Il liberto, nell’antica Roma, era lo schiavo liberato. La cerimonia con cui veniva concessa la libertà allo schiavo dal suo padrone era chiamata “manomissio“.
Ma il liberto era un uomo libero a tutti gli effetti? Il suo stato sociale, economico, giuridico, era a tutti gli effetti uguale a quello di un uomo nato libero (chiamato “ingenuus”)? Nel Satyricon di Petronio c’è la figura di un liberto, Trimalcione, che aveva ereditato grandi possedimenti terrieri dal suo padrone, forse un senatore, e aveva accresciuto i suoi averi con il commercio. Tuttavia, anche se ricco, non appare integrato nel mondo dei nati liberi: egli non potrà mai diventare come loro e i frequentatori della sua casa sono anch’essi liberti. La figura del liberto è molto variegata: dal “parvenu” dal cattivo gusto, come Trimalcione, all’intellettuale o artista o, come diremmo oggi, il professionista (medico, scrittore, architetto). La maggior parte dei liberti, tuttavia, non è affatto ricca, anzi, normalmente, alla figura del liberto è associato il povero che vive in città.
Il liberto nella società romana
Il liberto è, in linea di principio, un uomo libero ma è, nella realtà, separato dal resto egli “ingenui”. Se viene affrancato da un padrone che ha la cittadinanza romana, anche il liberto gode dello stesso status. Tuttavia l’ex schiavo deve al suo antico padrone un rispetto filiale (obsequium) e non può chiamarlo in giudizio. Deve inoltre effettuare gratuitamente una certa quantità di lavoro (operae) per il suo ex padrone. Il liberto può sposarsi secondo il diritto romano, ma il suo padrone, al momento della “manomissio”, può pretendere che non lo faccia per non rinunciare alle sue operae. I matrimoni tra “ingenui” e liberti sono molto rari e, comunque, una liberta non può sposare un senatore. Anche nella successione il liberto è diverso dall’uomo nato libero: deve infatti cedere la metà dei beni al suo ex padrone.
Liberto e vita politica
Comunque il liberto non riesce a liberarsi del suo passato di schiavo e, talvolta, viene ancora trattato come tale. Rispetto al lavoro il liberto differisce dallo schiavo perché questo non ha la libertà di scegliere il suo lavoro e svolge funzioni per conto altrui, mentre il liberto è, sotto questo aspetto, più simile agli ingenui. In politica il liberto è escluso dalla magistratura e dal senato, ma può svolgere le funzioni del culto imperiale. Un liberto non è ammesso a frequentare i notabili nati liberi ma, al massimo, è accettato un suo figlio. Il liberto non è, dunque, né uno schiavo né un ingenuo; non è discriminato giuridicamente in maniera sistematica ma non è nemmeno integrato con gli ingenui, che frequenta poco.
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