Il fallimento dei moti del 1821 e del 1831 provocarono in Italia la scomparsa della Carboneria. Cominciò così a farsi strada l'idea del raggiungimento dell'UNITA' NAZIONALE, supportata dalle classi medie borghesi. Il problema dell'unità si trasferì gradualmente sul terreno politico; comparvero così i primi scritti che proponevano dei programmi concreti. Da ricordare in questo senso sono gli scritti di Vincenzo Gioberti che auspicavano la formazione di una confederazione di Stati Italiani retta dal Papa, e quelli di Cesare Balbo.
Accanto a queste idee moderate, si muovevano però anche i pensatori radicali: un posto di primo piano, in questo senso, spetta a Giuseppe Mazzini che dedicò tutta la vita all'opera di organizzazione di movimenti rivoluzionari in Italia ed in Europa. Secondo Mazzini la rivolta doveva avere come obiettivo la libertà del popolo, che per la prima volta assunse un particolare rilievo. Il concetto di «popolo» italiano era allora comprensivo essenzialmente dalla borghesia urbana e dagli artigiani.
Mazzini fondò, così, nel 1831, la Giovane Italia che si caratterizzò come primo tentativo di dare vita ad un moderno partito politico. Ben presto la Giovane Italia si fece promotrice di un'intensa attività insurrezionale: nel 1833 in Piemonte ed in Liguria ci fu un tentativo di moto spento sul nascere e successivamente un altro tentativo di insurrezione in Savoia, sventato dalla polizia.
Dopo il fallimento di questa seconda insurrezione, il movimento mazziniano entrò in crisi e Mazzini stesso si allontanò sempre più dalle ipotesi insurrezionali. Questa decisione fu lo specchio di quella che era la situazione critica di quel momento, messa ancor più in luce dalla fine dei fratelli Bandiera, fucilati per aver tentato di far insorgere i contadini calabri.
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