Gioisci, Firenze, poiché sei così
famosa, che voli per mare e per terra, e il tuo nome si diffonde per linferno!
Tra i ladri incontrai cinque tuoi cittadini
di tale condizione che ne sento vergogna, e tu Firenze non ne sali in grande onore.
Ma se nelle prime ore del mattino si
sogna il vero (si credeva nel Medioevo che i sogni fatti allalba fossero annunciatori di verità), tu proverai tra breve quello
che Prato, per non dire di altri, ti augura.
E se ciò fosse già avvenuto, non sarebbe troppo presto: così fosse già
avvenuto, dal momento che deve pur accadere! perché sarò più duro da sopportare, quanto più invecchio.
Cincamminammo, e
Virgilio risalì per la scala formata dalle sporgenze rocciose che prima ci erano servite per scendere, e mi portò con lui;
e
mentre proseguivamo nella via solitaria, tra le pietre e i massi del ponte il piede non riusciva ad avanzare senza laiuto
delle mani.
Allora mi addolorai, e ora nuovamente mi addoloro allorché rivolgo il pensiero a ciò che vidi, e tengo a freno
il mio ingegno più di quello che non sia solito fare,
perché non vada troppo senza la guida della virtù, in modo che, se un
benefico influsso astrale o la grazia divina mi ha dato il dono dellingegno, io stesso non me lo tolga.
Quante lucciole il
contadino che si riposa sul colle, durante la stagione in cui il sole rimane più a lungo allorizzonte,
allorché alle mosche
succedono le zanzare, vede giù per la valle, dove gli sembra di scorgere le sue vigne e i suoi campi,
di altrettante fiamme
splendeva tutta lottava bolgia, così come fui in grado di vedere non appena giunsi al centro del ponte da dove era visibile il
fondo.
E come colui che si vendicò per mezzo degli orsi vide il carro di Elia nel momento in cui si staccò da terra, quando
i cavalli si impennarono verso il cielo,
tanto che non lo poteva seguire con gli occhi, in modo da non vedere altro che la
sola fiamma salire in alto, come una piccola nuvola.
Così nel fondo della bolgia si muove ogni fiamma, poiché nessuna fa
vedere quello che essa contiene, e ogni fiamma nasconde un dannato.
Stavo sul ponte diritto in piedi per guardare, così che
se non mi fossi afferrato a una sporgenza, sarei precipitato anche senza essere urtato.
E Virgilio, che mi vide così intento
a guardare, disse: ” Le anime stanno dentro i fuochi; ciascuna è avvolta dalla fiamma che la brucia “.
” Maestro “, risposi,
” per il fatto che lo sento dire da te sono più sicuro, ma già pensavo che fosse così, e già volevo domandarti:
chi cè
dentro a quella fiamma che avanza così divisa nella parte superiore, che sembra levarsi dal rogo dove Eteocle fu posto col
fratello? ”
Mi rispose: ” Dentro a quella fiamma sono tormentati Ulisse e Diomede, e così insieme subiscono la punizione di
Dio, come insieme si esposero alla sua ira;
e dentro alla loro fiamma si espia linsidia del cavallo che aprì la porta dalla
quale uscì Enea, il nobile progenitore dei Romani.
In essa si espia lastuzia a causa della quale, anche ora che è morta,
Deidamia continua a lamentarsi di Achille, e si soffre il castigo a causa del Palladio “.
” Se essi possono parlare da
dentro quelle fiamme” dissi “maestro, ti prego e torno a pregarti, e possa la mia preghiera valerne mille,
che tu non mi
impedisca di aspettare, fino a quando quella fiamma a due punte sia giunta qui: guarda come dal desiderio mi chino verso di
lei! ”
E Virgilio a me: ” La tua richiesta merita un grande elogio, e io perciò lapprovo: ma fa che la tua lingua si
trattenga dal parlare.
Lascia parlare me, poiché ho capito ciò che desideri: perché essi, essendo stati Greci, forse
eviterebbero di parlare con te “.
Dopo che la fiamma giunse nel punto in cui Virgilio ritenne opportuno, io lo udii parlare
in questo modo:
” O voi che vi trovate in due dentro una sola fiamma, se io ebbi qualche merito nei vostri riguardi, mentre
ero in vita, se io lebbi grande o piccolo
quando in terra scrissi i nobili versi, sostate: e uno di voi racconti dove, per
parte sua, smarritosi andò a morire. ”
La punta più alta dellantica (da secoli circonda i due dannati) fiamma cominciò a
scuotersi rumoreggiando proprio come quella che il vento agita;
poi, muovendo di qua e di là la punta, quasi fosse la lingua
che parlava, getto fuori la voce, e disse: “Quando
mi allontanai da Circe, che mi trattenne per oltre un anno là vicino a
Gaeta, prima che Enea la chiamasse così,
né la tenerezza per il figlio, né laffetto riverente per il vecchio padre, né il
dovuto amore che doveva rendere felice Penelope,
poterono vincere dentro di me lardente desiderio che ebbi di conoscere il
mondo, e i vizi e le virtù degli uomini:
ma mi spinsi per lo sconfinato alto mare solo con una nave, e con quella esigua
schiera dalla quale non ero stato abbandonato.
Vidi luna e laltra sponda fino alla Spagna, fino al Marocco, e alla
Sardegna, e alle altre isole bagnate tuttintorno da quel mare (il Mediterraneo ) .
Io e i miei compagni eravamo vecchi e
lenti nei nostri movimenti allorché giungemmo a quellangusto stretto dove Ercole fissò i suoi limiti,
affinché luomo non
si avventuri oltre (Ercole, secondo il mito, piantò le rupi di Calpe e di Abila, luna sulla sponda europea, laltra su quella
africana, perché, segnando i limiti del mondo esplorabile, nessuno osasse oltrepassarli ): lasciai alla mia destra Siviglia,
alla mia sinistra ormai Ceuta (Setta: è lantica Septa romana, sulla costa africana) mi aveva lasciato.
“O fratelli”, dissi,
“che avete raggiunto il confine occidentale (il mondo finiva, per gli antichi, allo stretto di Gibilterra) attraverso centomila
pericoli, a questo così breve tempo
che ci rimane da vivere, non vogliate negare la conoscenza, seguendo il corso del sole,
del mondo disabitato.
Riflettete sulla vostra natura: non foste creati per vivere come bruti, ma per seguire la virtù e il
sapere. ”
Con questo breve discorso resi i miei compagni così desiderosi di proseguire il viaggio, che a stento dopo sarei
riuscito a fermarli;
e rivolta verso Oriente la poppa della nostra nave, trasformammo i remi in ali per il viaggio
temerario, sempre avanzando verso sinistra ( verso sud, ovest).
Già la notte ci mostrava tutte le stelle dellemisfero
australe, e (ci mostrava) invece il nostro (emisfero) così basso. che non si alzava al di sopra della superficie del
mare.
Cinque volte si era accesa e altrettante spenta (erano passati cinque mesi) la luce che la luna mostra nella sua parte
inferiore, da quando avevamo iniziato il nostro difficile viaggio,
allorché ci apparve una montagna, scura a causa della
distanza, e mi sembrò tanto alta come non ne avevo mai veduta alcuna.
Noi gioimmo, e subito la nostra gioia si mutò in
disperazione: perché dalla terra da poco avvistata sorse un vento vorticoso, che investì la prua della nave.
Tre volte la
fece girare insieme con le acque circostanti: alla quarta fece levare la poppa in alto e sprofondare la prua, come volle
Dio,
finché il mare si richiuse sopra di noi “.
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