212 estese, con la famosa Constitutio Antoniana, il diritto di cittadinanza romana a tutti i provinciali, con alcune esclusioni.
Uccisi da congiure Caracalla e i suoi successori, Macrino ed Eliogabalo, l'Impero toccò infine a Severo Alessandro. Questi nei primi anni di regno ebbe tutrice la madre e, consìgliato da lei, iniziò una politica favorevole al Senato, che potè di nuovo eleggere i magistrati e i governatori delle province anche imperiali e partecipare al supremo consiglio dell'imperatore. Ma Severo si trovò di fronte a una doppia crisi: il deficit finanziario, male endemico dell'Impero, il disordine dell'esercito, insufficiente alla difesa contro i rinnovati attacchi dei Parti, e la crescente pressione dei Germani. Severo riuscì a frenare le due minacce, ma verso la primavera dell'anno 235 cadde a sua volta vittima di una congiura militare capeggiata da Massimino.
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