Il mito di Scilla - Studentville

Il mito di Scilla

Tradunt Scyllam, Phorci filiam, formosam nympham fuisse. Glaucus qui e piscatore in deum marinum, squamis obductum, conversus erat, ardenti puellae amore incensus est. Cum autem Scylla, ob deformem Glauci adspectum, amantem renuisset, deus a Circe auxilium petivit. Itaque Circe, maga scelesta et crudelis, venenis inquinavit aequor, ubi nympha corpus abluere solebat. Cum Scylla in medium aequor descendisset, improviso horrendam figuram adsumpsit: nam corpus eius monstris latrantibus foedatum est. Deinde puella in mare apud Siciliae fretum ruit, latens in imis specubus, e quibus emergebat ut tam ignaros quam improvidos nautas deprehenderet et voraret.

Versione tradotta

Raccontano che Scilla, figlia di Forco, fosse una bellissima Ninfa. Glauco che da pescatore era stato tramutato in un dio marino, ricoperto di squame, s'innamorò della fanciulla (fu acceso da ardente amore per la fanciulla). Dato che però Scilla, per l'aspetto deforme di Glauco, rifiutò costui che l'amava, il dio chiese aiuto a Circe. E così Circe, maga cattiva e crudele, inquinò il mare con sostanze velenose (veleni), dove la ninfa era solita detergere il corpo.
Quando Scilla scese in mezzo al mare, improvvisamente assunse una sembianza orribile: infatti il suo corpo fu deturpato dai mostri che abbaiavano. Poi la fanciulla si lanciò nel mare presso lo stretto di Sicilia, nascondendosi nelle grotte più sotterranee, dalle quali emergeva per catturare e divorare i marinai tanto ignari quanto imprevidenti

  • Letteratura Latina
  • La Lingua delle Radici 1
  • Versioni dai Libri di Esercizi

Ti potrebbe interessare

Link copiato negli appunti