Nesso non era, ancora arrivato di là (dal guado), quando noi entrammo in un bosco che non aveva alcuna
traccia di sentieri. Non cerano foglie verdi, ma di colore scuro; non rami lisci e diritti, ma nodosi e contorti; non frutti,
ma spine con veleno: quegli animali selvaggi che (in Maremma) tra il fiume Cecina e la località di Corneto odiano i luoghi
coltivati, non hanno (per loro dimora) macchie così irte e pungentì e così folte. Qui fanno i loro nidi le sozze Arpie, che
costrinsero alla fuga dalle isole Strofadi i Troiani con la funesta profezia di mali futuri. Hanno ali larghe, colli e facce di
esseri umani, piedi con artigli, e il grande ventre coperto di penne; si lamentano, in modo strano, sugli alberi. E il valente
maestro: ” Prima che tu ti inoltri, sappi che sei nel secondo girone ” cominciò a dirmi, ” e vi starai fino a quando tu
arriverai allorribile distesa sabbiosa: perciò guarda ripetutamente e con attenzione; così facendo vedrai cose tali che
toglierebbero credito alle mie parole”. lo sentivo da ogni parte emettere lamenti acuti, e non vedevo nessuno che li facesse;
per questo tutto smarrito mi fermai. Ritengo che Virgilio pensasse che io credessi che voci così numerose uscissero, (passando)
tra quegli alberi secchi, da gente che si nasc:ondesse a noi. Perciò il maestro disse: ” Se tu spezzi un qualsiasi ramoscello
di una di queste piante, i tuoi pensieri si dimostreranno tutti erronei “. Allora stesi la mano un poco in avanti, e colsi un
ramoscello da un grande albero spinoso; e il suo tronco gridò: ” Perché mi schianti ? ” Poi, dopo che si coprì di sangue,
ricominciò a dire: ” Perché mi strappi ? non hai tu alcun senso di pietà? Fummo uomini, e ora siamo trasformati in piante
selvatiche: la tua mano dovrebbe essere anche più pietosa, se fossimo state anime di serpi “. Come da un tizzone verde al quale
ad una estremità sia appiccato il fuoco, che dallaltra stilla gocce di umore e stride a causa dellarla interna che ne esce,
allo stesso modo dal ramo rotto uscivano insieme parole e sangue; perciò io lasciai cadere il ramoscello, e rimasi immobile
come chi ha paura. “Se egli avesse potuto credere senza provare” rispose il saggio Virgilio: “o anima ferita, ciò che ha veduto
soltanto per mezzo della mia poesia, non avrebbe stesa la mano contro di te; ma la cosa, in sé incredibile, mi spinse a indurlo
a compiere un atto che rincresce a me per primo. Ma digli chi tu fosti, cosicché invece di un qualche risarcimento ravvivi la
tua fama nel mondo dei vivi, dove gli è lecito ritornare. ” E il tronco (disse) : ” Mi attiri, con lesca delle tue dolci
parole in modo tale, che io non posso tacere; e a voi non pesi se io mi trattengo un poco a discorrere. Io sono colui, che
tenni tutte e due le chiavi del cuore di Federico, e che le girai, aprendo e chiudendo, così delicatamente, che esclusi quasi
ogni altra persona dalla sua intimità: fui tanto fedele al mio glorioso incarico, che a causa di ciò perdetti la quiete e la
salute. Linvidia, rovina di tutti è male delle corti, che mai ha distolto il suo sguardo disonesto dalla corte imperiale,
aizzò tutti gli animi contro di me; e gli aizzati aizzarono tanto limperatore, che le gloriose onorificenze si convertirono in
cupi dolori. Il mio animo, per sprezzante compiacimento, credendo che con la morte si sarebbe sottratto al disprezzo, mi rese
ingiusto contro me stesso (che ero invece) giusto. Per le mostruose radici di questo albero vi giuro che mai venni meno alla
fedeltà verso il mio signore, che fu tanto degno di rispetto. E se luno o laltro di voi torna nel mondo, renda giustizia alla
mia memoria, che è ancora prostrata per il colpo che linvidia le inferse “. Virgilio attese un poco, e poi mi disse: ” Dal
momento che egli tace non perdere tempo; ma parla, rivolgigli domande, se hai piacere di sapere di più “. Perciò io dissi a
lui: ” Domanda ancora tu ciò che credi possa appagarmi; perché io non potrei, da così grande pietà sono toccato nel cuore! ”
Perciò riprese: ” Se ti verrà fatto spontaneamente il favore che le tue parole chiedono in tono di preghìera, spirito
prigioniero, ti sia gradito ancora di dirci in che modo lanima si rapprende in questi duri nodi; e rivelaci, se puoi, se mai
qualche anima si libera da simili membra. Allora il tronco soffiò forte, e poi quel soffio si convertì in tali parole ” Vi sarà
data una risposta breve. Quando lanima crudele (contro il corpo) si separa dal corpo dal quale essa stessa si è strappata,
Minosse la manda al settimo cerchio. Cade nella selva, e non le è prescelto il luogo; ma là dove il caso la scaglia, qui
germoglia come seme di frumento. Cresce in forma di virgulto e di pianta selvatica: poi le Arpie, pascendosi delle sue foglie,
le procurano dolore, e un varco alle manifestazioni di esso. Come le altre (anime) verremo (nella valle di Giosafàt) a
riprendere i nostri corpi, ma non per questo alcuna di noi se ne rivestirà, poiché non è giusto avere ciò di cui ci si è
privati. Trascinererno penosamente i nostri corpi (fin qui), ed essi saranno appesi nella mesta selva, ciascuno alla pianta in
cui è chiusa la sua anima nemica a se stessa “. Noi eravamo ancora tutti intenti allalbero, credendo che ci volesse dire altre
cose, quando fummo sorpresi da un rumore, come colui che sente arrivare il cinghiaie e i cani e i cacciatori al luogo dove si è
appostato, e ode le bestie e lo stormire delle fronde. Ed ecco apparire due dal lato sinistro, nudi e pieni di graffi, che
scappavano così in fretta, da rompere ogni fronda del bosco. Quello (che correva) davanti (gridava): ” Presto corrimi in aiuto,
corrimi in aiuto, o morte ! ” E laltro, che si accorgeva di restare pericolosamente indietro, gridava: ” Lano, non furono così
abili le tue gambe nella battaglia del Toppo! ” E poiché forse gli mancava il fiato, di sé e di un cespuglio fece un viluppo
annodato strettamente. Dietro di loro cera la selva piena di nere cagne, bramose e veloci come cani da caccia sguinzagliati in
quel momento, Azzannarono quello che si era nascosto (nel cespuglio), e lo lacerarono pezzo per pezzo; poi se ne andarono
portando (con sé) quelle membra dolenti. Allora la mia guida mi prese per mano, e mi condusse al cespuglio che piangeva
inutilmente attraverso gli squarci sanguinanti. Diceva il cespuglio: ” O Giacomo da SantAndrea, a che ti è servito farti scudo
di me? che colpa ho io della tua vita colpevole? ” Quando il maestro si fermò presso di lui, disse: ” Chi fosti, che attraverso
tante ferite emetti parole dolorose insieme a sangue? ” Ed egli (rispose) a noi: ” O anime che siete arrivate per vedere lo
strazio indecoroso che ha staccato con tanta violenza le mie fronde da me stesso, radunatele ai piedi del cespuglio miserevole.
Io fui della città (Firenze) che mutò il primo patrono (Marte) con il Battista (San Giovanni Battista); onde egli (Marte) a
causa di ciò sempre la affliggerà con la sua arte (la guerra); e se non fosse che sul ponte dellArno rimane ancora unimmagine
di lui, quei cittadini che più tardi la fondarono nuovamente sulle ceneri rimaste dopo Attila, avrebbero fatto fare il lavoro
inutilmente. Io mi impiccai nella mia casa “.
- Letteratura Italiana
- Parafrasi Inferno
- Dante
- Letteratura Italiana - 200 e 300