Riassunto
Dante, uscito dalla selva del peccato, aveva iniziato lascesa del colle allalba. Al tramonto dello stesso giorno egli
si sente assalito da dubbi: per quale suo merito particolare è stato prescelto a visitare da vivo il regno dei morti? Due soli
altri esseri viventi erano scesi nelloltretomba in carne ed ossa: Enea e San Paolo. Ma essi erano stati destinati da Dio a
porre in terra le fondamenta della società umana, rispettivamente nellordine temporale e in quello spirituale: il primo in
quanto capostipite dei Romani, il secondo in quanto propagatore ed organizzatore del Cristianesimo.Per dissipare queste
perplessità Virgilio gli spiega i motivi che lo hanno indotto a venire in suo soccorso. Tre dorme benedette hanno avuto
compassione di Dante in cielo: la Vergine Maria ha raccomandato la salvezza del Poeta a Lucia, la quale a sua volta ha esortato
Beatrice a sottrarlo al mortale pericolo in cui si trovava. Le accorate parole e la sovrumana bellezza della beata, discesa ad
implorarlo, hanno reso il poeta latino impaziente di obbedirle.Al nome della donna amata in gioventù Dante si rianima, non
diversamente dai fiori allalba, e, senza più esitazioni, segue Virgilio nel difficile cammino verso la porta dell
inferno.
Introduzione critica
Dei vari momenti di poesia che in questo canto confluiscono, la critica non
ha tardato ad individuare quelli di più immediata resa lirica: dal tragico tramonto dei versi iniziali alla spirituale
apparizione di Beatrice – che la umana passione non tange e che pure, umanamente, lascia trapelare, nel fuoco di carità che la
muove, lamore di un tempo per il suo fedele amico – alla fresca similitudine dei fioretti, che avvia il canto alla sua
conclusione su una nota di speranza.Più arduo tuttavia e controverso appare il discorso allorché si passi, dallo studio di
questi nuclei lirici di incontrastata evidenza, allanalisi dellordito in cui si inseriscono. Subito dopo i pensosi versi d
apertura troviamo una sommaria invocazione alle Muse, cui seguono lesposizione che Dante fa al maestro dei propri dubbi e la
risposta di Virgilio. Sono queste le parti da molti giudicate impoetiche (il Croce trova qui “titubanze artificiate per dar
luogo a risposte informative… domande non necessarie e risposte che vanno di là dalla domanda”), ma al tempo stesso
indispensabili allarchitettura generale del poema, per la funzione esplicativa che in esso svolgono. In questo canto, infatti,
detto anche “prologo in cielo” per distinguerlo dal primo, detto “prologo in terra “, il Poeta fornisce al lettore le premesse
di natura storico-teologica del suo viaggio nellal di là. Già fin dal primo canto il dramma di Dante era apparso come il
dramma dellumanità allontanatasi dalla via del bene. Singolarmente indicativa, a tal proposito, era stata la figura della
lupa, simbolo di un traviamento, almeno in ugual misura, politico ed etico, cui si era contrapposta, nella profetica
anticipazione di Virgilio, la figura, messianica e purificatrice, del Veltro. E essenziale, per poter penetrare nello spirito
della Commedia, capire che per Dante la lotta tra il bene ed il male non si svolge soltanto nellintimità delle coscienze, ma
ha per teatro il mondo e si concreta in eventi storici, il Poeta abbraccia con un solo sguardo il campo delle intenzioni e
quello delle azioni che ne risultano, e si erge a giudice delle une non meno che delle altre. Il suo giudizio ci apparirà ora
motivato da considerazioni di pura natura etica, ora invece fortemente influenzato da moventi politici, ma questa scissione che
noi siamo portati a stabilire oggi fra due sfere dellagire (la politica e la morale), nella visione rigorosamente unitaria che
del mondo aveva il Medioevo, e di cui Dante è il più alto interprete, non esisteva. Comunque, uno dei miracoli della sua
poesia, e non dei minori, sta proprio nel riproporci, viva e stimolante, in un secolo di dubbi e di cautele critiche, quell
indissolubile unitarietà di visione. Già dunque nel primo canto Dante ci aveva dato gli antefatti del suo viaggio; ma ce li
aveva dati in chiave enigmatica, ricca di suggestioni fantastiche, aperta a una varietà di interpretazioni pressoché
illimitata. In questo secondo canto lambito delle sue preoccupazioni si precisa: non più animali a significare le passioni
dellanimo, non più occulte concordanze col tempo astronomico a suggerire una felice disposizione delle costellazioni all
impresa. Ora Dante fa i nomi di coloro che hanno avuto una funzione provvidenziale sul corso della storia (Enea e San Paolo) e
che in virtù di questa loro funzione hanno potuto, da vivi, varcare le soglie delloltretomba, e con essi si raffronta. La sua
parola è cauta, la struttura sintattica del discorso che rivolge a Virgilio, tormentata e complessa. Ma non dobbiamo vedere in
questo procedere per gradi del suo ragionamento un segno di freddezza, una temporanea assenza dellispirazione, quanto
piuttosto lespressione di un fuoco represso, di un calore contenuto, di una urgenza controllata. Parlando a Virgilio, Dante fa
in realtà un esame di coscienza e non cè alcun motivo per sostenere che un esame di coscienza sia in se stesso tema meno
poetico di unestasi damore. Inoltre dobbiamo tener presente, fin da questi canti iniziali, che la poesia di Dante non nasce
su un terreno vergine di cultura, quale quello cui aspirano i poeti nelle epoche di stanchezza, di transizione, quando, sotto
il peso di una tradizione ormai esausta, sembra impossibile recuperare la genuinità del sentire, ma si alimenta anzi di
continui suggerimenti culturali. E raro che questi suggerimenti restino in Dante arida dottrina: quasi sempre egli li investe
della sua passione e li plasma poeticamente, mentre essi, a loro volta, conferiscono alla terzina dantesca la sua straordinaria
densità e robustezza. Per il fatto che nella Divina Commedia esistono (ma raramente sono isolabili dal contesto in cui sono
inserite) zone di più facile lettura, non è detto che la poesia di Dante vada di necessità ricercata in queste, ad esclusione
di altre in cui lespressione lirica si avviva al contatto con la notizia storica, la precisazione geografica, il problema
filosofico, lassioma teologico. In particolare qui, nel secondo canto, le parole che Dante rivolge al maestro per
manifestargli le sue esitazioni riescono ad esprimere compiutamente, con i riferimenti alla storia di Roma e a quella del
papato, la consapevolezza che Dante ha della sua alta missione. La risposta di Virgilio, anchessa elaborata, partecipa di
tuttaltra atmosfera: è la certezza che risponde al dubbio; la sua complessità è più esteriore che interiore. Soltanto la
comparsa di Beatrice scioglie quello che di troppo rigido rimane per noi nel cerimoniale, evocato dal poeta latino, delle tre
donne benedette e schiude una pagina di sovrana e luminosa poesia: come sempre, quando Dante ricorda la donna da lui tanto
amata in gioventù, la parola gli si fa lieve, incorporea, tanto più casta quanto più appassionata; la politica, la cultura, il
pesante fardello delle sue cure, sono per un istante dimenticati; resta solo uno sguardo rivolto al cielo, una sete religiosa
di chiarezza, lumiltà di un “grande” ai piedi di una ” santa “.
- 200 e 300
- Riassunto e Critica Inferno
- Dante
- Letteratura Italiana - 200 e 300