Quondam cervus, propter aestum aestivi diei, sitiebat. Qua re ad planitiem descendebat. Ibi fons aquosus frigidusque sub antiquis quercubus erat. Postuquam sitim multa aqua polavacit, vidit in lacus superficie effigem suam. Sic romosa cornua laudabat, sed nimiam crurum tenuitatem vittuperabat. Repente autem venatorum cum canibus strepitus loca compleverunt. Cervus statim per planitiem fugit et celeri cursu impetum canum facile vitavit. Postea vero in silvas intravit, rami arborum cornua impediverunt. Mox canes saevis morsibus cervum laceraverunt. Tunc miser exclamavit: ” o me infelicem! nunc demum intellego. Utilia sunt quae despexi, sed vana quae laudavi”.
Versione tradotta
Una volta un cervo, per il caldo del giorno estivo, aveva sete. Per tale ragione scese alla pianura. Qui vi era una fonte acquosa e fresca sotto una antica quercia. Dopo che placò la sete con molta acqua, vide sulla superficie del lago la sua immagine. Così lodava le sue corna, ma biasimava la magrezza delle sue zampe. All'improvviso tuttavia riempirono i luoghi lo strepito dei cacciatori con i cani. Il cervo subito fuggì per la pianura e con veloce corso evitò facilmente l'impero dei cani. Dopo in vero entrò nei boschi, i rami degli alberi impedirono le corna. Poi i cani lacerarono il cervo con feroci morsi. Allora la povera esclamò: o me infelice! ora capisco (cerca demum). Le cose che ho biasimato sono utili ma vane quelle che ho lodato.
- Letteratura Latina
- Le Fabulae di Fedro
- Fedro