Se nel 1700 l’Inghilterra era stato il Paese con il dibattito più fecondo di tutto il continente europeo, una generazione più tardi questo ruolo passò alla Francia, ed in particolare a Parigi.
Secondo Denis Diderot il programma di rivoluzione e di rinnovamento culturale che dovevano porsi gli intellettuali del Settecento era basato sull’abbattimento del DOGMATISMO, l’accettazione passiva della cultura del passato, la pigrizia intellettuale. Gli STRUMENTI per raggiungere questi obiettivi erano due: la RAGIONE e l’esperienza dei fatti.
Questi nuovi e spregiudicati intellettuali, allora definiti filosofi ed oggi comunemente conosciuti come illuministi, si dettero il compito di riesaminare sotto nuova luce tutto il sapere umano. È di questo periodo la nascita dell’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, una monumentale opera a cura dello stesso Diderot e di Jean-Baptiste D’Alembert, che si occupava di tutte le discipline ed i campi del sapere. La sua pubblicazione, per i temi innovativi ed a volte polemici incontrarono subito la strenua opposizione del governo francese e della Chiesa romana.
Gli illuministi erano grandi ammiratori del sistema liberale inglese; in particolare concordavano sulla completa libertà di religione e di stampa, sulla fine del potere culturale della Chiesa cattolica, sulla radicale limitazione dell’assolutismo regio.
Nel 1734 Voltaire fece conoscere alla Francia il sistema parlamentare inglese, e nel 1748 Montesquieu dette man forte con le sue opere a Voltaire, facendo un esame comparativo delle diverse forme di governo e giungendo a concludere che il sistema delle leggi di ciascun paese ha uno «spirito» di cui deve essere consapevole chi tentasse di attuarvi progetti riformatori.
Il DISPOTISMO appariva a Montesquieu una forma di governo tipica dei Paesi asiatici. Nella sua opera “Lo spirito delle leggi ” egli giudicava poco adatta alla Francia la forma del governo repubblicano; più confacente alla realtà francese appariva la necessità di affidare i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario a tre distinti organi: parlamento, il re ed il suo governo, la magistratura. Montesquieu finiva così per auspicare una MONARCHIA COSTITUZIONALE. Di diverso parere era invece Voltaire che invece vedeva in un monarca, anche assoluto, ma illuminato il miglior garante dei diritti e della libertà della borghesia contro lo strapotere della nobiltà.
Ben più radicali erano le teorie del filosofo Jean-Jacques
Rousseau, il quale riteneva che i mali della società fossero riconducibili alla proprietà privata, alla diseguaglianza economica, all’asservimento dei poveri ai ricchi. La sua soluzione era la nascita di uno stato in cui tutto il popolo fosse sovrano, un cosiddetto stato democratico, in cui il diritto alla proprietà privata sarebbe stato regolato nell’interesse generale della società.
Gli illuministi non si occupavano solamente di organizzazione generale dello Stato. Nel 1764 il milanese Cesare Beccaria pubblicò un saggio dal titolo “DEI DELITTI E DELLE PENE ” in cui dibatteva sull’inutilità della tortura e della pena di morte. Beccaria, pur essendo l’illuminista italiano più famoso non fu di certo l’unico: a Milano ve n’era un gruppo che aveva fondato una rivista intitolata «Il Caffè».
I libri illuministi vennero ben presto allo scontro con la Chiesa cattolica: molto spesso finirono nell’Indice dei libri proibiti. La maggior parte furono atei, ma molti si proclamavano DEISTI ossia seguaci di un Dio che solo con la ragione arrivavano a conoscere.
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