Riassunto
A guardia del secondo cerchio della voragine infernale
i due pellegrini trovano il ringhioso Minosse. Questi, dopo aver udito la confessione dei peccatori che si affollano al suo
cospetto, attorciglia la coda intorno al proprio corpo, per indicare, con il numero dei giri, il cerchio dove ogni dannato
dovrà espiare la sua colpa. Nel secondo ripiano scontano il loro peccato le anime dei lussuriosi: nel buio unincessante bufera
le travolge, facendole dolorosamente cozzare le une contro le altre, cosicché laria è piena di lamenti.Pregato dal suo
discepolo, Virgilio gli addita i personaggi celebri dellantichità e del Medioevo che non seppero vincere in sé la passione, e
che per essa perdettero la vita: Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille… Dante esprime il desiderio di parlare con due
di queste ombre: esse, diversamente dalle altre, procedono indissolubilmente unite e sembrano quasi non opporre resistenza al
vento. Sono Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, colpevoli di adulterio. Chiamati da Dante, i due peccatori si accostano, e
Francesca, manifestata al Poeta la sua gratitudine per aver egli avuto pietà della loro pena, narra di sé e dellamore che con
tanta forza la legò a Paolo. Dante, turbato, vuole sapere quali circostanze portarono il loro sentimento reciproco a
trasformarsi in amore colpevole, e Francesca si abbandona ai ricordi del tempo felice: erano soli; leggevano un romanzo; fu
quella lettura a far incontrare i loro sguardi, a farli trascolorare; fu il primo bacio scambiato fra i protagonisti di quel
romanzo a renderli consapevoli della loro passione. Mentre Francesca parla, Paolo piange: a questa vista, per la profonda
pietà, Dante perde i sensi.
Introduzione critica
LOttocento ci ha dato, in alcune pagine del Discorso
sul testo del poema di Dante, di Ugo Foscolo, e in un saggio del De Sanctis, le interpretazioni più umane e avvincenti di
quella che è senzaltro la più popolare, la più amata delle creazioni della fantasia di Dante: lepisodio di Paolo e
Francesca.Per il Foscolo, in Francesca da Rimini la colpa è “purificata dallardore della passione, e la verecondia abbellisce
la confessione della libidine; e in tutti que versi la compassione pare lunica musa”, poiché non “sì tosto la passione
incomincia ad assumere lonnipotenza del fato, ed opera come fosse la sola divinità della vita, ogni tinta dimpudicizia, d
infamia e di colpa dileguasi”.Il De Sanctis vide in Francesca “la prima donna viva e vera apparsa sullorizzonte poetico de
tempi moderni” Contrariamente a Beatrice, Francesca è, per il grande storico della letteratura italiana, qualcosa di più di una
semplice astrazione (” il puro femminile… il genere o il tipo”): è “vera e propria persona, in tutta la sua libertà”. La
poesia della donna starebbe proprio nellessere vinta: perciò Francesca si anima ai nostri occhi di vita poetica purissima
proprio nellatto in cui soggiace a quella ferrea “necessità che Dante ha espressa con rara energia nella frase: amore… a
nellamato amar perdona “. In queste formulazioni non è difficile scorgere un eccesso di coloritura romantica, sia per il
rilievo che il De Sanctis ama dare al risultato di una generalizzazione (la debolezza in quanto essenza della femminilità), sia
per il parallelo, polemicamente istituito, tra le figure di Francesca e di Beatrice.Ma il De Sanctis rimane un modello
insuperato di penetrazione critica, allorché passa, dallinquadramento dellepisodio in una prospettiva discutibile e comunque
troppo perentoriamente affermata, allesame delle singole situazioni, dei loro riflessi psicologici e morali, della loro
inesauribile vitalità espressiva. Troviamo inoltre nel suo saggio una caratterizzazione della figura di Francesca non meno
felice di quella dataci dal Foscolo: “contrastando e soggiacendo ella serba immacolata lanima, quel non so che di molle, puro,
verecondo e delicato, che è il femminile, <>”.Collocata dalla critica romantica nel segno disperato e
fatale di “amore e morte”, la tragedia di Francesca è stata oggetto di innumerevoli studi, interpretazioni, dibattiti. Ma essa
occupa soltanto una parte del canto, la seconda. Quale rapporto lega le due parti fra loro ? Si tratta soltanto di due
creazioni poetiche giustapposte senza intima necessità, o cè, nel passaggio dalla parte introduttiva allepisodio principale,
uno svolgimento coerente di motivi, di forme, di situazioni? E inoltre, nellepisodio stesso, accanto a Francesca,
disperatamente legata ai ricordi del tempo felice, accanto a Paolo, che ne accompagna col pianto le parole, quale funzione ha
il personaggio Dante? E soltanto uno spettatore, un testimone non meno distaccato che indispensabile? O non piuttosto in lui
per primo, essere vivente e umanissimo, si raccolgono e contrastano i punti di vista che la tragedia con tanta violenza propone
? Sono queste alcune delle domande cui la critica più recente ha cercato di rispondere. E stato rilevato, per esempio, a
proposito della presenza o meno di una reale continuità di sviluppo dalla prima alla seconda parte del canto, che i versi
dall1 al 72 vanno considerati “come una introduzione non semplicemente <> e decorativa del grande episodio”, ma
come la graduale “messa a fuoco dellacerbo dibattito (amore e perdizione, fragilità umana e pietà) che costituisce il tema
principale di questa pagina di poesia” (Caretti). Il Poeta intona il grande tema della pietà come in un ” crescendo”, dalle
martellate terzine della rappresentazione iniziale di Minosse, via via attraverso la descrizione della bufera (con le
musicalissime riprese: e come li stornei…. e come i gru…, che preannunciano lapparizione delle due anime affannate: quali
colombe…) e la rassegna delle ombre dei lussuriosi, fino allorchestrazione del dialogo con Francesca e alla catastrofe
dellultimo verso. E, daltra parte, smorza in eguale misura il tema della inesorabilità delle pene infernali, del loro atroce
automatismo, per creare, intorno alle parole della donna, una atmosfera più mite, di raccolto dolore, di quasi fraterna
sollecitudine.Per quello che riguarda infine la partecipazione del Poeta, in quanto personaggio, allepisodio, notiamo come l
elemento che, nella tragedia di Paolo e Francesca, ne acuisce la compassione fino a fargli perdere i sensi, non è tanto la
cronaca di amore e di morte dei due adulteri, quanto, attraverso e oltre questa cronaca, il destino umano in tutta la vastità
dei suoi significati, la nostra imperfezione (non la sola fragilità di Francesca, in quanto donna), limperscrutabile mistero
del nostro rapporto con Dio, il dramma del bene e del male, della salvezza e della perdizione. La vicenda non è quindi, come
appariva nella critica romantica, un fatto in primo luogo ed esclusivamente umano, ma suggerisce, nellatto in cui rivive nella
coscienza di Dante, un continuo, appassionato riferimento della dimensione delluomo a quella dellEssere che lo trascende. ”
Tra i due infelici amanti e la giustizia divina cè Dante; cè lesperienza di lui uomo preso entro la morsa del divino,
macerato dalla stretta di una verità immutabile.” (Marcazzan) Lepisodio che ha reso immortale il quinto canto deve essere
riportato alla sua problematicità originaria, visto nella pluralità di prospettive che gli derivano dal suo riflettersi nell
animo del personaggio-autore. Solo così quella irrisolta drammaticità, quella ricchezza sempre nuova di risonanze, quel
contenuto di verità inesauribile, che sono il privilegio della vita non meno che della grande poesia, potranno avere, nella
considerazione critica di questo capolavoro, il posto che loro compete.
- 200 e 300
- Riassunto e Critica Inferno
- Dante
- Letteratura Italiana - 200 e 300