Il capitale ò la maggiore e più importante opera del filosofo ed economista tedesco Karl Marx. à un’opera complessa e poderosa che affronta diversi temi e problemi, tutte parti, tuttavia, del suo oggetto d’indagine principale: il modo di produzione e distribuzione capitalistico. L’opera ò divisa in tre libri, di cui solo il primo però fu dato alle stampe, ad Amburgo nel 1867, dallo stesso Marx. I Libri II e III furono invece pubblicati postumi, sulla base dei manoscritti originali, daEngels, rispettivamente nel 1885 e nel 1894. Appartiene al corpus del Capitale, in verità , anche tutto il materiale di storia e critica delle teorie del valore che, nelle intenzioni di Marx, avrebbe dovuto costituire il IV Libro del Capitale. Esso, tuttavia, pubblicato da Kautsky tra il 1905 e il 1910 in tre volumi sotto il titolo di Theorien à¼ber den Mehrwert (Teorie sul plusvalore) ha avuto una storia editoriale autonoma da quella del Capitale. Trascurando, perchè non più adoperate, le edizioni ottocentesche del I Libro e quella del II edita da Corticelli a Milano nel 1946, del Capitale in Italia sono disponibili due edizioni: quella degli Editori Riuniti, comparsa per la prima volta tra il 1951 e il 1956, che si avvale delle traduzioni di Delio Cantimori per il I Libro, Raniero Panzieri per il II, e Maria Luisa Boggeri per il III, e quella della casa editrice Newton Compton, pubblicata nel 1969 per la cura e la traduzione di Eugenio Sbardella. Riassumere il contenuto del Capitale ò opera non facile e, per definizione, quasi irrealizzabile. Ciò che segue ò solo l’esposizione, la più sintetica possibile, dei suoi capisaldi e delle sue strutture teoriche più generali. Estremamente ricco ed impegnativo si presenta il I Libro, “Il processo di produzione del capitale”, in cui Marx ha inteso esporre le categorie basilari della struttura sociale capitalistica, quelle categorie che ne rappresentano il nòcciolo e il fondamento. Preso atto che la forma elementare in cui si presenta la ricchezza nella società capitalistica ò la singola merce, Marx ne analizza le determinazioni teoriche: la merce ò unità di valore d’uso e valore, e cioò ò, nello stesso tempo, oggetto delle specifiche qualità sensibili e cristallizzazione del dispendio di forza-lavoro umana indistinta, ossia risultato di erogazione di energia fisica ed intellettuale senza riguardo per la forma e le modalità con le quali questa erogazione avviene. Il valore di una merce ò costituito, per Marx, dal tempo di lavoro socialmente necessario a produrla. Essendo il valore qualità comune a tutte le merci, diversamente dal valore d’uso che ò proprio solo di ogni singola merce, esso permette alle merci di scambiarsi vicendevolmente in modo quantitativamente proporzionato alla spesa di energia lavorativa oggettivata in ciascuna di esse. Questa proprietà delle merci ò ciò che, per Marx, sta alla base della genesi del denaro, particolarissima merce che ò, nello stesso tempo, l’equivalente universale di tutto il restante mondo delle merci. Il denaro svolge, secondo Marx, essenzialmente, tre funzioni: ò misura dei valori, poichè fornisce alle merci il materiale attraverso il quale esse possono rappresentarsi come grandezze quantitativamente comparabili; ò mezzo di circolazione, giacchè permette l’acquisto e la vendita delle merci; ò rappresentante materiale della ricchezza, in quanto unico modo di esistenza adeguato del valore in quanto tale. Terminata l’analisi della merce e del denaro, Marx passa ad analizzare i diversi momenti dell’accumulazione capitalistica, che ò una particolare e specificamente determinata forma di accumulazione di denaro. Quest’ultima non può realizzarsi, per Marx, attraverso lo scambio, mediato dal denaro, di una merce contro un’altra merce. Due merci si scambiano, infatti, osserva Marx, solo se hanno un valore eguale. Marx ipotizza, quindi, che l’accumulazione capitalistica si realizzi attraverso l’acquisto di una merce che vale di più di quanto venga pagata. Questa merce ò la forza-lavoro degli operai salariati. La differenza fra il valore prodotto dal lavoratore nel processo produttivo e il valore del salario ricevuto dallo stesso lavoratore ò ciò che Marx chiama plusvalore, “incremento eccedente sul valore originario” della forza-lavoro espresso dal salario. Una volta acquisito il plusvalore, il capitalista lo reinveste nell’acquisto di nuovi mezzi di produzione e nell’assunzione di nuovi operai. à questo il meccanismo di espansione del capitalismo che Marx chiama riproduzione allargata del capitale. Individuato il plusvalore come il principio motore del processo di accumulazione capitalistica, Marx passa ad esaminare le due forme in cui esso si manifesta: come plusvalore assoluto, attraverso l’allungamento della giornata lavorativa, e come plusvalore relativo, attraverso la riduzione, ottenuta con l’introduzione di tecnologie più sofisticate, del tempo necessario a produrre una merce; fermo restando, infatti, il tempo della giornata lavorativa di un operaio, se occorre meno tempo a produrre una merce, allora occorre meno tempo per produrre quelle merci di cui ha bisogno l’operaio per riprodursi. In questo modo l’operaio impiega meno tempo per guadagnare il salario necessario alla riproduzione della sua vita e, quindi, si libera un tempo supplementare per la produzione delle merci. Marx à ncora poi l’analisi del plusvalore assoluto e relativo all’analisi del passaggio della produzione capitalistica dalla sua fase manifatturiera al macchinismo e alla grande industria. Conclusa la parte dedicata allo studio del plusvalore assoluto e relativo, Marx passa ad analizzare la categoria e le varie formule del saggio del plusvalore, esprimente il tasso di sfruttamento esercitato sulla forza-lavoro. La trattazione del salario apre la parte finale del I libro, il cui oggetto principale ò la descrizione dell’insieme dei fenomeni legati al processo di accumulazione del capitale. Si va dalla disamina del problema dell’accumulazione originaria all’evidenziazione della contraddizione fra produzione e distribuzione, dalla rilevazione dei meccanismi di generazione della sovrappopolazione all’introduzione del problema delle crisi periodiche del capitalismo. Il II Libro, “Il processo di circolazione del capitale”, ha come suo oggetto principale le diverse forme assunte dal capitale nel suo ciclo di riproduzione. Il problema, i cui primi elementi sono già abbozzati nel I Libro, viene trattato in relazione alla distinzione fra capitale fisso e capitale circolante, cioò fra capitale che si consuma solo parzialmente, e cede quindi solo una parte del suo valore, nel processo di produzione (le macchine) e capitale che invece nel processo di produzione si consuma integralmente, e cede tutto il suo valore (materie prime e forza-lavoro). Esaminata questa distinzione anche alla luce delle teorie economiche, quelle dei fisiocratici, di Smith e di Ricardo, che per prime l’avevano introdotta, Marx passa ad analizzare prima la circolazione e la riproduzione dei capitali individuali e poi le fasi di riproduzione e di circolazione del capitale sociale complessivo, di cui i capitali individuali sono nient’altro che le parti costitutive. La terza ed ultima sezione del Libro indaga le dinamiche della riproduzione semplice (la riproduzione del processo produttivo senza che il plusvalore ogni volta ottenuto venga reinvestito nella produzione) e quelle della riproduzione allargata (la riproduzione del processo produttivo su una base ampliata dal continuo reinvestimento di parti o di tutto il plusvalore), avvalendosi, tuttavia, delle categorie, già esposte nel I Libro e introdotte per la prima volta da Marx nel pensiero economico, di capitale costante (macchine, materie prime etc. ) e di capitale variabile (salari). Il capitale costante ò quella parte del capitale che convertendosi in mezzi di produzione (macchine, materie prime etc. ) non cambia la propria grandezza di valore nel processo di produzione mentre il capitale variabile ò quella parte del capitale che convertendosi in forza-lavoro (salari) cambia il proprio valore nel processo di produzione, ossia riproduce il valore dei salari e inoltre produce un’eccedenza, il plusvalore. Il III Libro ò più direttamente interessato degli altri due agli aspetti empirici e di superficie della società capitalistica. Esso tratta, in particolare, della categoria di profitto e dei suoi molteplici aspetti e forme. Il profitto ò, secondo Marx, una forma mutata del plusvalore, il guadagno del capitalista visto in relazione però non solo alla forza-lavoro impiegata, ma al capitale totale impiegato, costituito sia dai mezzi di produzione che dalla forza- lavoro. La categoria di prezzo di costo riunisce la spesa complessiva che il capitalista ha dovuto compiere per dotarsi dei fattori oggettivi, mezzi di produzione, e soggettivi, forza-lavoro, necessari al processo produttivo. La categoria di saggio di profitto esprime invece il rapporto tra il plusvalore e il capitale totale impiegato; rapporto che varia tra impresa e impresa, poichè in ogni impresa ò differente la proporzione che all’interno del capitale totale impiegato si stabilisce tra la spesa in mezzi di produzione e la spesa in forza-lavoro. La proporzione tra spesa in mezzi di produzione e spesa in forza-lavoro ò ciò che Marx chiama composizione organica di capitale. Essendo dunque in ogni impresa diversa la composizione organica di capitale ò diverso in ogni impresa anche il saggio di profitto. La categoria di profitto medio ò il risultato, ottenuto in virtù dell’azione della concorrenza, della media fra i saggi di profitto di tutte le imprese. Il prezzo di produzione di una merce ò dato dalla somma fra il suo prezzo di costo e il profitto medio. Le categorie di saggio di profitto e di profitto medio sono le premesse necessarie all’enunciazione della celebre legge della caduta tendenziale del saggio di profitto, esprimente il fatto che l’aumento di produttività , che caratterizza il modo di produzione capitalistico, non può essere realizzato che con la sostituzione di forza-lavoro con tecnologia. Ma sostituendo forza-lavoro, si ricordino le premesse della teoria del valore, si riduce il plusvalore; riducendosi, però, il plusvalore si riduce anche il saggio di profitto. Per opporsi a questo movimento di riduzione del saggio di profitto ò allora necessario, secondo l’analisi di Marx, aumentare il saggio del plusvalore, e cioò il grado di sfruttamento della forza-lavoro. La legge della caduta tendenziale del saggio di profitto ò, per Marx, alla radice delle ricorrenti crisi che funestano il modo di produzione capitalistico. Concluso l’esame di questa legge, Marx prosegue l’analisi delle diverse forme in cui si divide il profitto. Esso si spartisce innanzitutto in interesse e guadagno d’imprenditore, e cioò nella remunerazione dovuta a chi, in generale il banchiere, ha prestato all’industriale il capitale iniziale per avviare la sua impresa e nella remunerazione acquisita dall’industriale stesso. Questo dà modo a Marx di porre la distinzione fra capitale monetario e capitale industriale – ossia fra capitale esistente sempre in forma di denaro, detenuto dalle banche, e capitale esistente in mezzi di produzione e forza-lavoro – e di esaminare, quindi, la loro rispettiva incidenza nel generale processo di accumulazione capitalistica. Da questa analisi consegue l’ulteriore suddivisione del profitto in profitto industriale, commerciale, bancario, di interesse e, infine, in rendita fondiaria, che Marx ritiene in ambito capitalistico sdoppiarsi in rendita assoluta e rendita differenziale, e cioò in rendita costituita dall’eccedenza sulla parte del plusvalore della merce agricola che ò misurata dal profitto medio e in rendita ottenuta in proporzione alla quantità di investimenti terrieri effettuati e alla diversa fertilità dei diversi appezzamenti di terreno. Il profilo unitario degli argomenti trattati in tutti e tre i libri appare bene nell’ultima sezione, rimasta interrotta, del III Libro in cui l’analisi della formula trinitaria del processo di produzione capitalistico, capitale-profitto, terra-rendita fondiaria, lavoro-salario, permette a Marx di indicare negli operai salariati, nei capitalisti e nei proprietari fondiari le tre grandi classi fondamentali della società capitalistica moderna.
- 1800
- Filosofia - 1800