Il cane, amico dell'uomo - Studentville

Il cane, amico dell'uomo

Homines canes semper dilexerunt atque adhuc diligunt; nam canes gaudiorum et maestitiae dominorum suorum socii sunt. Canes etiam aedium custodes sunt, nam terrent atque fugant fures acutis dentibus suis et promptis unguibus. Canes saepe fuerunt gregum (grex, gregge), et nonnumquam pastorum boumque, defensores; etiam temporibus nostris arcent lupos et vulpes a gregibus. Canes venatici cari sunt venatoribus narium sagacitate, crurum celeritate atque ardore in proeliis contra nemorum feras. Nemora cum voluptate percurrunt atque investigant feras et aves e latibulis; praedae instant, eam retinent, saepe etiam ad venatores portant. Antiqui poëtae carminibus suis canum dotes ostenderunt atque laudaverunt. Apud Homerum, in Odyssea, Ulixis canis Argus, primus inter propinquos et familiares, domini vocem post multos annos agnovit, sed postea ad domini pedes non accurrit: viribus enim carebat. Caudam solum leniter movebat et voce submissa dominum Ulixem salutabat. Tandem laeta morte oculos clausit.

Versione tradotta

Gli uomini amarono sempre i cani e li amano ancora; infatti i cani sono partecipi delle gioie e della tristezza dei loro patroni. I cani sono anche guardiani delle case, infatti spaventano e mettono in fuga i ladri con i loro denti aguzzi e le unghie affilate. I cani furono spesso difensori delle greggi, e talvolta di pastori e buoi; anche ai nostri tempi tengono lontani lupi e volpi dalle greggi. I cani da caccia sono cari ai cacciatori per la finezza delle narici, la velocità delle zampe e la veemenza nelle lotte contro le fiere. Percorrono con desiderio i boschi e cercano fiere e uccelli dai nascondigli; stanno addosso alla preda, la trattengono, spesso la portano anche al cacciatore. Gli antichi poeti mostrarono e lodarono con i loro componimenti le qualità dei cani. In Omero, nell'Odissea, il cane di Ulisse, Argo, per primo tra i parenti e familiari riconobbe dopo molti anni la voce del padrone, ma poi non accorse ai piedi del padrone: infatti era privo di forze. Muoveva solo, lievemente, la coda e con flebile voce salutava il padrone Ulisse. Alla fine chiuse gli occhi per la lieta morte.

  • Letteratura Latina
  • Lingua Magistra 1
  • Versioni dai Libri di Esercizi

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