Riassunto
La terza bolgia, dallalto del ponte che la sovrasta, appare. interamente disseminata
di buche circolari. Da ciascuna di queste spuntano le gambe di un dannato confitto in essa a testa in giù e con le piante dei
piedi lambite dalle fiamme. I peccatori che la giustizia divina cosi punisce sono i simoniaci, coloro cioè che hanno fatto
commercio delle cose sacre.
Dante ferma la sua attenzione su di uno che agita le gambe con impeto più disperato degli altri
e che è tormentato da un fuoco più doloroso. Perché il suo discepolo possa apprendere da questo dannato i motivi che lo
indussero ad infrangere la legge di Dio, Virgilio lo porta sul fondo della bolgia. Invitato a parlare, il peccatore apostrofa
Dante chiedendogli il motivo del suo arrivo nel regno delleterno dolore prima del termine a lui prescritto lo ha infatti
scambiato per Bonifacio VIII, destinato a prendere il suo posto allapertura della buca dei papi simoniaci. Dopo aver compreso
il suo errore, rivela la propria identità: fu Niccolò III, della stirpe rapace degli Orsini; E dannato per aver favorito in
modo fraudolento i propri familiari.
Il posto di Bonifacio VIII sarà poi occupato da un altro pontefice, ancora più
scellerato, Clemente V. Travolto dallindignazione, Dante prorompe i n una violenta invettí va contro la sete di beni materiali
che ha allontanato i vicari di Cristo dai compiti che loro assegnò il divino Maestro e ravvisa nella Chiesa avida di potere e
di ricchezze il mostro dalle sette teste e dalle dieci corna di cui parla lApocalisse. Ricorda quindi con dolore la donazione
di alcuni terrítori che limperatore Costantino fece a papa Silvestro, origine prima del potere temporale dei pontefici e delle
discordie che travagliano lumanità. Poi Virgilio lo riporta sullargine che separa la terza bolgia dalla quarta e di lì sul
ponte che scavalca questultima.
Introduzione critica
Nella prima parte dellInferno la polemica
politica di Dante ha per oggetto la storia di Firenze a partire dal 1215, lanno fatale in cui loffesa arrecata da
Buondelmonte dei Buondelmonti alla famiglia degli Amidei portò alla divisione degli abitanti della città in Guelfi e
Ghibellini. E storia recente, rispetto ai tempi del Poeta, sono episodi di sangue, odi covati e trasmessi di generazione in
generazione nellisolamento delle mura cittadine. E stato osservato che Dante ha spesso delle vicende della sua città una
visione angusta e municipalistica e che, ad esempio, nel canto quindicesimo, “le puntate cittadinesche contro Fiesole, il
frizzo sulla cecità dei Fiorentini, i proverbi” delineano una Firenze minore, stretta nelle sue mura, rievocata anche nel
linguaggio casalingo” (Bosco). Ma Dante non si limita – e in ciò è la grandezza dei suo messaggio, anche quando le soluzioni da
lui additate appaiono, sul terreno dei fatti, utopistiche o semplicemente irrealizzabili perché tendenti a ripristinare il
passato – a dar sfogo ai suoi risentimenti di uomo di parte e di esule, né, daltra parte, intende fare opera di cronista. L
indagine cui egli sottopone gli eventi politici mira a ricondurli, non diversamente da ogni altra forma di agire umano, in uno
spazio etico, in una regione di norme inaccessibili allerrore.
La politica in quanto sfera autosufficiente e chiusa in se
stessa è una creazione del Rinascimento. Per il pensiero medievale essa non può essere scissa dalla totalità dellagire umano:
nelloperare politico, come in qualsiasi accadimento che ha la sua radice nella libertà del nostro volere, si svela un
intenzione volta ad affermare o a negare Dio e il mondo che in Dio, trascendendosi, si afferma e si ordina. Per questo. Dante
può trascurare lanalisi dei moventi esclusivamente pratici, circoscritti nel tempo al conseguimento di fini particolari, che
determinano lazione politica per questo, nella sua visione degli eventi, sorretta da una fede sempre più salda a mano a mano
che lavverarsi del suo ideale di giustizia sembra farsi più improbabile e remoto, egli non riesce a definire altrimenti che
come decadimento e corruzione radicati nellavarizia il faticoso emergere, tra la fine del secolo XIII e il principio del XIV,
di nuove strutture economiche e sociali e di nuovi istituti politici.
Nel canto diciannovesimo per la prima volta la visione
di Dante abbraccia il destino dellumanità intera, preda dellanarchia in seguito allabuso che la Chiesa ha fatto della dote
di Costantino. La donazione di Costantino, sulla quale appariva nel Medioevo legittimamente fondato il potere temporale dei
papi, era, ai tempi del Poeta, al centro delle discussioni che vedevano schierati in campi opposti giuristi guelfi e
ghibellini. Nella Monarchia Dante interpreta questa donazione, del cui testo pare non abbia avuto conoscenza diretta, nel senso
che Costantino si limitò a “costituire un patrimonio ecclesiastico per sovvenire ai bisogni dei clero e dei poveri, fermo
restando il superiore dominio dellimpero sui beni assegnati alla Chiesa” (Nardi). Ma, secondo Dante, il bene operar dell
imperatore romano fe mal frutto, poiché “nonostante lintenzione sacra e benigna del donatore, la donazione costantiniana,
così come venne interpretata da chi laccettò, fu cagione di grave danno alla Chiesa e allumanità” (Nardi). Il peccato di
simonia colpito nella terza bolgia ha quindi unorigine storica: lumanità redenta dal sacrificio del Cristo si è nuovamente
allontanata dal suo Fattore e ha cominciato, dietro lesempio di coloro che avrebbero dovuto guidarla a Lui, a fare oggetto
della propria adorazione non il principio della vita, il Verbo, ma pezzi di materia lucente: fatto vavete Dio doro e d
argento. Non diversamente, nel racconto biblico, gli Ebrei, perduta la fede nel ritorno di Mosè dal monte Sinai, si erano
lasciati persuadere a fare oggetto delle loro preghiere e dei loro sacrifici un vitello doro. Le affinità fra lo stile dell
episodio dei simoniaci, basato sullinvettiva e sulla visione profetica, e quello biblico, sono molteplici ed evidenti, ma
occorre anzitutto cogliere la disposizione danimo rigorosa ed intransigente, comune sia a Dante che agli agiografi, nei
confronti di chi subordina le ragioni delleterno a quelle del contingente. LIndignazione di Dante prorompe in questo canto in
accenti di inusitata asprezza proprio perché a promuovere in terra la religione dei beni materiali e la corruzione che ne è
derivata sono stati coloro ai quali Cristo ha affidato il compito di custodire la sua Parola. La simbologia complessa che
percorre il canto è di derivazione biblica, ma non resta lettera morta, semplice imitazione o parodia, secondo quanto ritiene
il DOvidio, del modo di parlare degli ecclesiastici che hanno agito in modo contrario ai dettami della fede. Essa commuove il
Poeta fin nel profondo, carica comè di allusioni ad una vicenda sovrannaturale, per cui le singole immagini (spose…
avolterate… matre… patre … ), nel tradurre in termini di consanguineità i rapporti stabilitisi fra una realtà umana e
Dio, riflettono la stessa immediatezza aspra e solenne che caratterizza le immagini bibliche. Ma in Dante rivive non soltanto
laccesa religiosità dei profeti dIsraele, ma anche il severo metodo della Scolastica, poco propizio allamplificazione dei
sentimenti quanto portato ad estendere a tutti gli aspetti del reale il rigore del procedimento deduttivo. La su poesia nasce
proprio dal contrapporsi dialettico di un fortissima istanza passionale e di una non meno forte esigenza di ordine e di
logicità. Di qui deriva, nel canto diciannovesimo, che le singole immagini appaiono legate fra loro da i lessi di pensiero
oltre che di sentimento. Il Sanguineti ha parlato in proposito di “un puntualissimo immaginare deduttivo”, di un
“sillogizzare… che non viene già traducendosi, di momento in momento, in immagine, ma in immagine appunto, in figura
originariamente germina, in figurati emblemi viene immediatamente disviluppando la propria trama”.
- 200 e 300
- Riassunto e Critica Inferno
- Dante
- Letteratura Italiana - 200 e 300