Il Romanticismo
Origine del termine “Romanticismo”
La parola “romantic” fu utilizzata per la prima volta in Inghilterra, verso la metà del ‘600, al fine di deridere tutto ciò che vi era di fantastico, assurdo e artificioso negli antichi romanzi cavallereschi e pastorali. Nel ‘700, quando s’ avviò un processo di valorizzazione della fantasia all’ interno dell’ arte, il termine perse parte della propria accezione peggiorativa e iniziò ad essere applicato agli ambiti più svariati: alle descrizioni di paesaggi selvaggi e malinconici, alle emozioni soggettive, o ancora a tutto ciò che era sentito come vago e indefinito.
Il termine “Romanticismo” , invece, è oggi usato con una duplice accezione: per alcuni studiosi definisce una categoria storica, ovvero un intero periodo, per altri descrive un determinato movimento artistico e culturale, dotato di una sua poetica, di gruppi di intellettuali specifici e di manifesti programmatici. Tuttavia un vero e proprio movimento romantico non esiste: si può piuttosto parlare di scrittori e pensatori, concreti e individuali, l’uno diverso dall’altro anche se con punti di contatto.
Il contesto storico
Il periodo di affermazione del Romanticismo vede rapidi e radicali mutamenti che sconvolgono assetti tradizionali e consolidati, trasformando le istituzioni politiche, l’organizzazione economico-sociale e il sistema delle idee.
Il primo sconvolgimento è rappresentato dalla rivoluzione politica che, avviata nel 1789 con la Rivoluzione Francese, si estende poi a macchia d’olio in tutta Europa : la Rivoluzione, supportata dalle idee dell’Illuminismo, causa il crollo della monarchia assoluta e dispotica, nega la possibilità di nominare un monarca per diritto divino e introduce la necessità dell’elezione dello stesso da parte del popolo, sostituisce la gerarchia e la rigorosa divisione in classi sociali con i principi di uguaglianza e solidarietà e produce mutamenti che vengono accolti in maniera diversa dagli intellettuali europei, ora con entusiasmo, ora con sdegno.
Il secondo mutamento, meno visibile ma in rapida espansione, è costituito dalla rivoluzione economica determinata dal processo di industrializzazione. Avviato verso la metà del ‘700 in Inghilterra, esso si trasferisce velocemente in tutti gli altri paesi d’Europa. Il processo ha innumerevoli conseguenze: anzitutto produce dinamismo, evoluzione, rapidità all’interno di una società che era da sempre cristallizzata in classi sacre e inviolabili: nuovi ceti si affacciano alla scena sociale, acquisiscono potere di acquisto e scelta, richiedono a gran voce autonomia di scelta e peso e diritti politici. Si apre la strada all’energia e all’intraprendenza del singolo individuo che, senz’altro grazie al proprio impegno ma spesso contando su una totale mancanza di scrupoli, ottiene successo personale e ricchezza: è la prima volta che viene valorizzata la capacità dell’uomo di cambiare e migliorare la propria condizione e che si presta attenzione alla sua individualità e alla sua psiche. Con la costruzione delle fabbriche, sempre più contadini abbandonano il lavoro nei campi per trasferirsi nelle città, causando lo spopolamento delle campagne e l’estensione a dismisura dei centri abitati.
Si impone allora la vita di città, e con essa i problemi dovuti alla mancanza di comodità e servizi per gli operai, alla costruzione di quartieri e dimore inadeguate, allo sbandamento di persone abituate alla vita contadina e costrette improvvisamente a cambiare.
Si diffonde una sensazione di crisi e insicurezza: il sistema industriale esige la continua espansione, pena il crollo. Ma il mercato non può assorbire illimitatamente le merci che vengono prodotte in fabbrica e ciò determina crisi cicliche, ovvero effetti rovinosi sull’economia e sulla vita quotidiana degli strati meno abbienti della popolazione.
Un sistema economico basato sul calcolo, sulla programmazione e sulla razionalità rivela allora di essere percorso da un senso di oscura irrazionalità, che porta ben presto alla diffusione alla di un senso di insicurezza e di impotenza.
La visione del mondo romantico
Nonostante le peculiarità di ciascun artista e le differenze notevoli della cultura romantica da Stato a Stato, possiamo individuare alcune tematiche presenti nella maggior parte delle opere romantiche.
La cultura romantica è caratterizzata dall’insistere sulle tematiche negative: il dolore, la malinconia, il tedio, l’inquietudine, l’angoscia, la paura, l’infelicità individuale e cosmica, la delusione, il disgusto, il rifiuto della realtà, il fascino del male, della morte e del suicidio, l’orrore, l’ambiguità, il mistero. L’esplorazione dell’irrazionale si manifesta in attenzione per i sentimenti e la passionalità e per gli stati psichici che fuoriescono dalla normalità: il sogno, l’allucinazione, il delirio, la follia. Essi costituiscono dimensioni alternative alla piattezza e convenzionalità del vivere e sono i canali attraverso cui l’io entra in contatto con l’ignoto e il mistero.
Questa esplorazione delle zone d’ombra della mente dà vita ad un soggettivismo esasperato: il mondo esterno non esiste, è solo una proiezione o creazione dell’io. Il mondo viene guardato con distacco, nella consapevolezza che è solo una invenzione dell’io e che quest’ ultimo lo può disfare a suo piacimento. Il soggettivismo e il rifiuto della realtà esterna portano a una tensione verso l’infinito, a una insofferenza cocente per ogni limite e costrizione, all’ansia mistica di superare barriere e confini e nel desiderio fortissimo di attingere alla vera essenza delle cose.
Il Romanticismo segna un ritorno alla religiosità, al misticismo, anche alla superstizione, in netta contraddizione con le teorie positiviste, illuministe e atee diffusesi a quel tempo: più spesso però esplora il soprannaturale e le forze oscure e ignote. Si celebra la figura del Male che esercita un forte fascino sull’anima dei romantici: il sonno, i mostri, le paure recondite sono i temi privilegiati del filone “nero” del Romanticismo.
Una delle tendenze fondamentali del movimento è inoltre l’esotismo, che consiste nel vagheggiare luoghi sconosciuti e lontani, resi seducenti proprio dalla loro distanza e diversità; i luoghi mitici dell’immaginario romantico divengono l’Oriente lussurioso, le Americhe ancora poco conosciute e i mari del Sud. L’esotismo può essere non solo spaziale ma anche temporale: molte sono le opere romantiche che si trasferiscono idealmente in altre epoche e culture, scegliendo come mete più ambite il Medio Evo cavalleresco e la Grecia antica.
Aspirazione prediletta dal Romanticismo è il mito dell’infanzia: il mondo infantile è un paradiso perduto di innocenza e purezza in cui il rapporto con le cose è fresco e immediato, e caratterizzato da un benefico senso di meraviglia e stupore. Affine al mito dell’infanzia è quello del primitivo, inteso come deposito di autenticità e spontaneità contro la contaminazione e malizia della civiltà moderna.
Le opere romantiche conferiscono grande importanza ai loro protagonisti, che sono visti in tutto e per tutto come eroi eccezionali. L’eroe può essere il ribelle solitario che, orgoglioso della sua superiorità spirituale, si fa beffe della mediocrità, sfugge la volgarità e cerca di superare ogni limite per affermare la propria libertà ( titanismo); o ancora può essere una vittima, perché, essendo dotato di sconfinante intelligenza e sensibilità, è per questo emarginato e tacciato come diverso.
Il romanticismo in Italia
L’occasione che diede impulso al formarsi di un movimento romantico in Italia fu la pubblicazione di un articolo di Madame De Stael sulla “Biblioteca Italiana” nel gennaio del 1816: l’autorevole scrittrice deprecava la decadenza della cultura italiana contemporanea e invitava gli Italiani a uscire dal culto del passato, prendendo spunto dalle correnti più vive della letteratura europea. L’articolo suscitò lo sdegno dei classicisti, che difesero a spada tratta le glorie nazionali e i principi della letteratura classica. Altri intellettuali autodefinitesi “romantici”, in particolare lombardi, si dimostrarono invece più aperti alle innovazioni letterarie e artistiche del continente e concorsero a sostenere il punto di vista della De Stael: affermarono con forza l’esigenza di una cultura rinnovata e moderna, che non si rivolgesse solo alla élite degli intellettuali ma che fosse indirizzata direttamente al popolo ( termine con il quale ci si riferiva, al tempo, ai ceti medi).
Per questo proponevano di mettere da parte gli argomenti mitologici tanto cari ai classicisti, e di trattare temi più vivi e al passo coi tempi: consigliavano inoltre di abbandonare il linguaggio aulico, le regole pedanti e rigorose e la divisione canonica in generi letterari.
Si opponevano però al gusto dell’irrazionalismo, tipico di molta parte della letteratura romantica europea: il loro obiettivo era una scrittura che si avvicinasse al vero e fosse distante tanto dai formalismi fini a se stessi dei classicisti, quanto dall’eccessiva attenzione per la psiche e l’io tipica della produzione del Romanticismo Europeo. Non accettavano elementi fantastici, mistici, satanici o neri e nutrivano una fiducia ancora forte nella ragione e nella scienza.
Numerosi sono gli scrittori romantici italiani che hanno realizzato alcune tra le pagine più belle della nostra letteratura: tra questi, non si può non citare Giacomo Leopardi.
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