Dopo la Genealogia della Morale, s’inizia un periodo vivacemente polemico e genialmente paradossale in cui Nietzsche si fa il legislatore della propria profezia. La nudità psicologica si fa piຠincisiva; la forma stilistica del pensiero nietzscheano diventa piຠcruda e precisamente superba. Chi annuncia l’era tragica dell’Europa ò compreso di una strana febbre di chiarezza e di orgoglio. Il celebre Caso Wagner, compiuto a Sils-Maria nel luglio del 1888, e apparso nelle librerie di Torino nel settembre dello scorso anno, riesce a far parlare le gazzette cosà squallidamente mute prima per Nietzsche, per il carattere pamphletaire di quest’opera del terribile specialista, per dirla alla Berthelot. Wagner ò per Nietzsche artista moderno per eccellenza, senza natura, senza coltura, senza istinto. Ma Wagner ha saputo, con acutissima perspicacia, scoprire i bisogni, le necessità interiori, dell’anima de’ suoi tempi. Wagner ò un ciarlatano che ha suonato insieme tutte le campane: la brutalità , l’idiozia, l’artificio sono le sue armi. Il retore dell’arte massiccia, africanamente fantasioso, preziosamente orientale, informe, scompositore dello stile, col suo coraggio ha saputo teorizzare i propri difetti. Wagner, narcotizzatore misterioso, sbigottisce come un sogno cupo, come un incubo, le anime malate. Gli istinti nichilisti, la fatica, la morte sono glorificati dal Maestro che ha reso musicalmente l’antipotenza e l’antivolontà . Wagner ò il decadente per eccellenza, quello che Nietzsche, nella “Volontà di potenza” definirà “un grande punto interrogativo del nostro secolo”. La musica secondo Nietzsche è stata privata del suo carattere affermativo e trasfiguratore del mondo per diventare una vera e propria musica di decadenza e non più il flauto di Dioniso: in essa non è più insita una volontà di vivere che si estrinseca in ogni istante, bensì predominano i temi cupi di chi rifiuta la vita. Ed ecco che tutto “Il caso Wagner” non è altro che un enorme “problema musicale”, come lo definisce Nietzsche stesso in “Ecce homo”: e Nietzsche si proclama pronto a muover guerra contro Wagner, il suo grande amico del passato, schierando i campo i “pezzi più grossi della mia artiglieria”. Nietzsche era particolarmente affascinato dalla musica in quanto forma artistica, per di più tipicamente dionisiaca ed egli arriva più volte a sostenere che l’arte sia più importante della verità (anche perchò, in fin dei conti, che cosa è la verità ? ). Il grande pensatore tedesco dice di disprezzare in Wagner l’eccessivo spirito religioso e l’antisemitismo sfrenato: e qui abbiamo la conferma decisiva dell’errata interpretazione nazista del pensiero nietzscheano che, indebitamente, lo ha sempre fatto passare per antisemita. Ma la critica aspra e polemica mossa al musicista tedesco non trova le sue radici in complessi edifici argomentativi, quanto piuttosto nel mettere in luce i danni arrecati da Wagner alla cultura tedesca: sì, perchò “Wagner non è un sillogismo, ma una malattia” che se non trattata con la giusta terapia può infettare l’intero mondo tedesco ed europeo. Ed ecco allora che troviamo Nietzsche nei panni di medico indaffarato a trovare un rimedio a questa malattia di nome “Wagner”. Wagner secondo Nietzsche ha tutte le istanze dell’uomo moderno: il sovreccitamento e l’esaltazione, la pomposità delle rappresentazioni, il teatro rivolto alle masse, all’ ‘armento’. E strettamente congiunto alla decadenza wagneriana è l’idealismo stesso che caratteristica il musicista tedesco, il cercare in modo esasperato la redenzione dell’uomo (anche dalla donna!), la conoscenza. Wagner è poi imbevuto del pessimismo di Schopenhauer, da cui Nietzsche si è saggiamente distaccato. E poi non mancano le critiche all’ideale wagneriano secondo il quale la musica non sarebbe un punto di arrivo, ma solo un mezzo per arrivare oltre, a qualcosa di superiore: Nietzsche non può accettare questo, da grande estimatore dell’arte quale egli è: non vi è un “oltre la musica”, non vi è una verità recondita cui l’uomo può accedere tramite le leggiadre sinfonie musicali: tutta la verità è insita nella musica stessa, massima espressione artistica di tipo dionisiaco. Certo, Wagner si può ammirare: ò un seduttore in grande stile, convince gli incerti senza condurli alla consapevolezza di ciò che viene fatto loro credere, occulta il più nero oscurantismo nei luminosi involucri dell’ “ideale”. I giovani con Wagner diventano imbecilli, cioò “idealisti”; in questo senso Parsifal ò un capolavoro. Dunque, l’adesione a Wagner deve far sì che la vita riesca in singoli individui, in singoli esemplari e non realizzi la felicità dei più, della maggior parte delle persone. Il “dramma di sò” deve essere “ritrovamento di sò”. Occorre prendere potere su se stessi che significa anche prendere potere sui nostri “pro” e sui nostri “contro”. Leggi ancora: “aver potere sul bene e sul male”. Questo ci libera dall’obbligo di solidarizzare con gli altri i quali invece ostacolano proprio la formazione del super uomo. Nel 1854 Wagner si avvicina a Schopenhauer concependo il mito non solo come passato inverato dalla storia, ma come il presente che spiega il passato imperniando il dramma sull’azione negativa della volontà , poi supera Schopenhauer affermando la possibilità di un’ azione redentrice. Rielaborando le antiche leggende dell’ “Edda”, del “Niebelungenlied”, Wagner infonde nei personaggi uno spirito universale sì che l’angoscia degli dei antichi, le passioni dei nani e dei giganti, l’anima degli eroi si identificano con le nostre angosce, con le nostre passioni, con i nostri stessi ideali Due le idee madri in Wagner: l’idea di una caduta originale e quella di una redenzione. Il male entra nel mondo per una colpa, un fallo e fatalmente allarga il proprio influsso venefico fino a dominare tutti gli esseri viventi e persino gli stessi dei. La caduta da uno stato di innocenza e la coscienza della colpa spingono i personaggi wagneriani al bisogno di un riscatto: siamo alla vigilia dell’idea della redenzione. E poichè nessuno può essere nello stesso tempo colpevole e redentore, ecco allora profilarsi l’eroe redentore: l’uomo puro tra i puri potrà essere l’eroe degno della missione e riportare l’umanità alla purezza, perdonando e obliando la “caduta”. Niente di più lontano da Nietzsche; il filosofo rifiuta decisamente l’equivalenza pena = colpa. E’ vero che la sofferenza conferisce distinzione, virtù, valore e nobiltà , ma l’ascesi di Nietzsche ha un’altra direzione; ciò che ò terribile ò la mancanza di senso del dolore, ò la sua gratuità che suscita ribellione. Occorre dunque trovarne una interpretazione. Poichè il senso del dolore ha varie interpretazioni, trovare il “senso in sè ” ò cosa che non esiste. E’ compito rimesso a ciascuno di noi trovare l’interpretazione del nostro dolore personale. Solo così avrà “senso” per ciascuno di noi e ne renderà possibile l’accettazione. Dunque il dolore può assumere più forme perchè di per sè non ha valore, ma riceve il valore di “riflesso”, il valore che ogni uomo dà al proprio dolore. La sofferenza non deriva da colpa, c’ò e basta; ò la lotta titanica con il dolore che ci porta a rinascere alla vita. Morale, religione, metafisica sono solo giustificazioni. Il dolore ha senso nel preciso momento in cui io gliene do uno. Dice Nietzsche: “davanti al tiranno (dolore) io sono senza colpa”. Profonde divergenze ideologiche e filosofiche allontanano quindi Nietzsche da Wagner, per quanto Nietzsche abbia indubbiamente sentito il fascino della musica wagneriana, e non solo. Già nel 1854 Nietzsche aveva composto al ginnasio alcuni brani musicali; nel 1860 aveva fondato l’associazione musicale e letteraria “Germania” per la quale il filosofo scriverà saggi, poesie, composizioni musicali. Dopo l’allontanamento da Wagner, Nietzsche farà l’elogio della Carmen di Bizet, dimostrando di amare un altro tipo di musica. Anche Wagner era stato grande ammiratore di Nietzsche fervente entusiasta allorchè nel 1872 era uscita “la nascita della tragedia dallo spirito della musica”. Persino Cosima Wagner riceve con gratitudine gli omaggi e le dediche letterarie e musicali che le indirizzò il filosofo. Ma già nel luglio 1876, quando esce la quarta “inattuale”: “Richard Wagner a Bayreuth”, il filosofo avverte il suo congedo da Wagner. Intanto le condizioni di salute di Nietzsche si aggravano sempre più e allorchò esce nel 1878 “umano, troppo umano”, Cosima e Richard Wagner si chiudono in un silenzio ostile. Di lì a poco Wagner non esisterà più per Nietzsche se non nelle opere e nei brani che lo riguardano. Solo nel 1889, in piena crisi psichica e ormai prossimo al manicomio, Nietzsche ricorderà il nome Wagner, scrivendo a Cosima un biglietto “Arianna, io ti amo”, paragonando Cosima ad Arianna. Si concluse erroneamente per un infelice amore di Nietzsche per Cosima Wagner; in realtà niente mostra tracce di un autentico amore ad eccezione di quel sentimento che legò Nietzsche al Lou Salomò, sua discepola e compagna dalla quale fu poi abbandonato.
- 1800
- Filosofia - 1800