Olim mus rusticus murem urbanum, veterem amicum, ad cenam invitavit in paupere cavo. mus rusticus non invidit sepositi ciceris nec avenae, sed hospiti apposuit etiam uvas aridas et duras glandes. sed mus urbanus superbus cibaria vix dente tangebat. denique sic dixit: cur, amice, tam miseram agis vitam? cur homines urbemque feris silvis non praeponis? carpe viam! famem et sitim relinque! migra mecum in urbem! haec verba murem agrestem pepulerunt. ita nocturno itinere in magnificas aedes cum comite migravit. ibi, dum reliquias epularum largiter edunt, subito ingens valvarum strepitus mures excutit, lacunaria conclavium resonant vocibus canum molossorum. pavidi currunt exanimes. tum rusticus: <>.
Versione tradotta
Una volta il topo di campagna invitò a pranzo in una povera tana il topo di città, suo vecchio amico, e servì in unumile tavola ceci ed uve aride e dure ghiande del bosco vicino. Il topo di città toccava appena con morsi sdegnosi lumile cibo e disprezzava gli alimenti rustici. Finalmente esclamò così: Perché, amico, conduci una vita tanto misera in campagna? Vieni con me in città, dove troverai grande abbondanza di cibo soave e vivrai beato senza preoccupazioni. Il consiglio piacque al topo rustico e migrò con il compagno in una magnifica casa di città. Qui, mentre pranzano tranquilli e sicuri e gustano delicate vivande, subito risuonano i latrati dei cani e i servi irrompono. I topi spaventati corrono per tutta la stanza e cercano rifugio. Allora il topo di campagna dice al topo di città: Ti saluto, amico mio; tu rimani in città con i tuoi cibi squisiti, io ritorno in campagna alla mia povera ma sicura vita.
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