Riassunto
Il turbamento di Virgilio per la
menzogna di Malacoda ha fatto sbigottire Dante, ma egli riprende coraggio non appena il poeta latino, prima di iniziare la
salita lungo la frana che porta sulla sommità del settimo argine, si volge a lui con volto benigno. Lascesa è ardua:
nonostante i consigli e laiuto del maestro, Dante giunge stremato sul ponte della settima bolgia e occorre che Virgilio gli
ricordi che la fama si conquista soltanto vincendo gli ostacoli e trionfando delle difficoltà, perché riprenda il cammino.
Dallalto del ponte di roccia lo spettacolo che si mostra alla vista dei due pellegrini è strano e orrido: il fondo della
bolgia pullula di serpenti e di anime spaventate che fuggono senza speranza. Allimprovviso un dannato, trafitto al collo da un
serpente, brucia, si trasforma in cenere e dalla cenere risorge con le fattezze di prima. Interrogato da Virgilio, dice di
essere il pistoiese Vanni Fucci, di aver condotto una vita più consona ad una bestia che ad un uomo, di trovarsi nella settima
bolgia, fra i ladri, per un furto sacrilego compiuto nella sua città. Poi profetizza, perché Dante ne soffra, una sanguinosa
vittoria dellesercito dei Neri, guidato dal marchese Moroello Malaspina, su quello dei Bianchi di Pistoia e di altre
città.
Introduzione critica
Il canto XXIV è un chiaro esempio della varietà tonale e di moduli
compositivi che caratterizza la poesia di Dante, varietà che esprime la ricchezza di interessi del Poeta, la sua capacità di
animare di vita fantastica anche zone aride ed apparentemente insignificanti del reale. Esso inoltre, legandosi strettamente al
canto precedente – il quadro del villanello risponde al proposito di illustrare, attraverso un esempio tutto calato in
raffigurazione concreta, lo stato danimo che si era determinato in Dante alla fine dellepisodio degli ipocriti – e a quello
successivo – la blasfema autopresentazione di Vanni Fucci culmina nella prima terzina del canto XXV – testimonia dellimpegno
posto dal Poeta nel trattare la propria materia anzitutto come « racconto ». E noto che il Croce giudicava irrilevante, ai
fini dellaccertamento in sede critica della poesia di Dante, laspetto propriamente narrativo della Commedia, considerando
questultima come una raccolta di liriche a sé stanti, inserite in una struttura di comodo (il cosiddetto « romanzo teologico
»). Per illustrare questa distinzione tra parti poetiche e parti meramente strutturali nellorganismo del poema, il Croce aveva
fatto ricorso allimmagine della “fabbrica robusta e massiccia [le patti meramente strutturali, il romanzo teologico], sulla
quale una rigogliosa vegetazione [le singole liriche, relativamente autonome le une rispetto alle altre, e del tutto
indipendenti dalla struttura] si arrampichi e stenda e sorni di penduli rami e di festoni e di fiori “.
Per anni la critica
ha cercato di eludere o attenuare il rigore di questa tesi, la quale tra laltro, mentre invita ad una lettura dispersiva,
ingenuamente compiaciuta della propria infallibilità, aliena dal porre problemi, non consente di determinare quello che è il
punto di convergenza degli interessi morali e religiosi di Dante, la genesi della Commedia in un mondo di simboli e idee, la
straordinaria concretezza della sua parola conseguita attraverso la più dura astrazione. Recentemente il punto di vista
crociano è stato non più soltanto dichiarato insufficiente, ma da alcuni addirittura rifiutato nel suo insieme.
Nel suo
commento il Sapegno mette continuamente in luce i rapporti che legano lespressione poetica alle sue premesse culturali, mentre
il Sanguineti, in uno studio su Malebolge, rovescia limpostazione crociana, sostituendo ad una “lettura lirica” del testo di
Dante una sua interpretazione in chiave narrativa.
Il canto XXIV può essere diviso, ai fini di una maggiore chiarezza
espositiva, in quattro parti. Lesordio (versi 1-21), incentrato sulla disperazione del villanello, appare elaborato ma vivo,
prezioso e agile ad un tempo. Nel diminutivo con cui viene indicato, senza altre specificazioni – il suo stato danimo è
risolto in gesto: si batte lanca – il protagonista umano dellampia vicenda iniziale (versi 1- 15), si ripercuote intatta la
freschezza degli altri termini del quadro: lanno giovanetto, il sole chiomato che acquista forza nella costellazione dell
Acquario, la sorella bianca della quale la brina imita, come per un atto dì civetteria, le fattezze, la terra candida a perdita
docchio, che, con spontaneità felice, muta aspetto. A questa evocazione orientata in senso decorativo e nella quale tuttavia,
secondo quanto rileva lApollonio, la seduzione di unarte che percorre tutti i temi del gotico fiammeggiante e del barocco” sì
mostra già “vinta nellatto che [Dante] le predispone lincantesimo di una purificazione idillica”, segue – disadorna nel
rilievo assunto dalle determinazioni spaziali – la descrizione dei movimenti compiuti dai due poeti per passare dalla sesta
alla settima bolgia. Questa descrizione culmina in uno dei momenti più dichiaratamente pedagogici del poema: lesortazione di
Virgilio, che acquista serietà e vigore di risonanze dal proiettarsi in uno sfondo di implicazioni simboliche, di raccoglimento
Meditativo.
Il grande tema delle metamorfosi dei ladri, del quale in questo canto è svolto uno dei motivi fondamentali – il
motivo elegantemente commentato dalla similitudine della fenice: trasformazione della figura umana in cenere e riconversione
subitanea della cenere in figura umana (versi 82-120) – e che sarà ampiamente ripreso nel canto successivo, è stato
interpretato dalla critica romantica come un pezzo di eccezionale bravura, al quale tuttavia lo svolgimento analitico
impedirebbe di tradursi in poesia. Per il De Sanctis ad esempio esso rappresenta “il più grande sforzo dellimmaginazione
umana, quantunque la soverchia minutezza generi sazietà”. Questo giudizio è fatto proprio da un altro storico della letteratura
italiana, il Gaspary, il quale ritiene che nella descrizione dello spettacolo della settima bolgia leffetto non corrisponde
pienamente ai mezzi adoperati.
Il Croce attenua la severità di queste formulazioni; pur mantenendo la lettura del brano nei
termini indicati dalla critica ottocentesca («Non regna qui il senso del misterioso e prodigioso, né cè vero sbigottimento per
la terribilità di quei castighi divini. Linteresse è trasportato dalla cosa, che per sé commuove poco lanima del Poeta, al
modo di dirla»), egli addita nella “gioia della potenza artistica” il sentimento che in questa pagina troverebbe la propria
compiuta espressione.
In tempi più recenti è stato veduto, nel rigore analitico che caratterizza le metamorfosi dei ladri,
proprio ciò che la critica aveva da esse in precedenza escluso: la poesia dellorrore tragico e religioso (Momigliano e Maier),
un orrore che scaturisce non dal semplice dato intuitivo, ma dalla riflessione sulla sua contraddittorietà, una tragedia che
incombe sul sentimento dei Poeta dopo essersi lucidamente definita nel suo intelletto (Mattalia).
Il canto termina con l
episodio di Vanni Fucci (versi 121-151), nel quale lodio di parte si sublima in una visione metafisica del male.
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