Riassunto
I due pellegrini
giungono sul ponte che scavalca la quinta bolgia, straordinariamente buia a causa della pece bollente che ne occupa il fondo e
nella quale sono immersi i barattieri, coloro cioè che fecero commercio dei pubblici uffici. Mentre Dante è intento a guardare
in basso, sopraggiunge veloce un diavolo e, dallalto del ponte, getta nella pece uno degli «anziani» di Lucca, città nella
quale, a suo dire, tutti sono barattieri. Il dannato, dopo il tuffo violento, viene a galla, ma i custodi della bolgia, i
Malebranche, lo costringono ad immergersi nuovamente. A questo punto Virgilio, dopo aver fatto nascondere Dante dietro uno
spuntone roccioso, si dirige verso i diavoli e fa presente al loro capo, Malacoda, che il viaggio intrapreso da lui e dal suo
discepolo è voluto dal cielo; poi invita Dante ad uscire dal suo nascondiglio. Alla sua vista i Malebranche tentano di
uncinarlo; occorre che Malacoda faccia ricorso a tutta la sua autorità perché desistano dal loro proposito. Malacoda fornisce
quindi a Virgilio indicazioni riguardo allo scoglio che porta alla sesta bolgia, essendo crollato, su questultima, il ponte
posto in continuazione di quelli che i due poeti hanno fino a questo punto percorso. Dà poi loro come scorta un gruppo di dieci
suoi sottoposti, comandati da Barbariccia. I dieci diavoli si mettono in fila e Barbariccia, attraverso uno sconcio segnale,
impartisce loro lordine della partenza.
Introduzione critica
Il problema del comico in Dante, impostato
dal De Sanctis nei suoi termini essenziali, è stato variamente studiato dai critici. Alcuni hanno preteso – riallacciandolo al
modo in cui il Poeta raffigura se stesso in balìa, in un mondo di mostri e di orrori, della propria paura – di individuare nel
comico una tonalità di non trascurabile rilievo nellordito complessivo del poema. Dante ritrae se stesso in quanto
protagonista della Commedia e personaggio tipico (non dunque nei momenti di maggiore accensione, allorché la passione lo porta
ad identificare la propria proiezione nel narrato con la propria realtà di autore) come “un uomo di media umanità, rifuggente
da ogni atteggiamento eroico, con lanimo aperto ai sentimenti che normalmente commuoverebbero il petto delluomo, in quelle
circostanze; fra i quali sentimenti deve trovar posto… anche la paura” (Frascino). Nelle forme in cui questa paura si viene
atteggiando è stata riscontrata una comicità affine, per alcuni versi, a quella che il Manzoni fa scaturire dal personaggio di
Don Abbondio. In questo senso si esprime ad esempio il Torraca nel commentare un passo del canto ventunesimo dellInferno.
Altri critici, più aderenti alla tesi del De Sanctis, hanno fortemente limitato la presenza del comico nel poema. Per il Parodi
Dante è troppo seriamente impegnato in quello che dice per potersi concedere una pausa di disinteressata, serena contemplazione
delle umane debolezze; carattere fondamentale del poema è la tensione; più che di tonalità comica occorre parlare di realismo,
satira, sarcasmo. Il Pirandello, in unanalisi del primo canto dei barattieri, attira lattenzione sul fatto che “Dante non può
far che Dio scherzi punendo”, ed aggiunge: “Non bisogna confondere il sarcasmo, lironia, lo scherno, col comico. Che se
talvolta comica appare esteriormente la frase, non ne è mai comico il sapore, perché non è mai comica lintenzione del poeta; e
perciò non fa ridere. La frase comica sarà messa lì per ottenere un effetto di più cruda ripugnanza”. Il Vossler infine ritiene
che, ove Dante avesse, nel regno della malizia, fatto luogo “ad una comicità bonaria e spensierata”, sarebbe andato contro
quella che è “lintonazione fondamentale della Commedia, che per tutti i cento canti rimane sempre saldamente etica”.
Ora
appare evidente – per poco che si abbia dimestichezza con il poema – che le formulazioni del De Sanctis sono in linea di
massima esatte, che il riso di Dante è quasi ovunque amaro, si apparenta al ghigno, alla smorfia di dolore, al disgusto, trova
la sua espressione nellironia crudele, sfocia, in modo ora più ora meno esplicito, nellinvettiva. Ma, per alcuni dei luoghi
del poema dove Dante mostra se stesso alle prese con la paura e in particolare per i canti dei barattieri, è altrettanto
evidente che la tonalità che prevale è il comico, mentre le forme appassionate e moralmente definite dellironia, del sarcasmo,
dello scherno sono come messe in ombra. Naturalmente, nel fare menzione del comico a proposito di Dante, non dobbiamo intendere
questa categoria nei significati che è venuta assumendo in tempi diversi da quelli del Poeta. Il comico in Dante ha una carica
di immediatezza ed una violenza di contorni quali non è dato riscontrare in secoli che hanno sostituito allinterrogazione
diretta del reale un gioco di schermi e finzioni, alla ferma constatazione del negativo la fuga in un eliso di armoniche
parvenze.
Il Sapegno colloca la comicità dellepisodio dei barattieri nella cornice di un “gusto schiettamente romanico”, il
Sozzi scorge in essa “unattenzione piena di curiosità di fronte a quello che sotto laspetto filosofico è il mondo della
naturalità e della vitalità pura e fine a se stessa, il mondo « politico » nel senso crociano del termine”, nel quale i valori
non riducibili allutile individuale sono del tutto ignorati e spietata si afferma la lotta per la sopravvivenza e il successo.
Il Del Beccaro, a sua volta, vede nella quinta bolgia, come del resto nel cerchio ottavo preso nel suo complesso, lantitesi di
quel “passato sereno, di patriarcali virtù”, verso il quale Dante nostalgicamente si protende e che aspira a veder
ripristinato: “La fisionomia del mondo, dei viventi, il mondo del « negozio », è qui più corrente che altrove, quasi che Dante
abbia voluto sottintendere una condanna di principio alla preponderante attività degli uomini del suo tempo, al sempre più
libero e disinvolto commercio duna società in fase di espansione”. La città della frode, agli antipodi della Gerusalemme
celeste, è quindi anche la città dei traffici, dellattivismo senza scrupoli che ha per fine il guadagno, di quella borghesia
razionalisticamente orientata che sarà, alcuni decenni dopo la morte dellAlighieri, la protagonista del Decamerone. Il quadro
dellarzanà de Viniziani (versi 7-15) non è soltanto una miniatura esuberante o meno – a seconda dello schema critico cui
viene commisurata – rispetto allinsieme del canto, del quale costituisce il prologo. Esso ha un valore emblematico,
rappresentativo dellintero clima di Malebolge, e dellepisodio dei barattieri in particolare: un operare fervido, disgiunto
dalla considerazione di finalità fondate in un ambito morale, ha condotto questi peccatori non a costruire, restaurando il
distrutto, ma a distruggere, a perdersi.
Quello che per il De Sanctis è lo stile di Malebolge, la sua «prosa», la sua
comicità densa e plebea, scaturisce dalla natura stessa del peccato di frode, radicato, assai più di quelli di incontinenza o
di violenza, nellintersoggettività del vivere sociale: di qui il prevalere dei gruppi sulle grandi individualità isolate e
quello della rappresentazione dinamica sulla presentazione statuaria dei personaggi. Tra le specificazioni della frode la
baratteria rappresenta, in modo più esplicito delle altre, il principio eversore di ogni ordinamento civile, un germe di
anarchia che trova, nellindividualismo indocile dei dieci demoni, la propria persuasiva e sicura misura poetica.
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