Riassunto
A mano a mano che il drappello guidato da Barbariccia si avvicina, i
barattieri che affiorano con larco della schiena alla superficie della palude bollente e quelli che, disseminati lungo le sue
rive, stanno come rane sullorlo di un fossato, si tuffano in essa con rapidità fulminea. Uno di loro tuttavia non fa in tempo
a nascondersi. E Ciampolo di Navarra, che Graffiacane è riuscito a prendere con il suo uncino. Il barattiere, dopo avere
narrato di sé e dei suoi compagni di pena, promette di farne venire molti nel punto in cui si trova, purché i Malebranche si
tengano un po in disparte. Su consiglio di Alichino la sua proposta viene accettata, ma non appena i diavoli si volgono verso
uno degli argini della bolgia, Ciampolo spicca un salto e scompare sotto la pece. Alichino, dopo aver tentato vanamente di
raggiungerlo volando, è afferrato da un altro dei Malebranche, Calcabrina, il quale, adirato per lo smacco subìto, si azzuffa
con lui. I due diavoli finiscono per cadere nella pece bollente.
Mentre Barbariccia, addolorato, dà disposizioni al suoi
sottoposti perché si adoperino a salvare i loro compagni, Dante e Virgilio si avviano per lasciare la quinta bolgia.
Introduzione critica
La guardia ai cerchi dellalto e medio inferno è affidata a demoni, le cui figure sono
state ispirate a Dante dalla letteratura antica. Questi sono “personaggi infernali dellEneide, quali Caronte e Minosse, o
mostri come Cerbero, sia pure adattati a un gusto figurativo romanico che ha in Gerione il suo esempio più caratteristico, o
dei pagani trasformati appunto in demoni secondo la tradizione cristiana medioevale” (Cattaneo).
Il loro aspetto non è mai
privo di una certa maestà; essi appaiono in una luce di prestigio anche nel momento in cui la loro sconfitta di fronte alla
ragione (Virgilio) palesa la sostanziale debolezza che si cela dietro le loro apparenze crudeli. Dante ha veduto in essi,
protagonisti in terra di leggende cantate dai poeti, i cittadini di un universo di cultura oltre che le incarnazioni del male.
Tuttaltra natura hanno i custodi della quinta bolgia, di ispirazione schiettamente medievale. I loro antecedenti sono nella
tradizione iconografica della scultura, pittura e miniatura dei Duecento, nelle sacre rappresentazioni, in rozze leggende come
quelle che hanno fornito lo spunto ai tentativi letterari di Giacomino da Verona, Uguccione da Lodi, Bonvesin della Riva.
In
essi la natura umana non appare degradata, come nei guardiani dei cerchi superiori in qualcosa di ibrido e deforme, quanto
piuttosto colta in uno stadio di primitività – anteriore al momento della riflessione – anarchica e spensierata.
I custodi
dellalto e medio inferno sono tragici: tutto parla in essi di decadimento, dello smarrirsi di unoriginaria perfezione. Sotto
questo punto di vista le loro figure, benché proposte a Dante da poeti pagani, rispecchiano assai più da vicino una prospettiva
teologica, una meditazione cristiana sul problema del male. I diavoli della quinta bolgia sono invece comici, comico essendo il
contrasto fra la loro intelligenza, superficiale, istintiva, mobilissima, e la parte, superiore alle loro forze, che pretendono
di recitare di fronte ai due stranieri capitati nel loro dominio.
Le parole con le quali Virgilio manifesta la volontà
divina non li paralizzano nel dolore, non ríbadiscono in loro, nel ricordo di una condanna senza appello, la coscienza della
loro degradazione. Significativo, a questo riguardo, è un raffronto tra il modo di reagire, alle intimazioni del poeta latino,
di Pluto e quello di Malacoda; di questultimo Dante ci dice che solo lorgoglio gli “cade” mentre – e il parallelismo ha un
indubbio sapore comico – luncino gli “casca” ai piedi. La caduta di Pluto non è invece una caduta soltanto metaforica; essa
somiglia ad un annientamento totale, non consente alcuna distinzione tra realtà interiore e realtà esteriore (espresse
rispettivamente, nellepisodio di Malacoda, da orgoglio e da uncino); vano si è rivelato il suo ricorso a Satana, un accenno
indiretto (vuolsi nellalto … ), la luce di quella parola che in lui ha smarrito la capacità di significare, ne fanno un
vinto, un inerme.
Malacoda si adatta invece benissimo alla situazione davvero inconsueta che gli viene prospettata (XXI,
versi 83-84); per lui la volontà divina è un semplice dato di fatto; di esso bisogna tenere conto né più né meno che di altre
realtà che affiorano nel vivere quotidiano; ma sul suo significato non ha senso soffermarsi. Non potendo impedire lattuazione
dei decreti dei cielo, egli pensa di trarre profitto dalla presenza dei due pellegrini nel suo territorio ed inventa la
menzogna del ponte sulla sesta bolgia. Virgilio, la ragione, ingenuamente persuasa di poter risolvere nel proprio ambito tutto
il reale, ignora la dimensione della malizia gratuita e paga di sé, il male non riducibile, secondo linsegnamento degli
antichi, ad una semplice distorsione dellintelletto.
Eccolo dunque accettare la compagnia dei diavoli. Unintelligenza
rozza, incapace di soste meditative, ha trionfato della sua incommensurabile saggezza. Il segnale di Barbariccia suggella
umoristicamente la momentanea vittoria del primitivo sulla complessità di forme razionali e tradizioni di alta civiltà che
nella figura dellautore dellEneide trovano la loro trasfigurazione poetica.
Se il canto XXI si conclude con il trionfo dei
diavoli, questi, nel canto XXII, sono a loro volta vittime di una beffa escogitata ai loro danni da un peccatore.
Una
singolare forma di contrappasso, scanzonato e ridanciano (ma nella chiesa coi santi, ed in taverna co ghiottoni), appare alla
base dellintermezzo comico della quinta bolgia. Se infatti lintuito dei diavoli ha ragione, forse perché non la tiene in
nessun conto, dellautorevolezza di una logica scissa dalla realtà degli istinti, esso deve a sua volta dichiararsi sconfitto
di fronte alla logica, tutta travasata nel concreto, di chi, come Ciampolo, cerca di salvare la propria incolumità.
La
presentazione che questo dannato fa di sé, più che cinica, come è parso a taluni, è “semplicemente incosciente e primordiale.
Sembra che egli non abbia coscienza che della sua immediata, esistenza, dellessere in quanto essere puramente fisiologico e
animale. Dante segue con sguardo tra stupito ed ammirato il manifestarsi dellintelligenza in un carattere così diverso dal
suo.
Lepisodio di Ciampolo è la rappresentazione di tale intelligenza, che si afferma e dà i suoi frutti nelle condizioni
più svantaggiose” (Salinari).
Da un punto di vista lessicale il canto è, come il precedente, ricco di idiotismi e forme
proverbiali. Queste particolarità di stile non hanno soltanto la funzione di caratterizzare più da vicino i personaggi (come
donno e di piano, per mezzo dei quali ci è restituito nelle sue sfumature cariche di malizia lambito delle preoccupazioni che
tengono ancora desta e attiva la coscienza dei barattieri sardi), ma si estendono anche a quei punti nei quali Dante parla in
prima persona. Il linguaggio contribuisce in tal modo alla creazione di unatmosfera nella quale dannati e diavoli, e Dante con
loro, appaiono accomunati in un sentire che riscatta – sul piano dellarte – la propria elementarità plebea nella genuinità
delle proprie manifestazioni.
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