Gli Stati Uniti d’Europa (Maastricht 1991) e, successivamente, il completamento dell’Unione Europea (1999) hanno sancito la totale integrazione economica e monetaria, il coordinamento delle diverse legislazioni nazionali e sistemi fiscali e la libera circolazione di persone, capitali, merci e servizi. Le prime figure professionali a beneficiare dell’unificazione del mercato del lavoro sono state quelle appartenenti all’area giuridico – economica, seguite da quelle dell’area sanitaria e delle libere professioni. L’incremento dello studio delle lingue straniere nelle scuole e le agevolazioni statali per l’alfabetizzazione informatica rispecchiano la volontà di assecondare la vocazione allo scambio di esperienze culturali internazionali sin dall’infanzia. Una volta acquisite le competenze necessarie, molti giovani scelgono di valicare i confini nazionali per trovare impiego all’estero, e non più, come accadeva in passato, come forza lavoro a basso prezzo, ma in qualità di professionisti qualificati, formati da un sistema didattico che, sebbene deficitario dal punto di vista delle risorse, garantisce una formazione ricca e approfondita. Le risorse nel campo scientifico sono un’annosa questione che, unitamente ad un tradizionale e innovativo scetticismo nei confronti delle giovani menti, è stata sempre tra le cause della cosiddetta “fuga dei cervelli”. In generale, al confronto con i paesi europei, il mercato del lavoro italiano offre scarse garanzie ai giovani, retribuzioni ben al di sotto della media europea e criteri di affermazione professionale molto meno meritocratici. La condizione economica vacillante dei giovani lavoratori ha ripercussioni anche sul sistema pensionistico: i contributi vengono maturati a partire da un’età più avanzata e, in un Paese in costante invecchiamento, ciò va a detrimento delle figure pubbliche. Un tenore di vita poco soddisfacente nella giovane età, un sistema lavorativo poco dinamico che premia solo l’anzianità, e la prospettiva di una senilità sicuramente poco agiata sono motivi sufficienti a rendere allettante la possibilità di una crescita professionale e umana in terra straniera. Personalmente trovo molto stimolante la prospettiva di un ambiente lavorativo multiculturale, in cui sentirsi non straniero tra stranieri ma membro partecipe di un organismo paneuropeo. D’altro canto l’idea di realizzarsi in patria è una cosa fantastica, di comprendere ed imparare a governare le dinamiche economiche e politiche che muovono il complesso apparato del sistema italiano. La grande ambizione dei giovani è di coniugare l’affermazione personale, la vocazione all’eccellenza con il desiderio di realizzare qualcosa di utile per la propria terra. Non si vive solo per saziare la propria ambizione ma per mettersi al servizio di una causa più grande di noi e per incidere la propria sigla nei registri della storia.
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