Riassunto
Sulla porta dellinterno unepigrafe promette, a chi varcherà la soglia, disperazione e dolori eterni, ma Virgilio
invita Dante a deporre ogni forma di timore e ogni perplessità; poi, presolo per mano, con volto rassicurante, lo fa entrare.
Nel buio profondo il Poeta è dapprima colpito da un orribile clamore di voci, poi intravede un numero sterminato di anime che
instancabilmente corrono dietro un vessillo: sono le anime degli ignavi.Insieme ad esse si trovano anche quegli angeli che si
erano dichiarati neutrali quando Lucifero insorse contro Dio. La pena degli ignavi è avvilente, spregevole: mosconi e vespe li
pungono a sangue e il sangue è succhiato ai loro piedi da vermi ripugnanti.Nella turba anonima Dante riconosce colui che, per
pusillanimità, rinunciò alla cattedra di Pietro per la quale era stato prescelto (forse Celestino V). Proseguendo nel loro
cammino i due poeti giungono sulla riva del fiume Acheronte, dove si raccolgono tutte le anime dei peccatori in attesa di
essere traghettate sull altra sponda da Caronte. Il nocchiero svolge il suo compito senza parlare: ordina alle anime di salire
sulla barca facendo loro dei cenni, e, se qualcuna mostra di voler indugiare, la percuote col remo. Caronte, accortosi che
Dante è ancora in vita, lo ammonisce a tornarsene sui suoi passi, ma Virgilio lo costringe al silenzio rivelandogli che il
viaggio del suo discepolo si compie per volere del cielo. Improvvisamente la terra trema, e, mentre un lampo di luce rossa
squarcia le tenebre, Dante perde i sensi.
Introduzione critica
In una lezione del corso tenuto a Torino
nel 1854 Francesco De Sanctis, soffermandosi sullispirazione che è allorigine de] terzo canto dellInferno, aveva ravvisato
in esso il canto del “sublime”. Poiché il sublime non può concepirsi disgiunto da un certo grado di indeterminazione (esso,
infatti, “consiste meno in quello che è espresso che in quello che è sottinteso”), per il critico la poesia delle prime
impressioni, che il Poeta riceve dalle tenebre infernali, nasce dal fatto che il mondo dei dannati, visto più con l
immaginazione che con gli occhi, “è ancora in lontananza “.Non troveremo pertanto, nel vestibolo del regno dei morti, che
“lineamenti generali, poche linee solamente…; ma tutto quello che viene appresso altro non è se non queste stesse linee che
si vanno a poco a poco determinando e prendendo questa e quella figura”. Una bella e vigorosa immagine aiuta il critico ad
illustrare la “formidabile unità del canto”: “E lalbero della vita che il Poeta ti sfronda a foglia a foglia ad ogni passo
che muove innanzi; e ne toglie la speranza: lasciate ogni speranza, voi chentrate. E ne toglie le stelle: quivi sospiri,
pianti e alti guai risonavan per laere sanza stelle. E ne toglie il tempo: facciano un tumulto il qual saggira sempre in
quellaere senza tempo tinto. E ne toglie il cielo: non isperate mai veder lo cielo. E ne toglie lintelligenza: channo
perduto il Ben dellintelletto”.Unanaloga valutazione positiva ci ha dato nel suo saggio su Dante il Momigliano. Illustrando
quello che, nella Commedia, è “il perpetuo commento paesistico del tema psicologico”, aveva notato, nel terzo canto dell
lnferno, “il colore della disperazione”: “Quella pianura livida è un fosco riverbero delle anime che approdano alla
disperazione eterna”.Tre sono i motivi conduttori del canto. Abbiamo da un lato il grande tema metafisico delleternità delle
pene infernali, tema che accompagnerà costantemente il Poeta nella prima parte del suo viaggio e che ora si preannuncia,
soprattutto nelle terzine dellesordio, in una delle sue più allucinanti orchestrazioni. Il secondo tema esprime la simpatia di
Dante per la vita attiva, impegnata, responsabile. Questo tema si configura qui nel suo riflesso negativo, come disprezzo per
coloro che si sono lasciati vivere, invece di conquistarsi la propria vita. A questi due temi si affianca un terzo, che
potremmo definire pittorico, di creazione di atmosfera, intendendo col Momigliano per atmosfera qualcosa che “è più che l
ambiente materiale: … lambiente materiale fuso con i suoi riflessi psicologici “.Esso esprime un vigoroso immaginare ” per
gruppi dinsieme, per “masse” (Sapegno); il chiaroscuro, i contrasti di luce e ombra, non individuano ancora caratteri,
situazioni drammatiche, ma creano come un clima dincubo, di orrore grandioso e indefinito. Questo addensare “ombre su ombre”
sullo sfondo di un “orizzonte aggrondato” (Momigliano) ha una funzione preminente nel determinare le tonalità della seconda
parte del canto. Qui sterminate turbe di anime fanno ressa sulla riva di un fiume per andare a espiare le loro colpe, qui l
anima è completamente soggiogata da quel Dio che disperatamente nega, qui Dio è presente in ogni atto, pensiero, desiderio.
Alla smania paradossalmente inerte – perché impersonale, perché da tutti sentita allo stesso modo – che i dannati mostrano nel
correre incontro alle loro pene, fa riscontro lo sferzante imperio di Caronte, la sua comparsa rapida e rabbiosa.Mentre i primi
due temi si inquadrano in una prospettiva ancora per larga parte medievale, nel terzo il Poeta riecheggia forme e motivi della
presentazione delloltretomba fatta nel sesto libro dellEneide. E stata rilevata a questo proposito, nella corrispondenza dei
richiami dal testo volgare a quello latino, una incertezza di tono, “come se il poeta nuovo, addentrandosi nellindagine di una
materia inconsueta e nellesercizio di una tecnica ignota, avvertisse il bisogno di puntellare la sua inesperienza su una trama
di suggerimenti inventivi e formali, capaci di stimolare la sua fantasia e di fornirgli gli schemi più appropriati del
movimento narrativo …”Questo impaccio sarebbe, tra laltro, rivelato dalla struttura di tipo prevalentemente paratattico sia
del canto sia della singola frase. Così, tanto per fare un esempio, nella “duplice progressione, prima ascendente – sospiri,
pianti, alti guai – poi discendente – lingue, favelle, parole, accenti, voci” dei versi 22-27, con la quale Dante riprende una
movenza virgiliana, è stato visto un eccesso di artificio che rasenterebbe lenfasi, mentre la poesia si affermerebbe nel
paragone con la rena turbinante della terzina successiva, e, più ancora, nel “senso, tutto intimo, di quelle tenebre – laere
sanza stelle, laura sanza tempo tinta – che avvolgono il tumulto e ne dilatano paurosamente lorrore”. Lautore di queste
osservazioni, il Sapegno, ha daltra parte messo in luce, in questo stesso canto, la diversità di taglio, di impostazione
dellimmagine dantesca rispetto a quella virgiliana, animata la prima in ogni sua più riposta piega dalla presenza del
trascendente, e quindi mai statica, pur nella fermezza del disegno; levigata e composta la seconda, frutto di una cultura più
stanca. Ma altrove, proiettando sul canto nel suo insieme la luce di alcune analisi particolari, vede in esso emergere tutti i
dati “con una connotazione, diciamo così, negativa”. Qui le sue perplessità ci appaiono eccessive.Il giudizio del De Sanctis e
quello del Momigliano che vedeva nel terzo, “fra i canti unitari dellInferno, uno dei più belli”, proprio perché in esso Dante
“sembra lavorare distinto, e perciò non calca suoni, linee, tinte, come faranno invece i suoi tardi imitatori della fine del
700 e del principio dell800” – per quanto meno motivati, colgono più da vicino la sostanza del canto.
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