Aesculapius, ut ferunt, filius Apollinis erat et, quoniam medicus egregius erat, Hippolyto, Thesei filio, vitam reddere potuerat, quare Iuppiter eum fulmine percussit. Tum Apollo, quia filii mortem in Iove punire non poterat, Cyclopes interemit: Cyclopes enim fulmina Iovi confecerant. Itaque Iuppiter Apollinem coegit Admeto, Thessaliae regi, per unum annum servire. Admetus Apollinem liberali hospitio accepit et summa observantia eum tractavit: quare, postquam in gravem morbum inciderat, oraculum ab Apolline accepit: «In vita manebis si quis sponte pro te decedere volet». Quoniam neque pater neque mater pro eo decedere voluerant, Alcestis, Admeti uxor, morti se obtulit et pro eo decessit; postea Hercules ab inferis admirabilem feminam revocavit et viro reddidit.
Versione tradotta
Esculapio, come si tramanda, era figlio di Apollo e, dato che era un famoso medico, era stato in grado di restituire la vita ad Ippolito, figlio di Teseo, e per questo Giove lo colpì con un fulmine. Allora Apollo, dato che non poteva vendicare su Giove la morte del figlio, annientò i Ciclopi: i Ciclopi infatti avevano procurato i fulmini a Giove. E così Giove costrinse Apollo a servire Admeto, re della Tessaglia, per un anno. Admeto accettò Apollo con liberale ospitalità e lo trattò con il massimo riguardo: per tale ragione, dopo che era caduto in una grave malattia, ricevette il responso da Apollo: "Rimarrai in vita se qualcuno vorrà morire spontaneamente in vece tua".
Dato che né il padre e né la madre avevano voluto morire per lui, Alcesti, moglie di Admeto, si offrì alla morte, e morì per lui; in seguito Ercole richiamò dagli Inferi l'ammirevole donna e la restituì al marito.
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