La riflessione poetica di questa domenica scaturisce dai versi di Ada Negri (1870-1945). La poetessa si interroga sul tempo, su quel che resta di noi nei luoghi che abbiamo solcato durante la nostra giovinezza. In quei luoghi, spiega, è rimasta come un vapore la vita che ci abbiamo vissuta: tornandoci, possiamo riviverla.
La vergine ventenne
ch’io fui, splendente come torcia accesa
nel sole, ora dov’è? Del suo bel sangue
nutriva ogni atto dell’acerba vita;
e dalla gola, liberato in canto,
le sgorgava echeggiando a monte e valle.
Ove scomparve, ella che fu sì certa
di non morire? Non morì. Rimasta
è nella scabra terra
presso il fiume che mormora e serpeggia
in tortuose spire oltre le grandi
foreste: intatta giace
fra tremolii di fronde e scorrer d’acque.
Al suo rifugio gli uomini dei boschi
vengon con felci e rami di betulle:
e il battellier che approda
dall’altra sponda, fasci d’alghe e steli
d’erbe apporta, raccolti sulla riva.
Calmo è il sonno di quella ch’io già fui
nella terra che suona ancor del canto
de’ miei vent’anni – e, sole o pioggia o neve,
il mio volto d’allora ha quella terra.
Foto | Antonio Picascia
- Tesine