Riassunto
I due poeti scendono per un
dirupo dal sesto al settimo cerchio. Qui trovano, a sbarrare il cammino, il frutto dellinnaturale connubio di Parsifae con un
toro, il Minotauro. Nel vederli, accecato dallira, il mostro morde se stesso, poi, quando ode rievocati da Virgilio la propria
uccisione ad opera di Teseo e il tradimento della sorella Arianna, saltella qua e là come toro colpito a morte. I due ne
approfittano per scendere ai piedi della frana. Virgilio spiega a Dante come essa sia la conseguenza del terremoto che
precedette la discesa di Cristo nel limbo, allorché lintero universo sembrò per un attimo volersi nuovamente convertire nel
caos originario. Il settimo cerchio è tutto occupato da un fiume di sangue bollente, in cui sono immersi i violenti contro il
prossimo. A guardia dei dannati sono posti i centauri. Armati di arco e di frecce, come quando, in terra, solevano andare a
caccia, hanno il compito di impedire alle ombre di emergere dal sangue più di quanto la loro pena comporti. Il centauro Nesso
scambia i viandanti per due anime e chiede loro a quale pena siano destinati. Ma Virgilio vuole parlare soltanto con Chirone,
il leggendario maestro di Achille; giunto in sua presenza, gli fornisce esaurienti spiegazioni sul loro viaggio nel regno delle
ombre: ” Sì, Dante è vivo e devo mostrargli linferno; litinerario che percorre è necessario alla salvezza della sua anima;
dallalto dei cieli unanima beata scese per affidarmi lincarico di guidarlo nel cammino; non siamo anime di peccatori
“.
Poi chiede a Chirone una guida che mostri loro il punto dove si può guadare il fossato, e il saggio centauro designa a
questo incarico Nesso. A mano a mano che i tre avanzano lungo la riva, Nesso elenca i dannati che sono immersi nel sangue: dei
tiranni sono visibili soltanto i capelli, degli omicidi lintera testa, dei predoni la testa e il petto. Giunti al guado, i tre
passano sulla riva opposta; poi Nesso, adempiuto il suo compito, torna indietro.
Introduzione critica
In
questo canto lattenzione del Poeta non si ferma sullo spettacolo del castigo infernale (laccenno al fiume di sangue non va
oltre la menzione generica – riviera del sangue, bollor vermiglio, bulicame – alla quale fa eco il caricaturale bolliti) o
sulla caratterizzazione di un dannato: protagonisti ne sono i centauri, custodi del primo girone del cerchio dei violenti. Ad
essi si contrappone, sul piano simbolico, una figura anchessa per metà umana e per metà ferina la quale, tuttavia, nella
rielaborazione in senso etico e religioso dei miti antichi operata dal Poeta, ne rappresenta la più diretta antitesi: il
Minotauro.
Posto inutilmente (giace inerte, allimprovviso la sua ira lo colpisce – se stesso morse – prima ancora che
Virgilio gli parli) a guardia dellingresso al cerchio, il Minotauro appare animato da una vitalità innaturale, come in un
presagio di morte. Le parole che Virgilio gli rivolge sono di scherno feroce: apparentemente intese a placarlo, mirano in
realtà a fargli perdere ogni capacità di discernimento, sono il colpo mortale che la ragione infligge alla bestialità di null
altro armata che del proprio furore. Nellimmagine del toro saltellante il crepuscolo della coscienza è ritratto con attenzione
divertita, senza alcun indugio nel descrittivo: come sempre in Dante, attraverso la notazione realistica si fa strada il
giudizio morale.
La figura del Minotauro è infatti, non meno di quella degli altri custodi infernali, anche un simbolo:
rappresenta la matta bestialità, il progressivo ottenebrarsi della chiarezza razionale nel caos degli istinti. La brutale,
scena del macello si inquadra – trovando in essa il suo compimento ideale, la suprema definizione del suo significato – in una
cornice mitologica. Fin dal suo primo apparire Dante riconosce, in quella massa pesantemente adagiata, linfamia di Creti,
quasi linfamia per antonomasia. Latteggiamento esteriore del mostro, la sua animalità, torpida ma non rassegnata, ne
denunciano, senza possibilità di equivoci, lesatto collocamento nella gerarchia degli esseri e dei valori.
Cosi, anche
in questa figura che esprime, come tante altre della Commedia, uninterpretazione cristiana dei miti del paganesimo, passato
remotissimo e attualità della cosa vista, tradizione letteraria (Ovidio) ed esperienza diretta si compongono in un rapporto
tanto più intimo e persuasivo, quanto più rispondente ad un intento di esemplificazione e di ammaestramento.
Mentre il
Minotauro rappresenta il degradarsi dellumano nellanimalità, i centauri simboleggiano il processo inverso, larmonico dominio
della volontà cosciente sulle passioni, il contemperamento della forza con la saggezza. Chirone è ricordato come il maestro di
Achille (e nel verbo nodrì, come ha osservato il Mazzoni, sono affettuosamente riassunte le paterne sollecitudini di quell
insegnamento), Nesso prende il posto di Virgilio nellillustrare a Dante la topografia fisica e morale dei girone e, se all
inizio il poeta latino gli ricorda, in tono di rimprovero, le funeste conseguenze della sua impazienza, la presentazione che ne
fa poi al discepolo appare elogiativa. Un verso come che morì per la bella Deianira potrebbe inserirsi senza stonare nell
enumerazione, fatta da Virgilio (Inferno V, 61-69), dei generosi che perdettero la vita per amore. Come nelle favole, le
qualità della donna amata si compendiano in questo endecasillabo nel solo attributo bella. Basta questa sola qualità perché l
uomo, animo nobile, eroe, quasi gioisca di offrire attraverso il proprio sacrificio una prova che si adegui allinfinità del
suo amore. Ma il centauro, a differenza dei morti per amore del quinto canto, seppe predisporre, morendo, lo strumento della
propria vendetta (il clima dellevocazione delle donne antiche e dei cavalieri prepara la tragedia; i centauri si inquadrano
invece in una prestigiosa aura di leggenda). Lattenzione di Dante è rivolta soprattutto a Chirone, ritratto al centro di un
gruppo scultoreo, in cui sembra quasi rivivere il ritmo luminoso e solenne dei rilievi di Olìmpia.
Il grande centauro
riflette, il suo sguardo si astrae da ogni oggetto circostante, il suo pensiero si ripiega su se stesso: al petto si mira.
Quindi, prima dì parlare, si pettina la grande barba, con la cocca di una freccia. Nei centauri non troviamo traccia di quell
automatismo feroce, di quella spaventosa cecità spirituale che contraddistinguono, gli altri custodi infernali.
Anche
Caronte, la più umana di queste figure, appare demoniaco se paragonato ai saettatori del settimo cerchio. Questi, “più solenni
che selvaggi, fanno pensare alla primitiva umanità eroica. del Vico” (Momigliano), a quel mitico periodo agli albori della
storia in cui luomo, emergendo a poco a poco, dalla barbarie, ma di questa conservando inalterata la schiettezza, seppe creare
le prime forme del vivere civile. Il Minotauro è invece lespressione di una fase anteriore, nella cronologia dei miti: quella
in cui luomo, non ancora soggetto alle leggi, credeva di poter impunemente sfidare la volontà degli dei e lordine della
natura.
Nellultima parte del canto, occupata da un elenco di tiranni e di predoni, la storia, si sostituisce, come
fonte dinsegnamento morale, alla leggenda. La figura dei centauro Nesso è qui quella di un pedagogo diligente e impersonale.
Ma le sue parole riflettono, in due punti almeno del suo discorso, unintensa partecipazione. Là dove delineano, fortemente
rilevate in campo rosso (il sangue da essi versato), le capigliature di Ezzelino da Romano e di Obizzo dEste, non un cenno è
fatto alle azioni nefande di questi tiranni. Solo un nero e un giallo simprimono nella nostra mente, accostati con quel gusto
del colore pieno, compatto, prezioso, che si ritrova nella pittura romanica. Poi, dopo alcuni versi, alto sul fluire del
Tamigi, isolato nella maestà della morte, il cuore di un innocente assassinato in una chiesa.
- 200 e 300
- Riassunto e Critica Inferno
- Dante
- Letteratura Italiana - 200 e 300