Il tema della Morte in ambito letterario: autori e correnti
Il tema della morte è alla base di molti topoi (immagini ricorrenti in più opere artistiche e letterarie.
Ogni uomo – ed ogni artista – si misura inevitabilmente con questo concetto, che richiama il momento estremo di ogni esperienza umana. Diverse sono le prospettive e gli ambiti in rapporto ai quali tale concetto può assumere significato.
La morte può essere vissuta come una prova estrema da affrontare con coraggio e con spirito di sacrificio (Ettore e la sua morte in battaglia in Dei Sepolcri) o come un rifugio in cui trovare riposo dai mali della vita (Foscolo, Alla sera).
Essa era già apparsa a Petrarca come il porto in cui approda la nave di un’ esistenza tormentata, a testimoniare il fatto che la morte può anche essere desiderata, invocata, ricercata….quando serve a por fine al dolore.
Foscolo ed i Romantici in genere vedono la morte come un momento di verità per l’uomo che si misura con se stesso. Molti eroi romantici sono addirittura pronti a rinunciare alla loro vita (suicidio) per protestare contro un destino avverso che non consente loro di dimostrare la loro virtù e di praticare i loro ideali di libertà. (Ultime lettere di Jacopo Ortis)
La morte è confortata del compianto delle persone care e se anche Foscolo non crede nell’aldilà cristiano crede nella corrispondenza d’amorosi sensi (Dei Sepolcri) che consentono ai vivi di ripercorrere le vicende esemplari degli uomini grandi del passato imitandoli. La poesia alimenta il ricordo di quelle vicende che il tempo e la memoria hanno cancellato quasi del tutto. Con il carme Dei sepolcri dunque la morte cessa di essere vista come evento distruttivo ed essa consente di proiettare nel futuro la fama di chi ha vissuto degnamente. La morte non nega la continuità dell’esistenza e dei valori umani.
Manzoni coglie nella morte la speranza del mondo dell’aldilà cristiano, ove la speranza di salvezza eterna non viene mai meno soprattutto per la carità divina. L’aiuto di Dio è essenziale a Napoleone per non soccombere ai suoi ricordi ed al suo doloroso passato di grandezza. Ermengarda vive la sofferenza del suo trapasso come un dolore provvidenziale (provvida sventura) perché il suo popolo (i Longobardi) sconti le sue colpe.
Nei Promessi Sposi è famosa la morte angosciosa di Don Rodrigo, tradito dai suoi stessi bravi e consegnato ai monatti nel bel mezzo dell’infuriare della peste. Questa morte disperata è la punizione divina per una vita condotta all’insegna dell’oppressione.
La morte può essere vista come abisso orrido, immenso / ov’ei precipitando il tutto oblia (Leopardi – Canto notturno di un pastore errante dell’Asia) cioè come un baratro oscuro ed incomprensibile verso il quale l’uomo tende inconsapevolmente, senza conoscere la ragione del suo cieco viaggio e del suo crudele destino, privo anche del conforto della memoria.
Oppure può essere la morte prematura e tragica di Silvia, che segna la fine di ogni speranza giovanile non solo per il poeta ma per qualsiasi uomo che affronti la verità del vivere senza abbandonarsi alle illusioni.
La morte di Saffo è tragica testimonianza della protesta della giovane poetessa contro la Natura matrigna che le ha negato la bellezza e quindi la possibilità di condividere l’amore di Faone. Nel suicidio di Saffo c’è tutta la disperazione di una condizione di isolamento che si trasforma il coraggiosa ribellione alle leggi di natura.
In altri passi di Leopardi invece il suicidio è invece negato come atto di viltà (Dialogo di Plotino e Porfirio) e la morte volontaria deve essere evitata in quanto l’uomo deve affrontare coraggiosamente il destino di dolore che la Natura gli ha riservato (pessimismo cosmico) ma senza anticipare il momento della morte.
In Verga (I Malavoglia) la morte è la tragica evenienza che segna il declino economico e talvolta morale di un’intera famiglia, in quanto priva del sostegno – anzitutto economico – che ciascuno potrebbe contribuire a dare agli altri. Essa diventa quasi evento economico nella vicenda famigliare. C’è ad esempio la morte in mare di Bastianazzo che priva i Malavoglia delle braccia forti del capofamiglia che cerca il suo pane sul mare, c’è la morte in ospedale di Padron Ntoni, che sanziona la vergogna per la perdita della casa del nespolo, pignorata per debiti. C’era stata la morte in mare di Luca nella battaglia di Lissa che aveva sottratto un altro giovane componente del nucleo famigliare.
La morte in solitudine di Mastro don Gesualdo sanziona poi l’impossibile tentativo di entrare a far parte della casa nobiliare dei Trao. Questa morte in solitudine è la fine amara di un progetto di scalata sociale.
Infine la morte di Rosso Malpelo in miniera è quasi deterministica conclusione di una vita in tutto e per tutto modellata su quella del padre, anch’egli minatore e vittima dello sfruttamento. La morte di Ranocchio invece riconferma la legge dell’adattamento alla selezione naturale anche da parte degli umani. Sono i più deboli a soccombere.
Nella poesia decadente la morte diviene un tema molto più ambiguo in quanto si unisce spesso al fascino del passato e si verifica spesso quasi un’inconsapevole attrazione per le atmosfere di morte. E’ così in Pascoli, indubbiamente segnato dalla morte del padre (X agosto) e dai lutti famigliari, tanto da portarsi dietro i condizionamenti di queste luttuose vicende per tutta la vita. Sono i misteriosi echi della natura, che appare attraversata da voci e fantasmi dolorosi, a caratterizzare molti simbolismi della poesia pascoliana. (Il gelsomino notturno, L’assiuolo).
In D’Annunzio amore e morte sono spesso elementi che si affiancano “non casualmente come avviene anche nel principio freudiano di Eros e Thanatos”. La vicenda amorosa si estenua in abbandoni estremi (estetismo e sensualità) fino a dissolversi in se stessa ed a lasciare un vuoto sostanziale, che solo la morte talvolta può riempire (Il trionfo della morte sanzionato dal duplice suicidio di Ippolita Sanzio e Giorgio Aiurispa).
Nella “Sera fiersolana” la morte della sera diviene simbolicamente il momento magico che apre al mistero della notte e lascia intuire una bellezza ancora più piena della natura che cela le sue forme e le sue eterne verità.
In Ungaretti la morte è l’evento tragico della guerra, che richiama la profonda umanità che riunisce gli uomini. Il poeta come un naufrago ritrova il senso della propria esperienza di vita, sollevandosi dalla logica di morte che la guerra impone, attraverso l’ideale solidarietà con le vittime del conflitto (Veglia, S.Martino del Carso).
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