Il Visconte Dimezzato - Studentville

Il Visconte Dimezzato

Trama e analisi del romanzo Il visconte dimezzato di Italo Calvino.

TITOLO:

“Il visconte dimezzato” è un romanzo tratto da una trilogia di libri, scritti da Italo Calvino, chiamata “I nostri antenati”. Il titolo allude alla strana vicenda accaduta al protagonista Medardo, visconte di Terralba: è stato diviso in due metà, simmetriche (rappresentanti il Bene e il Male), da una palla di cannone durante una battaglia contro i Turchi.

AUTORE:

Nacque a Cuba il 15 ottobre 1923. La famiglia tornò presto in Italia, dopo essere emigrata in America centrale, e il padre si dedicò alla realizzazione di giardini a San Remo, in Liguria. Calvino divenne partigiano durante la seconda guerra mondiale; da questa sua esperienza trovò poi spunto per alcuni suoi romanzi (in particolare “Il sentiero dei nidi di ragno”, che lo fece diventare, improvvisamente, famoso. Calvino si dedicò alla scrittura come se per lui fosse un vero e proprio lavoro: scriveva maggiormente racconti in tono fiabesco, senza però tralasciare di far figurare la realtà in moltissimi suoi libri; alle volte scriveva delle riflessioni sui propri libri, nelle quali esprimeva anche proprie opinioni riguardo alla sua esperienza nello scrivere.

RIASSUNTO:

Il visconte Medardo di Terralba arriva insieme allo scudiero Curzio all’accampamento cristiano in Boemia  per partecipare alla guerra contro i Turchi. Durante la sua prima battaglia, viene ferito e dimezzato da una palla di cannone. Viene ritrovata una sola parte, pensando che l’altra fosse andata distrutta; i medici del campo riescono a fasciarla e a ricucirla e la metà destra del visconte poté tornare a Terralba.

Una volta che ebbe preso il potere la gente si accorse che del visconte era tornata solo la metà malvagia, che, in quanto visconte compì numerosi atti malvagi: uccise l’uccello preferito da suo padre che, una volta appurata la cattiveria di suo figlio, si lasciò morire; mandò a Pratofungo, il paese dei lebbrosi, la vecchia balia Sebastiana, accusandola ingiustamente di avere la lebbra; condannò a morte numerose persone per reati banali o inesistenti; opprimeva gli ugonotti pervia della loro religione; una volta, tentò perfino di uccidere suo nipote facendogli mangiare di funghi velenosi, ma non riuscì nel suo intento. Tutto questo susseguirsi di eventi portarono la gente di Terralba a chiamarlo il Gramo. Si innamorò di Pamela, una contadinella, e a causa del suo rifiuto provocò grandi danni alla usa famiglia.

Intanto il nipote di Medardo andava in cerca di fuochi fatui per i cimiteri insieme al dottor Trelawney e aveva contatti con la balia Sebastiana a Pratofungo, che aveva trovato una cura per sottrarsi al contagio dei lebbrosi; e andava in giro per i boschi.
È proprio qui che un giorno tornò la metà sinistra del visconte: la metà buona, che salvò addirittura la vita al nipote, che stava per essere morso da un ragno. Il Buono (come venne chiamato) predicò dottrine per i poveri e i lebbrosi, e chiese di abbassare i prezzi dei prodotti agli ugonotti; per tutti, insomma, il Buono recava danni come il Gramo. Anche lui si innamorò di Pamela, che però lo rifiutava.

Il Gramo ebbe un piano molto astuto per sposare Pamela: facendola sposare con l’altra metà, di fronte alla legge avrebbe sposato Medardo di Terralba, cioè lui. Il Buono, invece, disse che lasciava la città, permettendo al Gramo di sposarla. Dissero questo uno al padre e l’altro alla madre di Pamela. Quest’ultima, però, incontrò entrambe le metà del visconte e ad ognuna disse che l’avrebbe sposata.
Arrivò il giorno del matrimonio ed entrambi erano sicuri che si sarebbero sposati con Pamela. Una volta che il Gramo appurò di avere un rivale lo sfidò a duello; dopo una serie di finte e colpi mancati, entrambe le metà tagliarono le bende e le cuciture dell’altro. Il dottor Trelawney, allora, riuscì a riunificare le due metà riformando il visconte Medardo, che felice sposò Pamela.
Il nipote di Medardo rimase a vivere al castello, dopo che il suo amico dottore si fu imbarcato sulla nave del capitano Cook.

PERSONAGGI:

I protagonisti

Il Gramo è la parte destra, malvagia e crudele, salvata sul campo di battaglia dai ricognitori dell’esercito. Ha la pelle tesa, la faccia angolosa, il sorriso triangolare e le parole gli escono dalla bocca con una difettosa pronuncia dovuta alla bocca dimezzata. Torna a Terralba durante la vendemmia ed inizia a terrorizzare la popolazione con atti efferati e con sentenze inappellabili ed ingiuste. Causa incidenti, incendia case e fienili, semina il panico. Si innamora di Pamela, e sarà grazie a lei che il Gramo si riunirà all’altra sua metà.

Il Buono è la parte sinistra del Visconte, generosa e pedante fino alla noia. È stata salvata sul campo di battaglia da eremiti che, con balsami ed unguenti, gli hanno curato le ferite. Egli è cerimonioso, sputasentenze e rappresenta la bontà esagerata come una caricatura. Sempre grazie al suo innamoramento per Pamela, lui e l’altra sua metà si riuniranno.

Il nipote di Medardo è figlio della sorella del visconte e di un bracconiere. Rimasto precocemente orfano, vive al palazzo con Aiolfo, il padre di Medardo, Medardo e la vecchia balia Sebastiana. Trascorre il suo tempo libero con il dottor Trelawney. È un ragazzo ingenuo che però è sempre gentile con tutti, anche con la parte malvagia di suo zio Medardo.

I personaggi secondari

Aiolfo è il padre di Medardo che ha deciso di vivere rinchiuso nella sua camera, trasformata in una gigantesca voliera. Muore dal dispiacere dopo l’incidente accaduto al suo uccello preferito, mandato al figlio come simbolo di pace.

Sebastiana è la balia che da sempre vive al castello, ha accudito sia il visconte che suo nipote. È fatta allontanare dal Gramo con uno stratagemma, perché, con i suoi rimproveri, rappresenta la coscienza che gli rinfaccia tutto il male compiuto. Dopo esser stata cacciata si ritira in una casa a Pratofungo.

Il dottor Trelawney, abile nel gioco del tresette e nostalgico dei viaggi con il capitano Cook, si dedica ai suoi studi sui fuochi fatui ed è il compagno di esperienze del giovane nipote di Medardo, con cui trascorre tutto il suo tempo libero. Egli ricucirà le due parti alla fine del romanzo, poi ripartirà su una nave.

Mastro Pietrochiodo è il carpentiere che costruisce i congegni per la tortura dei condannati. Quando il visconte sarà riunito, comincerà a costruire mulini.

I lebbrosi che vivono a Pratofungo non sono mendicanti emarginati, poveri o sofferenti, ma persone che si divertono e trascorrono le giornate tra canti e balli . Il lebbroso Galateo mantiene i contatti tra la comunità e il mondo dei sani, chiedendo l’elemosina agli abitanti di Terralba.

Gli Ugonotti non ricordano più i motivi religiosi per cui se ne sono andati dalla loro patria e pregano con preghiere che non sanno. Odiano sia il Gramo che il Buono, e sono ossessionati dal lavoro.

Pamela è la giovane pastorella di cui si innamorano le due metà del visconte. È il loro oggetto del desiderio, ma è anche la prima che si accorge, a Terralba , che il Gramo e il Buono sono due esseri diversi. Si rifugia nel bosco di Terralba per sfuggire alla metà malvagia di Medardo.

SPAZIO

La storia inizialmente è ambientata in Boemia, nell’accampamento cristiano, poi a Terralba, in Liguria. Gli spazi chiusi sono pochissimi, e quasi di nessuna importanza, in questo romanzo: castello di Terralba, casa di Pietrochiodo e casa della balia Sebastiana. Tutte le vicende del romanzo si svolgono invece in luoghi aperti, il campo di battaglia in Boemia, il villaggio di Pratofungo, il bosco di Terralba: questi sono i luoghi che fanno da sfondo ai fatti narrati. Gli spazi aperti hanno anche dei significati: il campo di battaglia e i morti anticipano una disgrazia; il villaggio di Pratofungo, lontano dal paese di Medardo, è il paese dove vivono le persone cacciate da Terralba, come i lebbrosi e la balia Sebastiana; il bosco simboleggia un rifugio per i personaggi, infatti capita spesso che Pamela, il Buono ed altri personaggi si trovino a nascondervi.

TEMPO:

La vicenda è ambientata nel Seicento, il periodo in cui i cristiani facevano guerra contro i Turchi. I fatti narrati avvengono nell’arco di alcuni mesi, da quando Medardo arriva all’accampamento cristiano a quando le due metà si riuniscono. Le scene hanno la stessa velocità del lettore mentre le legge, non ci sono sbalzi di ritmi, le vicende si svolgono come nel tempo reale. La fabula corrisponde con l’intreccio e non sono presenti prolessi, vi è solamente un’analessi (il ricordo delle vicende passate dal Buono prima di arrivare a Terralba).

STILE:

La struttura fiabesca permette all’autore di togliere pesantezza ai problemi trattati (anche indirettamente), alludendo soltanto e lasciandoli trasparire sotto una narrazione fantasiosa e coinvolgente. Il linguaggio è semplice e scorrevole, spesso ironico: le cattiverie compiute da Medardo maligno non sono mai riportare con accenti crudeli o macabri, come del resto le buone azioni del Buono sono registrate senza quella vera e propria “generosità”, con cui invece dovrebbe apparire. Non sono state utilizzate parole dialettali o straniere per due principali motivi: facilitare la comprensione del testo; non si adattavano al periodo in cui era ambientata la vicenda.

TECNICHE DI PRESENTAZIONE DELLE PAROLE E DEI PENSIERI:

Lo scrittore usa frequentemente discorsi diretti, anche perché il narratore è un personaggio, quindi, per esprimere parole e pensieri di altri personaggi, questo tipo di scrittura è essenziale. Per facilitare la presentazione e la comprensione dei pensieri dei personaggi, tramite un narratore interno, lo scrittore utilizza il discorso indiretto libero e vari monologhi interiori.

NARRATORE:

Il narratore è interno ed è testimone della vicenda: è il nipote di Medardo. Il narratore racconta i fatti maggiormente secondo il suo punto di vista, anche se capita nel romanzo che i pensieri di altri personaggi vengano espressi da lui. È onnisciente e racconta vicende che avvengono anche in sua assenza.

TEMATICHE:

In questo romanzo viene presentato il problema dell’uomo “dimezzato”, cioè incompleto, per questo lo scrittore ha dimezzato il suo personaggio. È, inoltre, un esempio di come, per l’uomo, sia così difficile vivere, nel bene e nel male, come una persona intera. Il tema principale, in questo romanzo, è celato dalle vicende insolite dei due mezzi uomini: il sapere cosa si prova ad essere dimezzato e incompleto. Il sapere di essere incompleto fa soffrire, ed è questo che le due metà (soprattutto il Buono) capiscono; la metà malvagia si accorge meno di questo aspetto in cui si viene a trovare, mentre quella buona intuisce cosa può voler dire “essere dimezzato” (non nel vero senso della parola), incompleto anche nell’animo. A questo punto un altro problema sorge nel contesto, infatti, sentendosi incomplete, le due metà cercano ognuna la loro parte mancante, che non è l’altra metà, ma è una donna, che alla fine risolverà tutto e metterà fine a quella insolita avventura. Provocherà la morte dei due mezzi uomini, e la rinascita dell’uomo intero e completo.

 

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