IL MIMO. Durate l’età di Cesare a Roma fiorì il mimo. l termine mimus ha origini greche e indica un breve bozzetto, uno sketch che imita un angolo di vita quotidiana, concentrandosi su un carattere, un tipo, un intreccio elementare. Le primitive forme popolari trovarono poi una rielaborazione artistica nella seconda metà del V secolo a.C. con Sofrone di Siracusa, a cui si collegarono anche i mimiamb di Eroda. A Roma le componenti greche si fusero con le tendenze caricaturali del popolo romano, con elementi della tradizione ndigena e con elementi dell’atellana e dei fescennini. Il mimo latino allora diventa ricco di arguzie, espressioni scurrili, ma con l’aggiunta spesso di spunti moraleggianti.
IL MIMO: COME VENIVA RAPPRESENTATO. In origine i mimi non avevano una trama definita, ma si fondavano su canovacci sulla base dei quali gli attori improvvisavano. Venivano rappresentati a Roma verso la fine di aprile, in occasione dei Ludi Florales, durante le festività della dea Flora. Successivamente i mimi furono inseriti n altri ludi, come quelli Romani, come intermezzo o farsa finale. Gli attori recitavano senza maschera indossando un vestito variopinto, il centunculus. Venivano ammesse anche le donne, le mimae, ingioiellate e ricoperte da una corta mantellina, il ricinium. Le mimae alla fine della rappresentazione si spogliavano. Mimi e mime recitavano senza particolari calzari e dunque furono detti planipedes. I tipi caratteristici erano Sannio, un buffone, e Stupidus, oggetto di scherno e botte. Venivano rappresentat intrghi di ancelle, avventure d’amore, etere e così via. Ci sono 3 tipi di mimo: recitato, cantato, danzato, che spesso però coesistevano. In età imperiale la forma danzata divenne pantomimo, cioè il balletto con l’azione solo mimata. Successivamente il mimo degenerò in forme più turpi e crudeli.
IL MIMO: I MIMOGRAFI. Tra gli autori di mimi ricordiamo:
- Decimo Laberio, cavaliere romano. Nacque nel 106 e morì nel 43 a.C. Ebbe un temperamento polemico e con le sue battute non risparmiò i personaggi politici più in vista. persino lo stesso Cesare, il quale lo costrinse a recitare gareggiando contro Publilio Siro (per un cittadino libero era indegno calcare la scena). Macrobio ci ha tramandato i prologo di questa recita, un prologo di difesa alla Terenzio. Publilio vinse, ma Laberio fu reintegrato nel rango equestre. D Laberio abbiamo 173 versi e 43 titoli (Anna Perenna, Gemelli, iscator, Saturnalia ecc…). Probabilmente Laberio utilizzò il mimo come strumento di lotta politica. La sua lingua fu popolaresca e vivacemente espressiva.
- Puplilio Siro era un ex schiavo asiatico, più pacato e umano rispetto a Laberio. Seneca infatti lo considerà altamente per la sua meditata sentenziosità. Dall’opera di Publilio fu tratta un’opera di sentenze, di massime ispirate all’arguta sapienza popolare. Grazie alla sua nascita non libera, Publilio recitava personalmente i suoi mimi, spesso improvvisando.
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