Riassunto
Entrati nella città di Dite, i due
poeti si avviano per un sentiero che corre fra le mura e quella parte della necropoli degli eretici ove sono puniti gli
epicurei, negatori dellimmortalità dellanima. Improvvisamente, da uno degli avelli infuocati, una voce prega Dante di
fermarsi: è quella del capo ghibellino Farinata degli Uberti che, dal suo modo di parlare, ha riconosciuto nel Poeta un
compatriota. Dante si avvicina al sepolcro nel quale Farinata sta in piedi, visibile dalla cintola in su.Tutti i pensieri di
questo dannato sono rivolti al mondo dei vivi, a Firenze, al suo partito: egli vuole anzitutto sapere se Dante appartiene a una
famiglia guelfa o ghibellina. Non appena il Poeta gli rivela il nome dei suoi avi, si vanta di averli per ben due volte
debellati. Dante ribatte che essi non furono vinti, ma solo mandati in esilio e che dallesilio seppero tornare sia la prima
sia la seconda volta, laddove gli Uberti furono banditi per sempre dalla città. A questo punto il dialogo è interrotto dall
angosciosa domanda che un altro eretico, egli pure fiorentino, Cavalcante dei Cavalcanti, rivolge a Dante: ” Se la tua
intelligenza ti ha valso il privilegio di visitare, vivo, il regno dei morti, perché mio figlio Guido non è con te?” Il Poeta
indugia nel rispondere e Cavalcante, credendo che il figlio sia morto, ricade, senza una parola, nel suo sepolcro.Riprende a
parlare Farinata, che vuole sapere il motivo di tanto accanimento contro la sua famiglia. Dante gli fa il nome di un fiume –
lArbia – le cui acque furono arrossate dal sangue dei Fiorentini che nel 1260 morirono combattendo contro i fuorusciti
ghibellini comandati appunto da lui, Farinata degli Uberti: e questi ricorda allora, a suo merito, come fu lui solo, dopo
quella sanguinosa giornata, ad opporsi a viso aperto al progetto, avanzato dagli altri ghibellini, di radere al suolo la vinta
Firenze.Lepisodio si conclude con la spiegazione che Farinata fornisce a Dante sulla conoscenza che i dannati hanno del corso
degli eventi terreni. I due pellegrini riprendono quindi il loro cammino dirigendosi verso la zona centrale del
cerchio.
Introduzione critica
Come il quinto, anche il canto decimo dellInferno è tra i più celebri
della Divina Commedia. Per ricchezza di svolgimenti drammatici, per il rilievo che vi assume il personaggio di Farinata degli
Uberti, esso non poteva non imporsi allattenzione di critici e lettori. Farinata è un personaggio di così viva e appassionata
umanità da eludere ogni schema critico. Due righe dellopera dedicata alla Divina Commedia dal Vossler illuminano con
particolare acume la tragedia di questo magnanimo antagonista di Dante: “Come a Francesca il suo amore, a Farinata è dolce
tormento e aspra felicità la coscienza di sé”. Ma la maggior parte dei critici ha veduto in lui, sotto la suggestione della
presentazione statuaria che ne fa Dante sia allinizio dellepisodio (dalla cintola in su tutto l vedrai…. ed el sergea col
petto e con la fronte comavesse linferno in gran dispitto), sia dopo il patetico intermezzo di Cavalcante (non mutò aspetto,
né mosse collo, né piegò sua costa), nientaltro che`lespressione di un orgoglio disumano, di una forza danimo tanto più
conseguente quanto meno sensibile ai valori positivi, di purificazione e riscatto, attribuiti dal Cristianesimo alla
sofferenza.Il disprezzo, la sublime impassibilità: questi i tratti più salienti che, nella tradizione critica di quasi un
secolo, caratterizzano il grande eretico del canto decimo.Egli è, da questo punto di vista, anzitutto il condottiero, il
capoparte indomito e fazioso: esula completamente, dal suo modo di concepire le cose, lidea che possano esistere valori più
alti di quelli che nella lotta senza quartiere trovano la loro espressione più coerente e brutale. Non per nulla il De Sanctis
nel suo saggio su Farinata inizia con un esplicito riferimento a Napoleone: “… perché Kléber imponeva con la statura,
Napoleone comandava con locchio, e luno parlava a sensi, laltro ammaliava limmaginazione “.Perfino il Croce, che ha sempre
esercitato, nei confronti del più acceso ed eloquente pensiero romantico, una funzione moderatrice e di controllo, imposta in
maniera sostanzialmente romantica la sua interpretazione dellepisodio di Farinata.Per lui il vincitore di Montaperti è
anzitutto “il magnanimo. che, vero eroe da epopea, è tutto e soltanto il guerriero, il combattente… Ogni altro affetto gli è
estraneo: ai mali del presente si fa superiore… degli amori e dolori umani non cura…” In realtà una siffatta definizione
appare insufficiente, quando si voglia cogliere, in questo episodio, quella interiore problematicità, presente in tutti i
personaggi della Commedia, che costituisce il vitale fermento di ogni concezione tragica. Solo se riusciamo a scorgere, oltre
lapparenza statuaria, il dibattito di Farinata con se stesso, la contraddizione che lo travaglia (fedeltà al partito, amore di
patria), possiamo inoltre intendere come – più che altro apparente sia il contrasto fra il Dante pieno di rispetto per questo
suo concittadino e il Dante che lo colloca fra i dannati. A questo proposito occorre esaminare un altro giudizio del De
Sanctis: “il tipo di Farinata è ancora troppo semplice per luomo moderno. Cè lì dentro una stoffa ancora epica delluomo, non
ancora drammatica. Manca leloquenza, manca la vita interna dellanima”. Dove il De Sanctis parla dei personaggi di primo piano
della Commedia, il riferimento a Shakespeare o al dramma romantico è sempre implicito. In realtà i personaggi danteschi sono
assai più complessi di quanto a volte lasci supporre la rigidità stilizzata di certi loro atteggiamenti. Così, nellepisodio di
Farinata, una semplice sospensione dubitativa, nel verso alla qual forse fui troppo molesto, contiene già tutto un giudizio che
leroe dà di se stesso. Questo giudizio non ha nulla di schematico, proprio perché vissuto e sofferto nellatto stesso in cui
si formula, ma è presente nella coscienza di Farinata come una insopprimibile realtà e vanifica dallinterno tutta la sua
monumentale autosufficienza. ” Dante sente fortissimo il fascino – come felicemente scrive il Montanari – del combattente
impegnato totalmente nella lotta” e celebra in Farinata “Iuomo che si dà completamente a unidea con totale devozione”, ma
occorre non dimenticare che, nelluniverso morale della Commedia, la disinteressata espressione della propria soggettività non
basta a riscattare le azioni di un uomo. La “coerenza con se stessi”, inappellabile istanza dello stoicismo disincantato,
supremo rifugio di ogni relativismo romantico, non può essere, per un cristiano, un criterio accettabile in sede di valutazione
etica. Questo è il motivo per il quale Dante, pur esaltandone la figura, non solo colloca Farinata fra i reprobi, ma induce
questo orgoglioso a manifestare il proprio dubbio sulla validità delle scelte da lui operate in terra.Un antico commentatore
della Commedia dava di Farinata questo ritratto: “Seguace di Epicuro, non credeva ci fosse altro mondo allinfuori di questo;
perciò si sforzava in ogni modo di primeggiare in questa vita breve, non sperando in unaltra migliore”. Ebbene, proprio nell
aver egli rifiutato di subordinare le ragioni del contingente a quelle delleterno, concependo la lotta politica come fine a
sé, senza legarla a quelle norme, che – come Dante stesso ha inteso mostrare nella Monarchia – la redimono in una teleologia
religiosa, sta il senso più profondo della sua ribellione a Dio.In lui il Poeta ha veduto, al di là delleroe, il colpevole,
colui che nella lotta fra il bene e il male ha definitivamente perduto, colui che, dopo essersi appartato in un altero
isolamento, sommessamente proclama la propria imperfezione (noi veggiam, come quei cha mala luce) e indirettamente afferma,
attraverso lesempio del proprio dolore, la gloria di Chi solo ha in sé le fondamenta del proprio essere e nel quale mondo e
umana coscienza del mondo trovano il loro compimento.
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