Il Futurismo, nei confronti del Cubismo, e delle rivoluzioni stilistiche attuate dalle avanguardie in genere, si impone sullo scenario storico-artistico del XX secolo, prima di tutto come ideologia, atteggiamento culturale e politico, nonché “stile di vita”. Il Cubismo attua la sua rivoluzione esclusivamente all’interno del linguaggio formale dell’arte; riprendono la lezione di Cezanne, che giunge a una pittura concreta, solida, che arginasse “il provvisorio” degli impressionisti. Al contrario, il Futurismo nasce prima di tutto come movimento letterario, con il Manifesto Futurista del 1909, redatto dal suo fondatore Filippo Tommaso Marinetti, nel quale ne descrive i contenuti principali. L’esaltazione della realtà tecnologica e dinamica portarono a una vera e propria rivoluzione culturale, che, nell’ambito artistico, provocarono irrimediabilmente il crollo decisivo di tutti i codici formali dell’arte in genere. L’artista doveva rivolgersi alla nascente realtà in movimento: tema dominante, è fin dall’inizio l’idolo-simbolo della macchina, che incarnerà tutti gli ideali, non solo dell’arte ma della vita e del pensiero. La base concettuale del Futurismo riprende infatti “la teoria dell’intuizionismo” del filosofo Henry Bergson, il quale afferma che la realtà è un continuo fluire di elementi spazio-temporali, pertanto la nuova realtà dei futuristi è data proprio dalla sensazione della velocità del dinamismo :“il mondo si è arricchito di una bellezza nuova: la bellezza della velocità” (“un automobile da corsa è più bella della Vittoria di Samotracia”). L’esaltazione della modernità spinge i futuristi a uno spirito nazionalistico estremo, che incita all’audacia, al coraggio, al pericolo. Il culto dell’azione e lo spirito combattente tanto proclamato, portarono molti dei futuristi ad arruolarsi e a partire per il fronte con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1915: battaglie reali e battaglie ideali sembrano aver segnato la sorte dei Futuristi.
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